Abafi di Miklós Jósika (Autore), Antonino Branca (Traduttore)

Recensione di Alice Ortega

Storia di una recensione..

Il giorno in cui Sara mi ha affidato la recensione di questo romanzo ero un po’ preoccupata… me ne aveva passato da poco un altro, “si sarà confusa” ho pensato, anche se nel frattempo mi ero già innamorata di questa storia d’altri tempi. Invece no, era stata cosí carina da pensare a me perchè la traduzione di questo romanzo in effetti ha una storia particolare. 

L’autore della traduzione Antonino Branca, infatti, in una nota introduttiva spiega di essersi interessato al romanzo dopo aver letto la biografia di uno scenziato: Nikola Tesla, oggi celebre ma che in vita fu molto sfortunato. Nella sua autobiografia, il fisico slavo afferma di essere stato grandemente influenzato proprio dalla lettura di “Abafi”, il romanzo storico di cui stiamo parlando.

Incuriosito dal fatto che questo grande scienziato citasse come sua fonte di ispirazione un romanzo storico, e non un testo scientifico come ci si potrebbe aspettare, Branca ha acquistato il libro in inglese, non essendo disponibile in italiano: trovando la traduzione piuttosto deludente ma comunque affascinato dalla lettura, intraprese l’opera titanica di tradurre questo prezioso romanzo a partire dall’originale; pur non conoscendo, da quando si intuisce, la lingua ungherese, o almeno non conoscendola bene.

Non stento a credere che ci siano voluti anni, ma grazie a questo coraggioso collega possiamo leggere in italiano questo romanzo delizioso, da cui non dubito che il grande Tesla possa aver tratto una straordinaria ispirazione: anch’io nel mio piccolo ne sono stata molto colpita.

C’è da dire innanzi tutto che quest’opera è una pietra miliare della storia della letteratura ungherese: pubblicato nel 1836, è il primo romanzo storico scritto in lingua magiara ed è ambientato nel XVI secolo, durante il regno di Zsigmond Báthory; quindi sappiate che cercheró di farvi partecipi delle mie impressioni dal modesto punto di vista di una semplice lettrice, del tutto digiuna dell’argomento.

La storia è tutto sommato semplice: un giovane appartenente alla nobiltà locale, superficiale e dedito a una vita di puro divertimento, si trova un giorno per caso alle prese con un bambino sperduto che gli chiede aiuto per tornare a casa. Inizialmente infastidito dal fanciullo, nel sentirlo piangere comincia a sentire una certa inquietudine e invece di lasciarlo lì, come aveva pensato di fare inizialmente, decide di riaccompagnarlo a casa, dato che non sarebbe stato poi un così grande fastidio. L’accoglienza della madre, che ormai disperava di rivedere il figlio, è straordinaria e il giovane, inizialmente perplesso, comincia a riconoscere su di sé i segni della soddisfazione per aver salvato il ragazzino e quelli lasciati dalla gratitudine della madre.

In definitiva, comincia così il processo di redenzione di Abafi, che – pur senza una ragione precisa se non l’aspirazione al bene e l’elevazione spirituale – decide di dedicare la sua vita a diventare una persona migliore. La strada è costellata di ostacoli come l’egoismo e la cattiveria delle persone, ma anche di soddisfazioni e di persone rette che con il loro esempio influenzeranno positivamente il giovane Abafi, fino a permettergli di coronare un sogno d’amore nel modo più imprevedibile.

Il romanzo è molto particolare: nella forma sembra quasi un copione teatrale. All’inizio di ogni episodio, infatti, la scena e i personaggi che la popolano vengono descritti con una straordinaria cura dei particolari e con un tono che definirei affettuoso o addirittura amorevole, e al tempo presente: come se il narratore – vivo e vegeto – ci stesse accompagnando a visitare i luoghi dove qualche minuto dopo gli attori metteranno in scena la «pièce». 

È un romanzo che sebbene possa apparire a tratti un po’ ingenuo ci parla delle infinite possibilità di crescita e miglioramento dell’essere umano; in tutti i personaggi c’è un germe di bontà che puó essere coltivato e che cresce, spesso con l’aiuto del nostro protagonista: dal principe malvagio, al bandito… L’importante è la tenacia con cui si persegue il bene come il massimo delle aspirazioni per l’uomo: ma il bene vero, quello che viene dal profondo, e non quello superficiale, quello vuoto che non va oltre alle apparenze.

Non a caso mi è tornata alla memoria una celebre citazione dai tempi della scuola: 

«Fate ogni cosa per parere buoni, ché serve a infinite cose; ma perché le opinione false non durano, difficilmente vi riuscirà el parere lungamente buoni, se in verità non sarete; così mi ricordò già mio padre.» Francesco Guicciardini, Ricordi, C-44

Non mi resta che ringraziare l’Autore del romanzo ma soprattutto l’autore della traduzione, che ha fatto arrivare fino a noi questa storia di forza interiore e di gioia, questa lode della dirittura morale e della forza di volontà volte al bene e al miglioramento di sé stessi: una via che puó apparire faticosa e difficile – e a volte lo è davvero – ma che non puó che sfociare nel bene della comunità di cui facciamo parte. E di questi tempi ne abbiamo molto bisogno.

Trama. Sullo sfondo degli splendidi paesaggi della Transilvania del tardo sedicesimo secolo, in un alternarsi di realtà storica e fantasia si svolge, tra avventure, amori tormentati, battaglie, congiure e misteri, la catarsi morale di Olivér Abafi, giovane cavaliere di nobile famiglia. La determinazione, la gratitudine e il sacrificio sono le colonne portanti di quest’opera senza tempo, primo esempio di romanzo storico della letteratura ungherese. “Una volta mi imbattei in una novella intitolata Il Figlio Di Aba, una traduzione serba dell’opera di Josika, un famosissimo scrittore ungherese. Questo libro riuscì a risvegliare la mia forza di volontà nascosta e iniziai così a praticare l’autocontrollo.” – Nikola Tesla

  • Editore : Ali Ribelli Edizioni (21 dicembre 2020)
  • Lingua : Italiano
  • Copertina flessibile : 234 pagine
  • ISBN-10 : 8833467449
  • ISBN-13 : 978-8833467443
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2 Risposte a “Abafi di Miklós Jósika (Autore), Antonino Branca (Traduttore)”

  1. Ho letto questa recensione con reale emozione. Non sono abituato a ricevere complimenti e mi mettono in subbuglio. Ti ringrazio Alice (scusa la confidenza, ma sei sicuramente molto più giovane di me), soprattutto perché hai letto il romanzo con attenzione, cogliendone le particolari sfumature. Molto interessante il paragone con il copione teatrale. Personalmente avevo notato come l’autore, all’inizio di quasi tutti i capitoli, abbia esposto introduzioni quasi scenografiche di luoghi e persone, soffermandosi su meticolose descrizioni. Ma non si è limitato a descrizioni sterili, dimostrando, senza strafare, un’assoluta perizia nel sapersi addentrare tanto nello spirito dei luoghi quanto nelle pieghe psicologiche dei singoli personaggi. Ti ringrazio anche perché hai scritto le cose per come stanno a riguardo della traduzione, leggendo tra le righe della mia goffa introduzione. Mi hai chiamato “collega”, ma non lo sono (a proposito, complimenti per le tue numerose pubblicazioni da traduttrice; ne metto in lista qualcuna per le prossime letture…): io sono principalmente un accanito lettore; ma ti confesso che dentro il mio impolverato cassetto dei sogni c’è anche la scrittura creativa; può darsi che la pubblicazione di Abafi mi serva da stimolo per portare a termine qualcosa di mio (a cui sto già lavorando). Grazie ancora!

  2. Sono io ad essere commossa dalle parole di un collega – traduttore una volta, traduttore per sempre – che si è accostato alla traduzione per lo stesso motivo per cui l’ho fatto io, anche se forse per me è stato piú facile, essendo bilingue. Grazie per averci dato la possibilità di conoscere Abafi, un romanzo davvero straordinario. E mille auguri per il tuo futuro di scrittore, sono sicura che se ci metterai la stessa passione che hai messo nella traduzione non possa che venirne fuori qualcosa di molto interessante!

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