Alla scoperta del Duomo di Piacenza

Una nostra inviata speciale è andata per noi a visitare il Duomo di Piacenza! Ecco il suo dettagliato articolo!

A cura di Cinzia Cogni

Nel cuore di Piacenza c’è un antica Cattedrale ricca di storia e spesso,in inverno, nel silenzio della piazza in cui si erge, è avvolta dalla nebbia, il che la rende ancor più suggestiva.
Dedicata a Santa Maria Assunta, il Duomo di Piacenza fu costruito tra il 1122 e il 1133 sulle basi dell’antica cattedrale di Santa Giustina dell’ 855 . Pare che a distruggerla fu un terremoto nel 1117 , ma alcune fonti danno la colpa al materiale scadente con cui fu costruita.

Mia nonna materna abitava in una via interna proprio dietro al Duomo, per questo,nei miei ricordi d’infanzia è spesso presente; ogni volta che ci passavo davanti ne ammiravo la grandezza, la Cattedrale infatti, venne ampliata nel 1544 per volere del cardinale Grimani e rimaneggiata nel XIX secolo con l’aggiunta dei portici e la restaurazione della facciata del palazzo vescovile.

Durante le vacanze estive poi, accompagnavo spesso mia mamma al mercato in città, che ancora oggi, per due volte alla settimana, occupa Piazza Duomo , dove si erge una colonna in granito proveniente da Palazzo Farnese, che sorregge la statua bronzea dell’immacolata, collocata nel 1858.
Le bancarelle del mercato da sempre, arricchiscono e colorano questa piazza, senza togliere la visuale del Duomo, un tipico esempio di arte romanica, con la facciata a capanna in marmo rosa di Verona e in pietra arenaria piacentina, un grande rosone al centro e tre ingressi con doppi protiri, sorretti ai lati da figure di sostegno e al centro da leoni stilofori. Ah quante volte ho cavalcato quei leoni da bambina…ma quelli sul retro, meno conosciuti eppure così affascinanti!

A scuola, iniziando a studiare storia dell’arte, ho scoperto poi, alcuni particolari davvero notevoli: sull’architrave sono scolpite le Storie di Cristo, mentre l’archivolto reca in fascia i simboli dello zodiaco tra i più antichi in occidente, del XII sec. Nell’arco esterno del portale centrale, al centro, è collocata la mano di Dio, unica rappresentazione di Dio Padre in tutta la Cattedrale, con un’iscrizione latina ” IPSIUS SUNT TEMPORAL” ossia ” A Lui appartiene il tempo” … ecco svelato il motivo dei segni zodiacali a fianco, riletto in chiave cristiana, a voler rappresentare l’ “imago mundi” l’unione fra terra e cielo: sul quadrato della terra è posta la cupola del cielo.

Chiunque vi giunga davanti, da qualsiasi parte arrivi, istintivamente alzerà la testa per ammirare la Torre campanaria del 1333, sulla cui cima vi è posto un angelo in rame dorato, messo lì nel 1341, con in mano il segno della passione di Cristo, la croce.
Per i piacentini è “l’ Angil dal Dom”, l’angelo custode della città, chiamato così in memoria di una poesia di Faustini Valente, poeta dialettale piacentino, vissuto dal 1858 al 1922.
Un’ulteriore particolarità: montato su di un perno, l’angelo gira al soffiare del vento, per questo è considerato il più antico strumento metereologico ad uso dei cittadini.

“Papà ma cos’è quella gabbia attaccata alla torre, che pare sospesa nel vuoto?”
“Non lo sai? Fu messa lì per ordine di Ludovico il Moro come prigione per chi commetteva reati contro la Chiesa e lo Stato”…E’ così che scoprii la storia della gabbia di ferro collocata nel 1495 e mai più rimossa…in realtà non ci sono fonti certe che vi sia stato rinchiuso qualcuno, forse era solo un monito per la popolazione dell’epoca, ma fatto strano, nonostante sia in netto contrasto su un edificio religioso, è ancora lì, anzi, ormai è parte integrante della torre e quasi un simbolo per i piacentini.

La prima volta che entrai in Duomo (di cui ho un ricordo nitido), fu per assistere alla messa di Natale, lo stupore nel vederla così maestosa con quelle imponenti colonne un tempo affrescate ( di cui ora rimane solo un’immagine della Madonna ) non mi ha mai abbandonata e ogni volta provo la stessa emozione. Su ogni colonna vi è una formella del XII sec. che raffigura le varie confraternite di arti e mestieri che sovvenzionarono la costruzione della chiesa: i carradori, i calzolai, i mercanti di stoffe, i conciatori di pelle, i fornai, i ciabattini, i tintori, il pellegrino…
Quando si entra nella Cattedrale è normale vedere i visitatori col naso all’insù alla ricerca delle formelle dei Paratici, cercando anche di individuare il mestiere che rappresentano, è
una sorta di caccia al tesoro davvero suggestiva.

Attraversando la navata centrale in prossimità dell’Altare del Crocifisso, perfetto esempio di arte rinascimentale, opera di Ambrogio Monteverchi del 1504 ; è d’obbligo fermarsi ed alzare lo sguardo in alto e subito si viene avvolti da una sensazione di infinito nell’osservare le decorazioni della volta. Ad affrescare le volte del presbiterio che ospita il grande polittico ligneo del 1447, furono Camillo Procaccini e Ludovico Carracci, mentre alla decorazione della cupola lavorarono il Morazzone e il Guercino. Quest’ultimo ha lasciato proprio qui, il suo più vasto ciclo di affreschi, dedicati alle storie di Maria Assunta, cui la chiesa è intitolata.
Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino ( da guercio, probabilmente a causa del suo strabismo) vi lavorò tra il 1626 e il 1627, e oggi, è possibile ammirare quest’opera da vicino, percorrendo tutto il perimetro della Cupola. L’ascesa avviene attraverso percorsi medievali nello spessore di muratura, scale a chiocciola, sottotetti, consentendo al visitatore di vedere scorci mozzafiato della città.
E’ uno strano labirinto verticale, non immediatamente riconoscibile ma percepibile quando ci si avventura nei cunicoli medievali nascosti.

Nel 2015 viene inaugurato il riallestimento del Museo Kronos ( nella mitologia greca il più giovane dei giganti, rappresentato nella facciata laterale della cattedrale in una scultura che funge da meridiana) che debutta con un nuovo ingresso autonomo dal retro del duomo (il primo museo di arte sacra a Piacenza risale al 1930) e accompagna il visitatore in un viaggio virtuale nella storia quasi bimillenaria del complesso sacro, cuore della Chiesa piacentina.
Entrati nel museo, dopo le sale delle sculture, degli argenti e quella delle suppellettili si arriva alla mostra dei codici miniati. Della diocesi di Piacenza fa parte l’antica abbazia di Bobbio che nel Medioevo, con gli amanuensi impegnati nel suo scriptorium, fu una delle grandi “fucine” di trasmissione del sapere.
La mostra ovviamente prende le mosse da quel patrimonio e quella tradizione e permette di ammirare, tra gli altri, il celebre CODICE 65, detto LIBRO DEL MAESTRO, pezzo preziosissimo dell’Archivio della cattedrale risalente al XII secolo, che contiene testi di vari argomenti: un calendario liturgico con usi e costumi della popolazione legata ai cicli lunari e al lavoro nei campi, un Salterio (cioè il libro dei Salmi) e abbozzi di rappresentazioni sacre e notazioni musicali. Lo affiancano il Salterio di Angilberga, libro di preghiere di oltre mille anni fa, e numerosi altri codici provenienti, tra l’altro, dalla biblioteca Ambrosiana, dalla biblioteca Braidense e dall’Archivio di Stato di Parma. Il tutto accompagnato da schermi touch-screen e filmati multimediali che aiutano a comprendere ciò che si sta visitando.
Il nuovo percorso del Museo si sviluppa attraverso ambienti adiacenti alla cattedrale, tra le quali le sacrestie superiori, fino a oggi inaccessibili, e lentamente sale verso la cupola.

Altro rito della mia famiglia nel periodo Natalizio, era andare a vedere il bellissimo presepe nella Cripta della Cattedrale che tra l’altro vale proprio la pena visitare:del IX sec. a croce greca, con 108 colonne, conserva le reliquie di Santa Giustina, Patrona della prima Cattedrale di Piacenza.

Giunti alla fine di questo viaggio alla scoperta del Duomo di Piacenza, chiedo scusa se mi sono persa fra i ricordi d’infanzia, ma quanto ogni parte di questo edificio evoca momenti del mio passato, quando penso che anche i miei avi probabilmente si fermarono qui a pregare, capite quanto sia difficile rimanere oggettivi nel descriverla…tra l’altro ho tralasciato la spiegazione di alcuni particolari per non annoiarvi e per non dilungarmi troppo: la descrizione delle formelle dei mestieri ad esempio, i dettagli delle scene rappresentate sulle porte e la spiegazione nei minimi particolari della cupola del Guercino.
Può interessare? Potrebbe essere la seconda parte di questo articolo?
Che ci crediate o no, il Duomo di Piacenza riserva ancora alcune sorprese e per una piacentina doc. come me è solo un piacere poterle raccontare.

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