Almarina – Valeria Parrella

Esiste un’isola nel Mediterraneo dove i ragazzi non scendono mai a mare. Ormeggiata come un vascello, Nisida è un carcere sull’acqua, ed è lì che Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant’anni, vive sola, e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte. Il labirinto inestricabile della burocrazia, i lutti inaspettati, le notti insonni, rivelano l’altra loro possibilità: essere un punto di partenza. Nella speranza che un giorno, quando questi ragazzi avranno scontato la loro pena, ci siano nuove pagine da riempire, bianche «come il bucato steso alle terrazze». Questo romanzo limpido e intenso forse è una piccola storia d’amore, forse una grande lezione sulla possibilità di non fermarsi. Di espiare, dimenticare, ricominciare. «Vederli andare via è la cosa più difficile, perché: dove andranno. Sono ancora così piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui».

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi (2 aprile 2019)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 123 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino

Un libro molto breve che però permette diverse riflessioni. La trama è piuttosto semplice, una donna rimasta vedova improvvisamente, niente figli ma una pratica di adozione all’orizzonte. Un lavoro come insegnante presso l’istituto carcerario sulla piccola e stupenda isola di Nisida. Una vita come tante diremmo…

A scuotere la noia dei giorni arriva una nuova ragazza, Almarina, la sua storia è tremenda, struggente se ci pensiamo. Fuggita da un padre orco in Romania, su un camion con il fratellino, verso la salvezza. L’autrice racconta brevemente i fatti ma non calca la mano per non suscitare emozioni troppo forti nei lettori. Non descrive le situazioni tragiche in modo patetico e morboso ma in tono distaccato, senza però lasciare che il lettore passi oltre, lo incatena alle calamità. Lo fa in maniera sottile ma non si può fare a meno di leggere tra le sue parole lo strazio da guarire, la perdita da accettare. Punta tutto sulla protagonista la professoressa Elisabetta Maiorano che sta ancora affrontando il dolore della perdita del marito. Il lavoro al carcere diventa un rifugio, una bolla dove poter lasciare fuori, insieme agli oggetti personali, anche la vita.

Se è fatta, la realtà, di terrazzi irraggiungibili, poteri irraggiungibili come li raccontano; oppure siamo solo noi in uno di quei giorni rari, in cui vestiti bene, affrontiamo le scale che ci cambiano la vita.”

E’ un romanzo scritto in prima persona, può piacere o meno. I temi che affronta sono molti ma a mio avviso dipende da quale corda più andrà a toccare delle nostre. Certamente non si può che pensare a ragazzi sfortunati, a quale futuro possano avere una volta usciti da Nisida. Se potranno scrivere nuove pagine di vita, se la potranno vivere questa vita oppure se saranno costretti a soccombere.

E’ un romanzo di speranza, di buoni sentimenti, una sorta di crescita personale attraverso i pensieri di Elisabetta Maiorano.

Please follow and like us:
error0
fb-share-icon20
Tweet 20
fb-share-icon20

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.