«Aquelarre»

a cura di Alice Croce Ortega

Una cosa che mi appassiona è l’origine e la storia delle parole: quindi, visto che si avvicina Halloween e chissà quante streghe e streghette stanno organizzando i loro raduni più o meno terrificanti, volevo raccontarvi che in spagnolo curiosamente esiste una parola nata nei Paesi Baschi che definisce queste riunioni; e poi, parlarvi di un celeberrimo quadro in cui ne vediamo una!

«Aquelarre» è un termine spagnolo generico che definisce un gruppo o un raduno di streghe e stregoni per l’esecuzione di rituali e incantesimi, come credenza religiosa precristiana o neopagana; ma anche negli scritti cristiani compare come atto di invocazione e culto di Lucifero. Questo termine trae origine dalla parola basca «akelarre» che significa “campo o terreno coltivato” o forse (dal basco aker = “capra” e larre = “prato”) “prato del capro” (poiché si riteneva che il Diavolo fosse presente tra le streghe sotto questa forma); ovvero il luogo dove le streghe («sorginak» in lingua basca) tengono i loro incontri e rituali. È comunque ormai assimilato dalla lingua spagnola. 

Sebbene migliaia di persone siano state giustiziate per aver partecipato a questi incontri, solo gli atti d’accusa sono pervenuti a noi; nessuna prova ci è giunta che questi incontri abbiano effettivamente avuto luogo. Tuttavia, e ammettendo come vera la teoria che insiste sulla veridicità di questo tipo di cerimonie, il suo periodo di massimo splendore sembra aver avuto luogo dalla fine del Medioevo fino al XVIII secolo.

Nella «Wicca» , la moderna religione neopagana fondata piú di 60 anni fa da Gerald Gardner, si usa un’altra parola al posto di «Aquelarre»: per i Wiccan, c’è più potere e protezione in «COVEN», una parola magica rivelata nel XIX secolo alle alte sacerdotesse che si riuniscono per adorare la Dea Madre (a volte concettualizzata come Diana o la luna) e il dio cornuto. Pregano, ballano, leggono i tarocchi o le rune delle streghe e celebrano la terra sacra. Fu grazie ad antichi manoscritti e grimori che la «Wicca» di Gardner recuperò le parole dimenticate e protette delle streghe del XVIII e XIX secolo: tra questi il ​​potente «COVEN» e altri simboli. I Wiccan in effetti non credono nell’esistenza del diavolo (da qui la necessità di allontanarsi dal termine «aquelarre»): il dio cornuto non è una rappresentazione del diavolo cristiano, è semplicemente una rappresentazione degli elementali maschili, gli dei solari o il concetto di “passione, frenesia e dissolutezza della carne”. Nella «Wicca» infatti si interagisce con le energie della natura e degli esseri che abbondano in essa, come creature protettrici di foreste, fiumi o montagne, che possono essere benefiche o malvage a seconda del modo in cui si interagisce con esse.

L’origine del termine «Sabbat», un altro termine famoso per descrivere un raduno di streghe, è invece tristemente legata al vecchio pregiudizio antiebraico. Poiché la religione ebraica santifica il sabato come giorno di riposo obbligatorio, alcuni governanti cristiani del Medioevo cercarono di collegare il riposo prescritto dalla religione ebraica con l’attività satanica e di stregoneria, associando peggiorativamente l’ebraismo con pratiche demoniache e accusando gli ebrei di essere adoratori del diavolo. Per questo si diceva che il «Sabbat» si celebrava nella notte dal venerdì al sabato, in linea con il principio del sabato ebraico che inizia con l’apparizione della prima stella nel cielo serale del venerdì. 

Antropologicamente, gli «aquelarre» o «coven» o sabba derivavano da riti pagani (vedi Baccanti, Neodruidismo e culto celtico) che venivano celebrati clandestinamente in quanto già all’epoca non ammessi dalle autorità religiose. Il divieto di queste pratiche magiche è già nelle Leggi delle XII Tavole (Tabula VIII), ai tempi di Roma repubblicana, nel 450 a.C.; secoli dopo, nel 81 a.C., venne promulgata da Lucio Cornelio Silla la «Lex Cornelia de Sicariis et Veneficiis» (letteralmente “legge sui pugnalatori e avvelenatori”), che insiste su tale divieto.

Comunque vogliamo definirli, che siano avvenuti veramente o che siano solo leggende ideate dagli inquisitori, quel che è certo è che questi rituali hanno sempre affascinato chi si interessa di cultura popolare e di spiritualità, nonché ispirato interessantissime opere d’arte, tra cui una che si intitola proprio “El Aquelarre”, un dipinto di Francisco de Goya y Lucientes.

Questa tela fu commissionata nel 1797 dai Duchi di Osuna per la loro casa di campagna. Successivamente entrò in possesso del Duca di Tovar e, dopo il 1928, di José Lázaro Galdiano; attualmente si trova nel museo omonimo di Madrid.

Al centro della scena, che si svolge alla luce della luna, si tiene un rituale di stregoneria. Il diavolo, in forma di capro e con una corona foglie di vite che alludono all’iconografia di Bacco, presiede un circolo di streghe. Davanti a lui, una donna gli offre un neonato mentre un’anziana tiene in braccio un bambino scheletrico. Di spalle al capro, un’altra donna tiene sulla spalla un bastone da cui pendono feti umani. Sullo sfondo, seppur illuminato da un alone di luce, si intravede un gruppo di figure femminili ricoperte da bianche vesti, sulle cui teste volano i pipistrelli.

È probabile che Goya sia stato ispirato dalla lettura del testo di Leandro Fernández de Moratín del 1812 sull’ «Auto de Fe de Logroño» (1610): opera in cui si narra come due donne avessero avvelenato i loro figli per soddisfare la richiesta del diavolo. Inoltre, il dipinto di Goya riflette la credenza popolare del tempo, secondo la quale le streghe erano accusate di succhiare il sangue di bambini: i quali erano talmente indeboliti che la loro salute ne risultava irrimediabilmente compromessa.

Una curiosità che lega questo dipinto all’Italia: la figura femminile distesa di spalle allo spettatore in primo piano, che nasconde sotto il mantello un bambino di cui si vedono solo le gambe, ha molto a che fare con il disegno riportato a pagina 6r del Quaderno Italiano (1771 -1793, Museo Nacional del Prado, Madrid). Quest’ultimo è un esercizio di panneggio di carattere completamente coperto che, allo stesso tempo, manifesta l’influenza di Salvator Rosa (Napoli, 1615-Roma, 1673). Le opere di questo pittore, che affronta spesso anche i temi della magia e del soprannaturale, potrebbero essere state conosciute da Goya durante il suo soggiorno in Italia (1769-1771).

Da: 

Wikipedia.it

fundaciongoyaenaragon.es/obra/el-aquelarre/526

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