ARTE E SIMBOLISMO DEL DUOMO DI PIACENZA

a cura di Cinzia Cogni

 

Nella prima parte del mio articolo “alla scoperta del Duomo di Piacenza” ho tralasciato diversi particolari rilevanti per non dilungarmi troppo e non rendere la lettura noiosa, ma sono convinta che meritano di essere spiegati, non solo dal punto di vista artistico ma anche per il loro simbolismo nascosto.
Ecco perché l’esigenza di creare una seconda parte, sperando di fare cosa gradita.

Ricordate come si presenta la facciata?
Tre ingressi con doppi protiri, sorrette ai lati da figure di sostegno ( telamoni) e al centro da leoni stilofori.
Dovete sapere che il PORTALE di SINISTRA è detto Porta del Paradiso in quanto è da qui che i morti uscivano dalla chiesa per essere portati verso il vicino cimitero.
L’archivolto scolpito rappresenta l’itinerario verso il Paradiso, che inizia dall’arco interno dove sono rappresentati esseri mostruosi che lottano nella selva (la Terra) per arrivare, attraverso modanature variamente scolpite, fino all’ultimo arco decorato di rosette che si trova sulla parte esterna del protiro (il Cielo) ed all’Agnello trionfante posto in chiave d’arco.
Ai lati dell’Agnello sono inseriti i rilievi dell’Annunciazione, rifacimento ottocentesco di sculture probabilmente presenti in origine.
L’iconografia delle sculture del portale rimanda al cammino verso la redenzione.
Ai lati dell’architrave due coppie di figure rappresentano l’umanità timorosa in preda al peccato: a sinistra un uomo ed una donna svestiti che si contorcono e si tirano i capelli rappresentano l’umanità che vive al di fuori della fede;
a destra una coppia vestita che rappresenta l’umanità peccatrice pur all’interno del sacramento del Battesimo.
L’architrave è decorata di una serie di scene tratte dalla vita di Cristo. Le scene sono separate da archetti su colonne; sopra i pennacchi piccole cupolette richiamano i profilo della Gerusalemme Celeste.
Da sinistra, si comincia con l’Annunciazione, segue la Visitazione ed infine la Natività; qui Maria è distesa su un letto mentre Giuseppe la osserva dubbioso. La scena è rischiarata da una lampada appesa al soffitto. Il letto si sovrappone alla colonna per legare questa scena a quella seguente… dove il bue e l’asino riscaldano Gesù nella mangiatoia. Al di sopra la stella.
La mano che appare nel cielo al di sopra di un edificio cilindrico a più ordini di finestre ricorda la mano di Dio.
Al di sotto dell’architrave si trovano le figure della Pazienza e dell’Umiltà, le virtù dell’umanità in attesa della redenzione.
A sorreggere l’architrave, a destra un atlante rappresenta la religione pagana umiliata a portare il peso della Redenzione.
Anche i talamoni hanno un significato:
quello di sinistra, seduto su un leone a tre teste (Cerbero), rappresenta la morte eterna del peccatore, cioè l’Inferno.
Quello di destra è seduto su un capitello fogliato da cui spunta un serpente che lo trattiene per la veste: rappresenta il Purgatorio ove le anime dei peccatori sono trattenute nelle sofferenze in attesa dell’espiazione delle colpe che non è avvenuta durante la vita terrena.
Le scene evangeliche (Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio ai Pastori, Adorazione dei Magi) sono attribuite per lo più a Wiligelmo e collocate all’inizio della prima campagna di lavori (1122).

Spostandoci davanti al PORTALE di DESTRA notiamo che ha la stessa struttura di quello di sinistra. Sulla parte esterna del protiro si possono osservare dei rilievi raffiguranti due profeti, annunciatori della missione di Cristo; e
l’architrave è delimitata da sculture che ricordano il Peccato.
A sinistra Caino si appresta a colpire Abele con una mazza; a destra due personaggi vestiti si allontanano con espressioni colpevoli (Adamo ed Eva?).
Sull’architrave continua la raffigurazione della vicenda terrena di Cristo, con gli stessi archetti a separare le scene.
Da sinistra la Presentazione al Tempio e la Fuga in Egitto, poi il Battesimo nel Giordano (si noti il gustoso dettaglio della colomba che perfora l’arco per “entrare” nella scena), infine la sequenza termina con le tre Tentazioni di Cristo.
Le virtù fanno da contraltare alle scene raffigurate ai lati dell’architrave; la scena di Caino ed Abele (simboleggiante l’Ira) viene raffigurata la Pazienza; sotto i Progenitori (che possono richiamare l’Orgoglio) viene raffigurata l’Umiltà.
Anche qui due telamoni sorreggono le colonne del protiro:
quello di sinistra è seduto sull’Aquila, simbolo di S. Giovanni, e rappresenta la Teologia; quello di destra, seduto con le gambe incrociate nella posizione dei saggi, rappresenta la Filosofia. Entrambi rappresentano il buon cristiano, che vive in equilibrio tra l’esempio di Cristo e la lezione delle virtù teologali e cardinali.

Al termine della facciata si apre una galleria di 32 colonnine, aggiunte agli inizi del ‘500. Sulla sommità svetta una croce in marmo bianco che ricorda il Giubileo del 1900.

Ricordo di aver già accennato nel precedente articolo, che
nell ‘arco esterno del PORTALE CENTRALE, proprio al centro è collocata la mano di Dio, unica rappresentazione di Dio Padre nella Cattedrale, con l’iscrizione “Ipsius sunt tempora!” (“A lui appartiene il tempo”). Il Padre guida il cammino della storia rappresentata nel suo ciclo annuale dai segni dello zodiaco a partire dall’equinozio di primavera con l’Ariete, quando secondo l’astrologia medievale Dio creò il mondo. Grazie a Cristo il Chrònos (il tempo che divora l’esistenza) è divenuto Kaìros (il momento favorevole), il tempo della salvezza come dice San Paolo. Sono rappresentati i segni dello zodiaco – riletti in chiave cristiana – perchè la Cattedrale è “imago mundi” in quanto unisce la terra e il cielo: sul quadrato della terra è posta la cupola del cielo.
Il ciclo dello zodiaco è stato riferito a Niccolò (cui è per lo più ascritto), a scultori wiligelmici e alla Scuola di Piacenza.

A questo punto entriamo nel Duomo, perché all’interno,cio’ che più incuriosisce, sono le FORMELLE dei PARATICI collocate sulle colonne e che attestano il contributo dato dalle Corporazioni piacentine di Arti e Mestieri all’erezione delle stesse.
I sette rilievi sono stati ricondotti all’officina di Niccolò e ai primi decenni del XII secolo. Sul primo pilastro di sinistra, nella formella dei CARRADORI, un uomo lavora alla ruota di un carro, sul secondo la formella dei CALZOLAI ritrae un artigiano che confeziona una scarpa. Il rilievo dei MERCANTI di STOFFA, sulla prima colonna a destra, mostra due donne che tagliano un tessuto, quello dei CONCIATORI di PELLE sulla colonna seguente un telaio con pelle stesa a essiccare. Sulla colonna del transetto sud, nel rilievo dei FORNAI, vi sono tre donne col pane da cuocere. Nel transetto nord spiccano la formella dei CIABATTINI, dediti a manufatti umili rispetto ai calzolai, e quella dei TINTORI con la figura di VGO TINCTOR. Due formelle isolate su un pilastro del transetto sud raffigurano un uomo e una donna seduti e Il PELLEGRINO gerosolimitano. Profeti, il Cristo Pantocrator, la Madonna col Bambino e Sante sono scolpiti nelle chiavi di volta della navata centrale.

Ultima tappa, ma non di importanza, la visita alla CUPOLA del GUERCINO, per vedere gli splendidi affreschi a cui contribuì generosamente il vescovo Giovanni Linati (1620-1627). Le figure di Davide e Isaia sono di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, che chiamato a dipingere i Profeti nel 1625, morì ultimati i primi due spicchi. Nel 1626 gli subentrò il Guercino, che completò entro l’anno gli altri sei scomparti dei profeti (Aggeo, Osea, Zaccaria, Ezechiele, Michea, Geremia), nel 1627 le lunette in cui si alternano episodi dell’infanzia di Gesù a otto affascinanti Sibille e il fregio del tamburo, per la parte a grisaille di aiuti. Tra 1688 e 1689, il bolognese Marcantonio Franceschini affrescò i pennacchi e gli spazi preludenti alla galleria: rimane il Sogno di San Giuseppe esposto nel transetto destro.

La cupola della Cattedrale di Piacenza presenta un ciclo pittorico molto ricco e complesso, impossibile spiegare tutto, quindi cercherò di essere concisa, ma senza tralasciare i particolari più importanti.

Profeta Ezechiele:
Sostiene una tavola col suo nome in ebraico ed è il solo profeta con lo sguardo rivolto a chi osserva, scortato da un angioletto distratto a mezzo busto il cui cartiglio recita “PORTA HAEC CLAVSA ERIT” (Ezechiele 44,2 – “Questa porta resterà chiusa”), allusione alla verginità della Madonna.
Profeta Michea : si notano subito i due angioletti sottostanti che svolgono il cartiglio “EX TE EGREDIET[VR] Q[VI] SIT D[OMI]NATOR IN ISR[AEL]” (Michea 5,2 – “Da te uscirà colui che sarà dominatore in Israele”), richiamo alle origini del Salvatore che accomuna Betlemme e Maria.
Profeta Geremia:
l’unico a esibire personalmente trattenendone un lembo il cartiglio premonitore “FOEMINA CIRCV[N]DABIT VIR[VM]” (Geremia 31,22 – “La donna circonderà l’uomo”), rinvio alla Vergine che avvolse nel corpo Cristo.
Profeta Aggeo:
Un messaggero a figura intera, posto di scorcio in basso e svincolato dalla composizione, mostra un tomo su cui si legge “IMPLEBO DOMVM ISTA[M] GLORIA” (Aggeo 2,8 – “Io riempirò questa casa di gloria”), riferimento al corpo di Maria, “tempio” della presenza divina.
Profeta Osea:
La figura scultorea di Osea è affrescata di tre quarti, magistralmente panneggiata, in atto di leggere la pergamena dispiegata da un angelo. In basso due messaggeri celesti recano una lastra con la scritta “SPO[N]SABO TE MIHI IN SE[M]PITERNV[M]” (Osea 2,19 – “Ti farò mia sposa in eterno”), in primis riguardante Israele sposa del Signore, ma applicabile a Maria con significato analogo.
Profeta Zaccaria : E’accompagnato da due angioletti che confabulano esibendo un cartiglio con l’oracolo “HABITABO IN MEDIO TVI AIT D[OMI]NVS” (Zaccaria 2,10 – “Abiterò in mezzo a te, dice il Signore”), richiamo a Gerusalemme che ricevette la presenza del Signore come Maria.

Scene della vita di Cristo del Guercino:
Riposo durante la fuga in Egitto
Annuncio ai Pastori
Adorazione dei Pastori
Presentazione al Tempio una lunetta che ispirò repliche locali, per la quale uno schizzo autografo piuttosto fedele si trova a New York, è quella della Presentazione al tempio. Il sommo sacerdote Simeone giganteggia al centro, seduto col Bambino tra le braccia e sfarzosamente vestito, affiancato dalla Madonna genuflessa; ai lati, in un piano arretrato, osservano San Giuseppe e l’anziana Anna, recante due colombe simbolo di sacrificio.

Le SIBILLE del Guercino
Le figure muliebri, prive di attributi identificativi se non rotoli e libri evocanti i loro responsi, furono in parte danneggiate a inizio Novecento, durante i lavori promossi da Scalabrini, col ripristino delle monofore centrali. Erano state sostituite all’epoca degli affreschi con altre rettangolari sormontate da cartigli in stucco alternamente occupati da scritte bibliche e stemma del vescovo Linati.
Delle affascinanti profetesse sotto lo spicchio di Ezechiele la prima, inturbantata, indica un punto alla compagna presentata in atto di scrivere, a capo velato e con sontuosa veste damascata a fondo oro.

Il Guercino ha realizzato nell’anno conclusivo della decorazione quattro coppie di Sibille superbamente abbigliate che siedono ai lati delle finestre in altrettante lunette. Fungono da esplicito supporto iconografico alle rivelazioni profetiche soprastanti.
L’unica sacerdotessa presentata di fronte è sotto lo spicchio del profeta Isaia a sinistra: una vera bellezza con il perfetto ovale del volto incorniciato da riccioli chiari inghirlandati, il busto fasciato da un corsetto verde a rombi dorati, la veste azzurra percorsa da lumeggiature in oro. Reca una mano al petto e con l’altra stringe un plico, senza prestare attenzione alla giovane compagna che guarda in alto e poggia le mani su un libro chiuso, raffigurata con i capelli castani sciolti e legati da un nastro.

Scommetto che non immaginavate ci fosse tanta arte e simboli nascosti nel Duomo di Piacenza… a questo punto se vi ho incuriosito e passate da queste parti, fermatevi per una visita e se proprio vi delude, sostate a mangiare in un locale tipico piacentino, davanti a un piatto di tortelli con la coda e un buon gutturnio, vi consolerete subito!!!

 

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