Bastarde di Francia. L’angelo e la vergine – Alessandra Giovanile e Virna Mejetta

A ognuna di noi è data la scelta tra lasciarsi trasportare dalla corrente e opporre resistenza rischiando di essere distrutta. Parigi, 1631. Cécile de La Baume, liberata dalla terribile prigionia che l’ha vista reclusa in un forte per oltre tre anni, cerca di ricostruire il suo animo afflitto. Ma il ritorno a casa non pone fine ai suoi tormenti: infatti il re, suo tutore dopo la morte del padre, accusa lei e il genitore di tradimento per il loro ingente patrimonio dall’origine ignota. Un amore che potrebbe restituirle serenità non è abbastanza forte per affrontare i chiaroscuri della vita; la mente di Cécile è rivolta a un altro solitario obiettivo: la vendetta contro colui che ha organizzato la sua prigionia. Dall’altra parte delle Alpi, Madeleine Pidoux è giunta a Torino per diventare la favorita del duca Vittorio Amedeo I con l’idea di restare fedele a sé stessa e all’amore che ha lasciato in Francia. Tuttavia, Vittorio Amedeo non sembra l’uomo che l’aveva aggredita due anni prima: è intenzionato a conquistarla. Gli ostacoli in Savoia provengono dalla duchessa Cristina, che mette la giovane in cattiva luce davanti alla corte per timore di perdere il potere a cui tiene più che a suo marito. Cécile è ritenuta un angelo dalle ali infangate, Madeleine la vergine da immolare a un potente, ma non sempre quel che appare è specchio della verità. Tra segreti e bugie, amori appassionati e impossibili, insospettabili spie, maestri del doppio gioco e veleni mortali, un feuilleton di grandissimo fascino e intensità, tra i fasti impareggiabili della corte di Francia e l’austera regalità dei principi torinesi.

  • Editore ‏ : ‎ Piemme (21 marzo 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 788 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

Secondo appuntamento con Bastarde di Francia, il mondo parallelo a quello raccontato da Alexandre Dumas nato dalle inesauribili penne di Alessandra Giovanile e Virna Mejetta. E dico inesauribili non a caso, poichè anche in questo secondo volume abbiamo macinato una mole di parole notevole, e direi insolita nei romanzi nostrani. Ma a tutto c’è una spiegazione. Andiamo però con ordine. 

Siamo nella Francia del XVII secolo, quella dell’ambiguo Louis XIII e del Cardinale Richelieu che immagino (spero!) non abbia bisogno di presentazioni, un periodo storico della nostra vecchia Europa in cui trovare un qualcosa che non è stato intrigo e macchinazione è impresa abbastanza ardua. Ma dove eravamo rimasti? Abbiamo lasciato Madeleine, la figlia del celebre cardinale, che si imbarca a Marsiglia alla volta dell’Italia in compagnia dello squallido Roero che la ragion di stato le ha affiancato in qualità di marito di facciata, con il cuoricino spezzato perché ha dovuto lasciarsi indietro il suo Olivier Hauteville, e il terrore di dover sottostare ai voleri di Vittorio Amedeo di Savoia. La contessa Cecile de la Baume, invece, è imprigionata ingiustamente dopo essere stata privata di ogni suo bene, neanche a dirlo a causa di intrighi di potere manovrati dal cardinale Richelieu

“…il secondo uomo più potente di Francia e la prima serpe”.

Ma è stata individuata dai moschettieri che si apprestano ad assaltare il forte dove è rinchiusa per trarla in salvo. Dirò subito che in questo secondo volume Cecile è molto più presente, è la coprotagonista insieme a Madeleine della storia, con la quale divide la scena e i capitoli, mentre nel volume precedente si limitava a qualche comparsata e a fare “ciao” con la mano di tanto in tanto. Ed è anche un personaggio molto complesso. Tutti pensano che sia morta, lei stessa ormai si considera spacciata, e all’improvviso ecco i moschettieri fare irruzione nel forte e riportarla nel mondo che l’ha dimenticata.

“La contessa de La Baume si ritrovava davanti a loro, vestita di stracci, sporca e consunta. Un fantasma con lo sguardo di un animale braccato. Nessuno osava avvicinarla, nessuno osava confrontarsi con il suo dramma”.

Ma lungi dall’essere una giovane ormai traumatizzata e arresa alla vita, durante la narrazione si trasforma in donna forte, volitiva, e soprattutto inizia a pianificare la sua personale vendetta contro coloro che hanno ucciso suo padre e l’hanno imprigionata per sottrarle tutto, compresa la dignità alla quale si aggrappa con tutte le forze per portare a termine questo compito. Stupendo peraltro tutti coloro con i quali viene a contatto, che notano subito che Cecile non è come tutte le altre giovinette:

“Era viziata, testarda, per niente docile. Le ragazze venivano educate all’obbedienza, ma coloro che avevano cresciuto Cecile dovevano essersi prefissati altri scopi”.

Solo Bayeux, il moschettiere viveur che in questa sede diviene uno dei personaggi principali del filone narrativo dedicato a Cecile e a tutto ciò che accade in Francia, sembra riuscire a comprenderla, e non solo perché come c’era da aspettarsi intrattiene con la giovane contessa una liaison rigorosamente segreta. Riuscirà l’ormai rinnovata contessa de La Baume a punire chi le ha fatto del male così da trovare un po’ di pace? Teniamo conto però che la vendetta è un pasto ipocalorico e non sazia mai del tutto.

L’altro filone narrativo è quello che vede muoversi Madeleine nella nostrana corte sabauda per ricoprire lo scomodo seppur prestigioso ruolo di favorita di Vittorio Amedeo, duca di Savoia.

“Due anni prima non sapevo neppure chi fosse il duca di Savoia, due anni prima avevo creduto di essere una privilegiata”.

E invece la nostra Madeleine non solo viene relegata al ruolo di concubina, bistrattata dalla duchessa Cristina, sorella di Louis XIII, che oltre a odiarla poiché potrebbe dare al ducato l’agognato erede che lei non è riuscita a procreare, viene coinvolta persino nelle manovre di spionaggio tra la Francia e la Savoia. Insomma, la tensione è alle stelle, ma la ragazza è stata ben istruita dal padre:

“Non sprecate la forza con chi è più forte di voi, usate il cervello. Non cedete alle passioni, all’imprudenza, all’ira, all’orgoglio”.

Tutto molto sensato, sì, ma Madeleine, nonostante la vicinanza di Alessandro Scaglia, conte di Verrua, che la guida sapientemente nella selva di rapporti internazionali, intrighi e giochi di spionaggio, è pur sempre una giovane donna presa dal suo mondo e catapultata in un altro che le è anche piuttosto ostile, quindi è plausibile che a un certo punto i modi gentili di Vittorio Amedeo e la sua totale dedizione inizino ad avere qualche effetto su di lei:

“L’amore per Olivier era di colpo diventato più doloroso che confortante e la tentazione di abbandonarsi a qualcosa di facile aveva vinto”.

Insomma, il povero Hauteville, che tanto si era compromesso in Francia per lei, in questa sede non solo inizia a cambiare forma nella mente di Madeleine, ma è anche un po’ bistrattato dalle autrici che non lo fanno certo scomparire dalla narrazione ma ce lo presentano più simile a un triste spettro che ogni tanto fa un’apparizione, scuote le catene, si lamenta un pochino, e poi se ne ritorna nella sua tomba, invece che nelle vesti gagliarde che aveva indossato nel primo volume. Ma è giusto così, dopotutto chi non c’è non serve, e Olivier è in Francia e a Madeleine non è di alcuna utilità.

Ho accennato al personaggio di Scaglia che durante la lettura mi ha incuriosita molto, tanto che sono andata a documentarmi in merito poiché convintissima che si trattasse di qualcuno di reale. E ho avuto ragione. L’abate Cesare Alessandro Scaglia di Verrua è uno dei protagonisti della storia diplomatica del primo Seicento, un uomo avviato alla carriera ecclesiastica ma dalla vocazione diplomatica. Nel 1624 è ambasciatore a Parigi, nel 1626 risulta a Londra, nel 1627 è a Bruxelles e poi all’Aia, Utrecht e Delft…e poi approda in Spagna, dove viene particolarmente apprezzato. Insomma, è uno che si muove rapidissimo sullo scacchiere europeo e la sua presenza è segnalata nelle principali corti, un vero e proprio agente segreto che come vediamo tra le pagine de L’angelo e la Vergine, sarà fondamentale per il destino di Madeleine, la quale riporrà sempre fiducia in lui, ignara della sua vera natura:

“Il ruolo che Scaglia aveva scelto di recitare era l’aspetto meno minaccioso del suo sfaccettato carattere: un abate con qualche saltuaria licenza negli affari del mondo. Non il politico spregiudicato e neppure l’uomo che, all’occorrenza, usava il pugnale senza il minimo rimorso di coscienza”.

E siamo certi che il nostro Scaglia sarà presente anche in un futuro appuntamento con Madeleine e Cecile, poiché vi anticipo che le vicende delle nostre eroine non si concludono affatto in questa sede, ma anzi si complicano ulteriormente promettendoci altre avventure in altri luoghi, e altri intrighi ovviamente.

Ho accennato riguardo alla mole di parole che sono state macinate per raccontare queste storie, e non l’ho fatto a caso, poiché le autrici hanno ricreato ai giorni nostri un particolare genere di romanzo che nell’Ottocento faceva furore, ovvero il feuilleton o romanzo d’appendice Si trattava di un romanzo che usciva su un quotidiano o una rivista a episodi, e si rivolgeva a un pubblico di massa. E a chi lo considera ancora oggi un sottogenere, ricordo che in questa tipologia sono stati pubblicati capolavori della letteratura quali I Misteri di Parigi di Eugène Sue (che consiglio vivamente a tutti!), I Tre Moschettieri e Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, David Copperfield di Charles Dickens, La Freccia Nera di Robert Louis Stevenson, Madame Bovary di Gustave Flaubert, Delitto e Castigo e I Fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Guerra e pace di Lev Nikolaevič Tolstoj, il Ciclo Dei Pirati della Malesia di Emilio Salgari, e moltissimi altri. Il feuilleton ha come caratteristiche fondamentali la narrazione ricca di vicende intricate, molteplici personaggi spesso contrapposti in buoni e cattivi, e colpi di scena improvvisi. Tutti aspetti che ritroviamo nella serie Bastarde di Francia, con la differenza che non dobbiamo aspettare ogni settimana per leggere un pezzettino di avventura ma abbiamo centinaia di pagine a nostra disposizione per poterci immergere quando e come vogliamo nella storia.

Se riesumare il feuilleton può essere opinabile, quello che non si può certo discutere è la precisione non solo dei dettagli storici (la faccenda di Pinerolo, la frattura all’interno della famiglia reale francese, la situazione spinosa del ducato di Savoia…) che ci vengono spiegati in maniera a mio parere chiara e accessibile a tutti, ma anche la minuziosità con la quale le autrici ci descrivono oggetti di uso comune dell’epoca, stoffe, palazzi e vita quotidiana in generale, cosa che denota una conoscenza approfondita del periodo non solo dal punto di vista storico.

In conclusione, se gradite le storie a lungo termine, le vicende da cappa e spada che non passano mai di moda, e in particolare questa tipologia di periodo storico, fate un salto nel mondo parallelo dei Tre Moschettieri, quello di Bastarde di Francia (un mondo la cui creazione da parte delle autrici ha richiesto anche un certo coraggio poiché è ovvio che sarà sempre messo continuamente a paragone con quello originale!), un posto in cui due donne ribelli fanno sentire la propria voce, e nonostante vengano continuamente ridotte al silenzio non si arrendono, e continuano a parlare ancora, e ancora, e ancora.

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