Bellissima regina. Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa, un drammatico amore – Miranda Miranda

Napoli. Palazzo San Severo. Quattro anni sono trascorsi da quell’agosto del 1586, quando donna Maria d’Avalos andava in sposa a Carlo Gesualdo, principe di Venosa e noto madrigalista italiano. Ma alla giovane e bella Maria poco si addice questo matrimonio: un sopruso prepotente, un’insopportabile imposizione, forse anche per via del carattere del marito, diffidente, geloso, possessivo, dedito alla composizione di musica malinconica. Durante un ricevimento, complice il ballo, Maria conosce il cavaliere Fabrizio Carafa dei duchi di Andria, uomo di rara bellezza e incontrastato valore. Ha inizio così una struggente storia d’amore, che li renderà dimentichi dei loro obblighi, amanti felici e sempre più sconsiderati, ma immortali agli occhi del mondo. Da sfondo, la Napoli del primo periodo vicereale, una città piena di stimoli diversi, orientale e barocca, capitale del Mediterraneo e metropoli di frontiera alle soglie del levante, poverissima e lussuosa.

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Copertina flessibile: 192 pagine
Editore: Scrittura & Scritture (18 aprile 2019)
Collana: Voci
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8885746144
ISBN-13: 978-8885746145

Recensione a cura di Sara Valentino

Questo romanzo ci apre le porte sul 1586, in una Napoli lussuosa fatta di feste, dimore sfarzose, spettacoli in splendidi teatri. E proprio come un sipario apre le sue tende drappeggiate e ci permette di poterci affacciare in questa epoca e storia indimenticabile.

Lo spettacolo che si pone dinanzi ai nostri occhi è maestoso, tovaglie di pregiati tessuti, boccali in cristallo per servire vini prelibati, dolci dai profumi inebrianti.

Lo sfondo è una Napoli dipinta con le magiche e poetiche parole di Miranda Miranda, una prosa degna dei grandi del passato. Il mare e le sue onde in una notte di luna che illumina gli scogli, un angolo di paradiso che preannuncia il dramma.

Maria d’Avalos bellissima e pericolosa per gli uomini, vedova di due mariti, va in sposa a Gesualdo da Venosa, Carlo Gesualdo noto compositore musicale di madrigali e musica sacra, lei di stirpe spagnola, lui napoletana.

La loro dimora: palazzo San Severo. Dalla loro unione nacque un figlio, ma il loro rapporto, in apparenza sereno si incrina. A quel tempo il valore di una donna era misurabile in termini di risorse politiche. Questo matrimonio le va stretto, comincia a rifiutare e odiare il marito.

“Questo diventa, nel corso della vita, il corpo della donna: passaggio di uomini, dei loro sessi, dei loro figli. Un corpo che presto diventa materiale di scarto, anche nel caso in cui rimanga inviolato; anzi di più, perché di carni caste e invecchiate non vuol saperne nessuno. Terribile esistenza, da viversi al riparo di mura e persiane, non dissimile da quella delle prostitute, tra le molteplici gravidanze, i figli, gli aborti, i mariti. Mentre gli uomini, immemori e spensierati, cavalcano, vanno in guerra, giocano coi falconi sui grandi prati di caccia e cercano, infaticabilmente, di nutrire la loro illusione d’infinito negli occhi e sulla bocca di una bella donna”

Fabrizio Carafa, duca d’Andria amante del bello incontra Maria che lo incanta proprio come farebbe una sirena. Vengono risucchiati in un vortice travolgente: un pazzo e un’incantatrice e noi con loro nella speranza che il loro grande amore, un sogno, possa trovare un piccolo spazio nel tempo in cui vivono… e lo troverà.

Il dramma però è in agguato  nonostante vi siano amici e servitori pronti a coprire gli incontri dei due amanti; colti in fallo, gli innamorati, troveranno nell’eternità la loro paradisiaca meta amorosa. A nulla varrà la crudele efferatezza con cui il tradito Gesualdo cercherà di cancellare i nomi, i volti, le speranze dei due giovani, sarà pronto ad esibire la nuda morte pur di avere una parvenza di vendetta.

Il seme però è stato generato e la sorpresa finale ve la gusterete come un dolce succoso.

Ancora oggi, tra le mura e nelle piazze attigue a Palazzo San Severo si racconta di questa storia, che pare una leggenda e si vede una giovane e bellissima donna danzare urlando con tutto lo strazio possibile il suo dolore.

Un romanzo che, per merito delle parole poetiche che utilizza l’autrice, celebra il bello, lo sfarzo della Napoli del Cinquecento, le descrizioni dei personaggi, come degli scorci e persino delle emozioni sono soavi come canti d’uccello.

“Non è la fede a essere in ballo, ma la vostra salvezza. Avete osato troppo: noi donne, invece, dobbiamo muoverci molto copertamente in questo mondo che appartiene agli uomini”

Se questa frase è un consiglio, naturalmente volto a voler salvare la vita di Maria, possiamo ben immaginare che a quel tempo, ma anche oggi in realtà, alla donna veniva dato poco spazio, nulla le veniva perdonato, gli uomini da sempre sono stati i padroni. Io mi sono immedesimata in Maria, nel suo ardore, nei suoi valori, nel suo volersi immolare per il grande amore.

Un libro che ci parla di dolore, quello che sentiamo tutti, chi più chi meno e della capacità di vincerlo, sottrarvisi persino, spezzarne la spirale che porta allo sfinimento dell’anima e… guarire.

“Dolcissima cosa è guarire dalla nostalgia”

 

 

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