#blogtour: L’anno senza estate di Luce Loi. La condizione dei poveri e delle donne

Ringrazio il blog “Thriller storici e dintorni”  per avermi coinvolta in questa nuova avventura.

L’anno senza estate di Luce Loi edito da Triskell edizioni è un giallo storico ambientato a Pietrafina, paese limitrofo ai colli Picentini.

Il titolo e il periodo in cui è ambientato richiamano proprio a quello che è passato alla storia come “anno senza estate“. Nel 1816, infatti, in seguito alla terribile esplosione ed eruzione del vulcano indonesiano Tambora la situazione climatica di Europa e Nord America ha subito una forte anomalia. In agosto furono registrate nevicate anche di colore rosso.

In questo periodo storico accadono i fatti che Luce Loi racconta nel suo romanzo, un giallo avvincente che vede protagonista Giunia. Giunia è una ragazzina rimasta orfana di entrambi i genitori, alla prematura morte del padre, avvocato di buon partito, la madre è costretta per sbarcare il lunario al mestiere più antico nel mondo.

E perché questa donna ha dovuto scendere a patti con la vita?

” I manifesti pubblici, le gazzette, l’umanità variegata che ogni giorno le navi vomitavano lungo le strade del porto e che, in un modo o nell’altro, finiva per arenarsi nella casa di sua madre. E lei che si faceva pagare qualcosa in meno pur di far regalare alla sua bambina una storia, un frammento di quei mondi lontani che mai avrebbe potuto vedere”

La donna da “sempre” è stata emarginata a ruolo di sudditanza: donna-mamma che deve governare la casa e crescere i figli.

Nell’800 fino agli ultimi anni del secolo sicuramente, ancora non si può parlare di vera emancipazione, né di diritto al voto, ma qualcosa inizia lentamente ad emergere. Tuttavia non è ancora il momento e nemmeno le voci maschili a favore sono molte.

La donna vive ancora in una società che la relega a margine, deve ancora obbedienza all’uomo e non può ricoprire un ruolo sociale autonomo senza passare per la mediazione degli uomini. Non può nemmeno amministrare il suo patrimonio, la sua dote matrimoniale, che gestisce il marito dandole una piccola somma, a volte, per esigenze di abbigliamento.

“La contessa le aveva chiesto di sedersi accanto a lei, come se fossero di pari rango, e l’ebdomadario si stava adeguando alla sua scelta”

Vorrei parlare di un fenomeno particolare che proprio in virtù di queste situazioni limite, si è venuto a creare: le“brigantesse”.

E’ un fenomeno drammatico, ma drammatico perché riguarda equilibri familiari distrutti: madri che hanno perso i figli, ragazze orfane, donne che si sono adattate a seguire i compagni nella rivolta contadina. La figura della donna all’interno delle bande organizzate è però una figura necessaria per molte ragioni, non ultima la questione affettiva, ma anche per collegamenti e approvigionamenti. Bisogna però fare un doveroso distinguo tra “brigantessa” e “donna del brigante”, non sono evidentemente la stessa cosa, ma queste ultime di certo più numerose delle prime. Nella seconda metà dell’Ottocento si hanno varie notizie di donne che hanno preso parte a questo tipo di organizzazioni; di fatto si definisce così uno dei ruoli delle donne delle classi rurali del tempo. Forse la “brigantessa” è l’alba della donna moderna. La donna del brigante è una figura che invece ha dovuto seguire il suo uomo, sola non potrebbe rimanere perché perderebbe il sostentamento e sarebbe costretta al mendicio o al meretricio. Vi sono anche casi di rapimento oppure di seduzione e quindi relativa schiavitù verso il bandito.

Nell’Ottocento le città portuali e industriali crebbero rapidamente dando vita a nuovi centri urbani. Questo fu una fortuna principalmente per i proprietari terrieri. Le città erano divise per ceti sociali e quindi si potevano trovare i bei quartieri borghesi curati contrapposti a quelli trasandati degli operai. Lo sviluppo ebbe anche ovviamente risvolti molto positivi, uno dei quali fu la realizzazione delle reti fognarie senza dimenticare le reti per il trasporto del gas. Le infrastrutture, in seguito alle nuove forme di energia, iniziarono pur lentamente a rinnovarsi, pensiamo alle reti ferroviarie e alle barche a vapore. La vita migliora anche se le differenze tra le classi sociali restano nettamente diverse, addirittura tra membri di classi diverse erano vietati i matrimoni. Le condizioni di vita della classe dei contadini erano molto precarie, le case erano costituite da un solo locale in cui spesso vivevano anche gli animali, questo naturalmente era causa di condizioni igieniche assai precarie. Le case degli operai erano stazionate in quartieri a parte, la qualità degli edifici era scadente e non erano provvisti di gabinetto né acqua potabile, con la naturale conseguenza che la mortalità era piuttosto alta. Per contro l’alta borghesia aveva case e abitazioni confortevoli con la suddivisione dei locali adibiti a zona privata (camere e bagni) o pubblica (salotto e sala da pranzo) e le zone riservate alla servitù. Si trattava per lo più di palazzi, ma anche di case di campagna appositamente costruite. La donna borghese era definita la signora della casa, molto criticata in caso di sbagli nel comportamento, si doveva occupare esclusivamente dei figli e della casa, non aveva accesso alle cariche pubbliche né al voto, era considerata inferiore all’uomo e incapace di decidere.

“Fu quel gesto taciuto a farle comprendere quanto fosse diverso il proprio posto in quel luogo, rispetto a quello alla casa di sua zia. Era rispettata, quasi come una pari di donna Carolina, non tollerata come un male inevitabile. Forse le cose sarebbero cambiate, finalmente, forse la sua vita avrebbe trovato una nuova direzione”

 

Ora un piccolo accenno alle voci bianche che cantavano al posto delle donne: i castrati per il canto.

“Mulier taceat in ecclesia”: la donna in chiesa deve tacere. 

Per far fronte a questa prescrizione tra il XVII e il XVIII secolo fino al pieno ‘800 in Italia furono evirati migliaia di bambini. Così in chiesa, ma poi anche altrove, potevano avere voci femminili per i canti.

La castrazione doveva essere fatta prima del cambio della voce e quindi prima della pubertà. La pratica di utilizzo delle voci bianche per castrazione nel coro del Vaticano fu bandita dal 1878.

L’operazione veniva eseguita in maniera che non fosse dolorosa, ma il processo di evirazione era davvero pericoloso e poteva procurare la morte del giovane ragazzo. Poteva capitare che gli venisse somministrato troppo oppio oppure che la pressione dell’arteria del collo, per fargli perdere conoscenza, lo fosse troppo a lungo.

Molti dei ragazzini che venivano operati erano di provenienza delle famiglie più povere, obbligati dai genitori, alcuni altri lo chiedevano personalmente.

Lascio la parola al blog Thriller storici e dintorni che domani ci parlerà della vicenda reale che ha ispirato il romanzo.

 

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