#blogtour-tsd: Il sangue di Roma – Massimo Giulio Trancredi

Ringrazio il blog Thriller storici e dintorni per averci coinvolto in questo blogtour!

Il sangue di Roma di Massimo Giulio Tancredi, edito da Fanucci editore, è sicuramente un romanzo storico che ha il potere di condurre i lettori nelle terre di Britannia. Nel raccontare la storia della conquista di Roma, delle gravi perdite in termini di vite umane, del sangue che ha intriso quei terreni, ci racconta anche di una storia più personale. Siamo nel 122 d.c. alla sera di quando scomparve la Legio IX Hispana nelle oscure foreste della Caledonia. L’imperatore Adriano viene assalito dai “selvaggi” Pitti e Marco Sestino Annio, semplice tribuno, gli salva la vita. Conserverà un ricordo indelebile, Annio, di quel giorno, ma l’imperatore gli affiderà la costruzione di una grande barriera: il Vallo di Adriano di cui ci ha parlato ieri il blog “Piume di carta” e da cui raccogliamo il testimone.

Andiamo a scoprire Il forte di Vindolanda.

“Era un mondo intriso di sangue e magia, e forse non era del tutto sbagliato dare la colpa a i druidi, che vi avevano tessuto per secoli i loro incantesimi prima di essere massacrati dalle legioni di Roma”

Il forte di Vindolanda è stato costruito ben prima del Vallo di Adriano, dunque molto prima del 122 d.c., anno in cui iniziarono le opere di costruzione di quest’ultimo. La sua posizione è a pochissima distanza dal confine scozzese, si trova lungo l’antica strada romana: Stanegate, tra i due fiumi Solvay e Tyne.

Si sa che Vindolanda è stata occupata dai romani dall’85 al 370 d.C. circa e che è stata più volte distrutta e ricostruita, pare almeno 9 volte. Come è ben descritto nel romanzo il forte è stato fondamentale per la difesa durante la costruzione del Vallo, ricoprendo anche ruolo di guarnigione che riuniva fanteria e cavalleria.

In base agli scavi archeologici si è potuto ricostruire che inizialmente il forte era piccolo e composto da tufo e legno per poi renderlo più robusto e in pietra. Lo si è potuto dedurre dai resti del primo trovati a 13 metri sottoterra. Inoltre vi sono stati annessi edifici militari e capanne abitative per le famiglie dei soldati.

Grazie al ritrovamento, nel 1914 di un altare si è potuto scoprire una versione successiva alla precedente, un vicus, sempre in pietra e da cui si è anche risaliti al nome del sito, Vindolanda.

Nel 300 d.c., quindi ormai anni dopo le vicende narrate ne “Il sangue di Roma” venne nuovamente ricostruito, ma rimase totalmente inabitato e non più occupato, naturalmente facciamo riferimento anche al corpo principale. Non si sa esattamente la motivazione, si suppone per ragioni di sicurezza in considerazione che Vindolanda continuerà ad essere occupato, ma solo dai civili e per altri 400 anni. Gli scavi continuano tutt’oggi, come vedremo infatti ci sono stati recenti e interessanti ritrovamenti. Se ne stanno ancora occupando i figli e i nipoti dell’archeologo che li iniziò nel 1930, Eric Birley.

Sembra incredibile, e forse dalle foto non rende bene l’idea, ma il forte di Vindolanda è riemerso solo per il 24%, materiale e grandi speranze ed emozioni per gli archeologi e per noi appassionati!

Qualcuno di voi ci sarà stato, io no personalmente e sarebbe emozionante poter camminare tra questi ritrovamenti. Pensate a 2000 anni fa ai soldati, alle famiglie di questi, alle loro gesta in questa lussureggiante zona d’Inghilterra. Nel sito si può passeggiare tra le pietre e i resti degli edifici, vi si trovano targhe esplicative e pannelli oltre a una riproduzione in scala del forte nel suo periodo di massimo splendore.

Osservando le foto, immaginando il sito di allora possiamo provare a immedesimarci in quei soldati che con occhio attento scrutavano la nera e folta, oltre che “magica”, foresta con l’inquietante timore di vederne sbucare i pitti.

Tornando al sito, si può inoltre ammirare una riproduzione in legno di una sezione del Vallo di Adriano. Durante la visita è possibile ammirare gli scavi, le condizioni climatiche umide e fresche consentono ritrovamenti pressoché intatti, come è avvenuto nel 2017.

“L’uomo con i capelli grigi si voltò dall’altra parte, incassò la testa tra le spalle e sparì. Annio lo riconobbe solo in quell’istante, guardandolo andare via: era il chirurgo del forte di Vindolanda, uno dei più abili ed esperti di tutto l’impero”

Sto parlando della scoperta più importante dopo il 1992: la scoperta di 25 tavolette di legno scritte dai soldati, risalenti alla fine del I secolo d.C.
Questi ritrovamenti, lo vedete dalla foto qui a fianco, sono grandi come una cartolina e sono documenti dal valore inestimabile. Si tratta di corrispondenza personale per lo più, si possono ricavare nomi, usi e costumi dell’epoca attraverso lo studio e la lettura della stessa.

La precedente scoperta a nome di Robin Birley nel 1973 fu una delle più importanti dell’archeologia britannica: una raccolta di lettere dei soldati nel forte romano di Vindolanda. Tra queste, una in particolare parlava di un tale Masclus e delle sue richieste di maggiori forniture di birra per il suo avamposto.

Nel 2017  il figlio di Robin Birley, Andrew Birley, ha fatto l’importante scoperta di altre 25 lettere e, incredibilmente, c’è altra traccia di Masclus che in questa nuova corrispondenza chiede un commeatus, un congedo o una licenza.
Le missive rinvenute, sia quelle del ’73 che quelle del ’17 sono scritte su sottili fogli di legno di betulla, tranne una doppia tavoletta in legno di quercia che indica una importante corrispondenza. Purtroppo queste ultime sono risultate a prima vista illeggibili. Alcune sono state tradotte e ne sono risultate entusiasmanti scoperte.


Credo che sia davvero elettrizzante poterle ammirare, soppesare, e leggere.. correre attraverso di esse con il pensiero a due millenni fa. Scritti quando c’era qualcosa di molto importante da dire, comunicazioni e capsule temporali che ci arrivano direttamente dal passato.

In queste tavolette possiamo trovare un invito a una festa di compleanno, il giorno 11 settembre.  Claudia Severa, moglie del comandante Elio, fa scrivere alla sorella Lepidina, a cui si rivolge chiamandola “anima mea karissima”. E’ ancora più preziosa, essendo una delle rare testimonianze di scrittura femminile arrivata fino a noi dall’antichità. Ecco il testo:
“Claudia Severa alla sua Lepidina, saluti. Questo 11 settembre, sorella, per la celebrazione del mio compleanno, ti ho inviato un caldo invito per essere certa che tu verrai, così da rendere la mia giornata ancora più bella con la tua presenza. Porgi i miei saluti al tuo Cerialis. Il mio Aelius e mio figlio gli mandano i loro saluti. Ti aspetto sorella. Sta’ bene, sorella, anima mia carissima, così come spero di star bene io, e a presto. A Sulpicia Lepidina, moglie di Cerialis, da Severa”.
Nelle immagini, la tavoletta (291), risalente al I d.C.

 

“I lavori di ampliamento non servivano al forte, ma agli uomini: per tenerli in esercizio, in vista della grande opera che dovranno costruire”

I resti parziali di un cranio umano sono stati trovati vicino al fondo del fossato rivolto verso nord durante uno scavo nell’agosto 2018. Il cranio parziale è costituito dall’osso frontale con le ossa nasali ancora attaccate, anche se l’osso nasale destro è stato danneggiato in passato, probabilmente al momento della morte. Anche la faccia del cranio si è staccata nell’antichità. Ciò che resta è stato comunque sufficiente a determinare il sesso e l’ascendenza dell’individuo. Il cranio risulta appartenere a un maschio di probabile ascendenza europea. Il suo aspetto sarebbe stato anche caratterizzato da un naso molto distintivo e prominente. (https://www.vindolanda.com/blog/severan-skulls)

 

“L’edificio assegnato al nuovo comandante della sesta legione faceva parte di un complesso residenziale situato appena fuori dalle mura del forte di Vindolanda, edificato appositamente per ospitare l’imperatore Adriano e il suo seguito durante la visita al confine”

Nel forte romano di Vindolanda, nel 2016 sono inoltre state scoperte oltre 400 scarpe per uomini, donne e bambini. Ben 7000 scarpe sono state rinvenute nel sito, un numero assai importante e considerevole. Sappiamo bene quanto il vestiario e gli accessori siano documenti storici importantissimi, ci raccontano la vita di allora da diversi punti di vista e per gli svariati ceti.

Si tratta del sito dove sono state trovate il maggior numero di scarpe romane di tutto l’impero.

Il ritrovamento è avvenuto in un fossato difensivo, insieme a reperti di ceramica e resti di cani e gatti.

Si pensa che al termine della guerra del 212 d.C. le truppe e le loro famiglie abbiano lasciato il forte. Non avrebbero potuto portare tutto con sé e dunque probabilmente lo abbiano gettato nei fossi.

Venne poi, come detto in precedenza, costruita una nuova città che ha sigillato e preservato i “rifiuti” che sono così giunti fino a noi.

E siamo anche noi giunti in fondo a questo viaggio, in attesa di nuove scoperte da parte degli archeologi.

“C’è qualcosa di speciale, qui. Qualcosa che sfugge alla nostra comprensione. Come se sotto la superficie immobile ci fosse un cuore che pulsa, ma che non riuscivamo a vedere”

Lasciamo la parola al blog “Les Fleurs du mal” che domani ci parlerà dei tatuaggi dei Pitti.

 

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