BOBBIO E IL MISTERO DELLA GIOCONDA

a cura di Cinzia Cogni

Il piccolo borgo medioevale di Bobbio in Val Trebbia, provincia di Piacenza, può essere definito una delle culle della cristianità occidentale e buona parte di questo merito lo si deve a San Colombano. Giunto dalla lontana Irlanda nel 614 vi fondò il monastero che porta il suo nome e la sua regola, destinato a grande fortuna.
Impossibile in un semplice articolo raccontare la storia di questo luogo suggestivo, ma vi sono misteri e leggende che vi aleggiano intorno, che val la pena conoscere , a cominciare dal simbolo della città: il famoso Ponte Gobbo o Ponte del Diavolo.
Di probabile origine romana è documentato per la prima volta nel 1196; lungo circa 300 metri, svetta con le sue molteplici arcate sul fiume Trebbia, collegando la bella cittadina di Bobbio con l’altra vallata che sale lungo la dorsale appenninica verso Coli.
Secondo la tradizione fu costruito in una sola notte dal Demonio, al quale San Colombano offrì in cambio l’anima di chi per primo lo avesse percorso. Giunta l’alba ed ultimata l’opera, il Santo fece attraversare il ponte ad un cagnolino vecchio e malandato, impendendo in questo modo al Diavolo di prendersi l’anima di un cristiano. Andandosene inferocito per essere stato beffato, Lucifero prese a calci il ponte che da quel momento assunse la forma ingobbita ed irregolare che lo caratterizza ancora oggi.

Il vero mistero di cui vi parlerò oggi, però, che riguarda Bobbio ed il suo ponte, nasce dalla teoria che in questi ultimi anni si sta avallando, ossia il collegamento al ponte in questione al famoso dipinto di Leonardo Da Vinci: la Gioconda.
In questo caso non si tratta di leggenda, ma di studi scientifici.

La ricercatrice savonese Carla Glori in seguito a studi e ricerche approfondite, nel settembre 2015 è riuscita a confermare la tesi che il ponte raffigurato alle spalle della Gioconda, identificata nella persona di Bianca Giovanna Sforza, sia proprio il Ponte Gobbo di Bobbio. Secondo la sua tesi il “punto di vista” del pittore è perfettamente compatibile col “punto di vista” di una finestra situata all’ultimo piano del castello Malaspina Dal Verme. Inoltre anche alcuni elementi dipinti sul paesaggio coinciderebbero col paesaggio reale.
Grazie a sofisticate apparecchiature in grado di effettuare una scannerizzazione del dipinto nei minimi dettagli, la Glori è riuscita ad estrapolare ben tre indizi:
– due lettere misteriose negli occhi della Monnalisa
– un numero sotto l’arcata del ponte.

In particolare la pupilla destra nasconde una “S”, che rimanda alla casata degli Sforza. La pupilla sinistra invece cela la lettera “L” che sta per Leonardo, ovvero la firma dell’artista. Bianca Giovanna Sforza era la figlia naturale, in seguito legittimata di Ludovico il Moro, duca di Milano, che nel 1496 sposò Gian Galeazzo Sanseverino, comandante dell’esercito sforzesco e signore di Bobbio.

Il numero 72 scoperto sotto l’arcata del ponte potrebbe indicare il Ponte Gobbo di Bobbio?
Leonardo ha apposto il numero 72 sotto l’arcata del ponte Gobbo, secondo la Glori, potrebbe voler ricordare la devastante piena del Trebbia (nel 1472 la piena del fiume distrusse il ponte) in modo che qualcuno in futuro potesse identificare l’emblematico ponte ed il luogo che fa da sfondo alla Gioconda.

Il lavoro della studiosa savonese era stato inviato al Departement del peintures del Museo Francese del Louvre (dov’è custodita la Gioconda) per i riscontri. Il quadro approssimativamente fu iniziato durante la presenza di Leonardo a Milano (1482-1499) o anche successivamente, nel periodo della sua presenza presso la corte degli Sforza (1506-1507).

Un quarto indizio, anche se non propriamente scientifico ma comunque degno di nota, riguarda la vigna di leonardo.
Vale la pena, infatti, una visita presso la casa degli Atellani a Milano, luogo in cui è custodita la vigna di Leonardo, oggi diventata un museo. Qui si è scoperto la presenza di una tipologia di uva (malvasia) coltivata solo nei colli piacentini. Una coincidenza che non solo lascerebbe immaginare la presenza dell’artista sul territorio piacentino, ma testimonierebbe il fatto che si lasciò deliziare dalle pregiate uve coltivate in zona, o forse dal buon vino, e, da buon intenditore, decise di esportare un vitigno nella sua villa di Milano.
Questo potrebbe aprire nuovi scenari e nuovi interrogativi sulla Gioconda.

La dama raffigurata è realmente Bianca Sforza?
Questa ipotesi di localizzazione prescinde dall’identificazione della modella, che sempre secondo Carla Glori sarebbe Bianca Giovanna Sforza, figlia naturale, in seguito legittimata, di Ludovico il Moro, duca di Milano: la donna nel 1496 sposò Gian Galeazzo Sanseverino, comandante dell’esercito sforzesco e signore di Bobbio.
Ciò che ha indotto la studiosa a formulare questa ipotesi è il motivo disegnato sulla scollatura della Gioconda, che viene ricondotto ad una moda in auge presso la Corte di Milano e databile inoltre al periodo tra il 1493 e il 1499. Tale considerazione è fondamentale perché Leonardo, cesellando una collana di nodi lungo tutto il bordo della scollatura del vestito della Gioconda, particolare che a malapena poteva essere visto, probabilmente voleva lasciare qualche informazione, qualche indizio che rimandasse alla dinastia degli Sforza.

È davvero il ponte Gobbo quello sullo sfondo?
La Gioconda potrebbe essere stata dipinta a Bobbio? Se fosse così, Leonardo sarebbe vissuto a Bobbio per un certo periodo di tempo?
Se quella che Hemingway definì “la valle più bella del mondo” come paesaggi naturalistici, fosse anche la valle in cui è stata creata la Gioconda, si aprirebbero sicuramente nuove porte per turisti, curiosi, studiosi, umanisti e appassionati d’arte provenienti da tutto il mondo e sinceramente da piacentina, ne sarei felice ed orgogliosa: Bobbio è davvero un luogo magico, con o senza misteri!

 

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