BREVE STORIA DELL’INQUISIZIONE

A cura di Luca Varinelli (Il Varo del Capovaro)

Ancora oggi quando si parla di inquisizione viene in mente uno scenario da film dell’orrore: uomini e donne torturati senza pietà in tetri sotterranei, streghe arse vive sui roghi, etc., il tutto all’ombra di una Chiesa che dominava in un Medioevo buio, fatto di barbarie ed ignoranza.

Ma cosa fu veramente l’inquisizione?

Intanto cominciamo a dire che con il termine “inquisizione” si indicano, in realtà, diverse istituzioni, sorte in vari periodi; ne ricordiamo almeno tre: l’Inquisizione medievale, il Santo Uffizio e l’Inquisizione Spagnola.

Tutte queste istituzioni hanno per punto comune il rito del processo inquisitorio, ossia quel tipo di processo esistente sin dall’epoca romana, in cui la pubblica accusa rivestiva anche il ruolo di giudice.

Da dove partire per parlare di inquisizione?

Trovare un idoneo punto di partenza, vista la grande mole di pregiudizi accumulatisi nel corso dei secoli, è difficile. A mio parere è utile iniziare ponendoci una domanda fondamentale, sottesa ad ogni discorso storico: come facciamo a dire determinate cose sull’inquisizione? Sulla base di che cosa facciamo tali affermazioni?

La risposta appare di per sé banale: se possiamo dire tante cose sull’inquisizione, è perché ci resta una vastissima quantità di documenti risalenti all’epoca: essi, in qualità di testimonianze dirette, hanno certamente un grado di affidabilità maggiore di quanto detto o scritto sul tema da intellettuali o pensatori successivi. 

Pur nella sua banalità tale risposta appare ad alcuni come una sorpresa, in quanto convinti che dei tribunali inquisitoriali ci resti poco di scritto: basti pensare che, negli archivi delle varie inquisizioni troviamo, ancora intatti, migliaia di verbali dei processi.

Da qui possiamo farci un’idea anche abbastanza chiara del numero dei processi e delle condanne, possiamo pure stabilire in quali processi si è fatto uso di tortura e anche risalire al tipo di torture utilizzate.

Il recente esame analitico delle fonti ha permesso gli storici di esprimere un giudizio sull’inquisizione lontano da intenti apologetici, ma al tempo stesso distante dalla propaganda anticlericale tipica del cinque-seicento: un giudizio obiettivo, insomma.

L’inquisizione, come accennato nell’incipit, è per abitudine messa in relazione con il Medioevo… è appropriato tale abbinamento?

Il primo tribunale inquisitoriale nasce effettivamente nel Medioevo, con la finalità di contrastare i movimenti ereticali che trovarono origine e diffusione prevalentemente nel sud della Francia.

Tale istituzione non nasce in un clima di decadenza, bensì in una fase di crescita economica, sociale, e culturale dell’Europa… non è il periodo dell’Alto Medioevo, definito impropriamente periodo degli “Anni Bui”, è bensì l’epoca delle Università, dei Comuni e delle corporazioni commerciali. È un periodo storico in cui la Chiesa esercita un’enorme influenza sul potere politico e gestisce grandi ricchezze; per contro, nascono proprio in questo frangente nuovi ordini religiosi pauperistici come i francescani e i domenicani.

L’epoca in cui le autorità ecclesiastiche furono più rigorose nel loro intento di sradicare l’eresia fu, più probabilmente, la prima età moderna, con la nascita del Santo Uffizio, erede dell’Inquisizione medievale.

L’inquisizione, qualunque essa sia, non era dunque un tribunale crudele?

L’inquisizione, per gli standard odierni, fu senza ombra di dubbio un tribunale crudele; tuttavia, la storia va sempre vista nella sua integrità, tenuto conto del preciso contesto, e non va mai esaminata con la lente del presente.

L’inquisizione si configura in tutto e per tutto come un tribunale della sua epoca, non solo agendo in linea con la mentalità dominante in quel preciso momento storico, ma anche seguendo le procedure previste dalle autorità religiose.

Lo storico Alessandro Barbero, celebre medievista, ha utilizzato termini singolari per descrivere l’Inquisizione: l’Inquisizione fu un organismo sinistro… a renderlo tale non fu però l’uso della tortura, bensì il fatto che fosse stato creato con l’intento di creare un rigido conformismo ai dettami della fede. 

Ad ogni modo, il ritratto dell’Inquisizione che risulta da un esame rigoroso delle fonti storiche non corrisponde all’immagine della belva assetata di sangue cui siamo abituati a pensare. Anche il paragone dell’Inquisizione con gli orrori del nazismo appare del tutto fuori luogo, sia per l’entità del fenomeno che per contesto storico-culturale.

Basti pensare che la Rivoluzione Francese, da alcuni ritenuta a torto una transizione pacifica e pressoché indolore dall’età moderna all’età contemporanea, fece in pochi anni tra processi (anche sommari) e sollevazioni popolari, un numero di vittime nettamente superiore a quelle fatte dall’inquisizione in diversi secoli: eppure a nessuno è mai venuto in mente di paragonare tale fase storica agli orrori dei gulag e delle purghe staliniane.

Abbiamo numeri affidabili dei numeri delle condanne a morte emesse dagli inquisitori?

Assolutamente sì. Non è possibile ottenere cifre esatte, ma è possibile fare delle stime realistiche sulla base del materiale conservato negli archivi. Parte di questo materiale è andato perduto nel corso dei secoli, tuttavia, come abbiamo accennato, la mole dei documenti è considerevole.

Intanto, come si apprende tanto dalle bolle papali quanto dalla prassi effettivamente seguita con scrupolo dagli inquisitori che lo scopo dell’inquisizione non era mettere al rogo la gente… lo scopo era bensì “ricondurre l’eretico alla vera fede”: si tratta del conformismo mirato cui accennava il professor Barbero.

A differenza di quanto accadeva presso i giudici secolari, il pentimento dell’eretico portava di solito all’assoluzione dello stesso, a patto che non ricadesse nell’errore e svolgesse atti di penitenza.

Il numero delle condanne a morte risulta nettamente inferiore tanto all’applicazione di altre pene, quanto al numero delle assoluzioni.

Anche l’uso della tortura risulta notevolmente ridimensionato. Secondo il già citato Barbero, l’immagine, che lo stesso definisce “pornografica”, di un tribunale ecclesiastico in cui i giudici si divertono a torturare la gente proviene dalla propaganda protestante del ‘500: i protestanti infatti tenevano particolarmente a sottolineare il passaggio dal buio Medioevo ad un’età illuminata.

Per tirare le somme, possiamo stimare che il numero di vittime effettive sia di alcune migliaia in un arco di tempo che copre parecchi secoli: le stime più rigorose espresse dagli storici non superano le cinquanta-sessantamila unità in tutta la storia dell’inquisizione; certamente cifre importanti, ma in netto contrasto con l’immagine di un tribunale sanguinario. 

Anche sull’uso della tortura il giudizio dei posteri fu affrettato?

La tortura giudiziaria, bisogna specificare, era una pratica ereditata dall’esperienza giuridica dell’Antica Roma: i tribunali secolari, nel corso del medioevo e della successiva età moderna potevano utilizzare mezzi coercitivi per estorcere informazioni ad un imputato o ad un testimone ritenuto reticente. Tale pratica costituiva un mezzo di ricerca della prova, che non va confusa con la pena corporale, inflitta dopo la condanna.

Data convenzionale della fondazione dell’Inquisizione medievale è il 1184, nell’evento del Concilio di Verona, ma solo oltre settant’anni più tardi, con la bolla papale Ad extirpanda del 1252, viene autorizzato l’uso della tortura da parte degli inquisitori. Inoltre, le autorità ecclesiastiche si preoccuparono di definire la facoltà di torturare entro limiti rigorosi: non era ad esempio possibile torturare l’inquisito oltre un tempo limite, e nemmeno era consentito cagionargli una mutilazione permanente. Per di più, la tortura era preclusa per certe categorie di soggetti (anziani, fanciulli, donne incinte, etc). 

E gli attrezzi di tortura che vediamo esposti nei musei?

Per buona parte si tratta di falsi creati nell’Ottocento per ostentare una morbosa passione per il “Medioevo buio”: esisteva un fiorente mercato di questi oggetti, ma nei verbali dei processi e nei manuali degli inquisitori non si trova menzione di arnesi simili.

Il supplizio più comune era rappresentato dai tratti di corda: in pratica il torturato veniva appeso con le braccia legate dietro la schiena. Un metodo sicuramente doloroso, ma certamente nulla a che vedere con gli aggeggi infernali esposti nei musei della tortura: da notare che certi storici hanno manifestato il proprio sdegno per questi musei, che spesso alterano la storia solo per attrarre visitatori.

Che ruolo ebbe l’inquisizione nella caccia alle streghe?

L’inquisizione viene costantemente messa in relazione con la caccia alle streghe, e tutto ciò trova ancora una volta un rimando con l’idea di Medioevo buio. In realtà la caccia alle streghe fu un fenomeno che trova terreno fertile soprattutto a partire dal primo Cinquecento, e i tribunali inquisitoriali si occuparono poco di stregoneria. 

La maggior parte delle streghe condannate furono arse in terra protestante. Basti pensare che il più famoso cacciatore di streghe inglese, Matthew Hopkins, passato impropriamente alla storia come “il Grande Inquisitore”, era per la verità un giurista protestante, e non aveva nulla a che fare con l’inquisizione propriamente detta.

I nemici dichiarati delle due inquisizioni finora menzionate furono per tutta la durata della loro storia gli eretici. 

La persecuzione degli eretici costituiva di per sé l’attacco ad un’opinione o a un modo di pensare?

Secondo i già richiamati standard odierni sicuramente: per noi un tribunale chiamato a giudicare sulle opinioni sarebbe inconcepibile; ma bisogna considerare che all’epoca non esistevano garanzie costituzionali a tutela della libertà di opinione. E nemmeno esisteva qualcosa di analogo nella precedente cultura classica: nel mondo romano, multietnico e multireligioso, esistevano comunque delle severe norme riguardanti il culto di Stato e la morale pubblica. 

Ciò che si sta tentando di fare in quest’epoca, definita “contemporanea”, per lo meno nel mondo occidentale, è il tentativo, ancora in parte incompiuto, di impostare la società sul singolo individuo, valorizzando le proprie scelte e inclinazioni, tutto ciò nell’antichità era del tutto impensabile: l’uomo agiva secondo i dettami propri della società in cui era nata, e diveniva egli stesso espressione di quella medesima società. Era questo conformismo che, nel Medioevo, trasformava un soggetto dissidente in un eretico.

Sin dall’antichità la Chiesa rivendicava l’”esclusiva” in materia di fede, anche se non si era mai giunti ad un’effettiva persecuzione di coloro che aderivano a dottrine poco ortodosse: in quei casi la Chiesa si limitava a dichiarare l’eretico estraneo alla dottrina cattolica. 

Va poi considerato che i gruppi di eretici che presero a formarsi dopo il 1100, in particolare il movimento dei Catari (chiamati anche Albigesi) venivano visti come una minaccia da parte delle autorità secolari già da prima che fosse istituita l’Inquisizione. Le proteste di questi gruppi raggiunsero dei picchi di violenza estrema, arrivando a compiere omicidi e saccheggi, e a bruciare chiese e villaggi. 

Inoltre, le dottrine catare, contrarie ad ogni tipo di legame sociale e di giuramento, risultavano in profondo contrasto con la società feudale. Un cataro poi, non soltanto doveva rigettare ogni vincolo sociale, ma doveva rifiutare in toto il mondo materiale, a tal punto di lasciarsi morire di fame (c.d. endura).

Ovvio che tali insegnamenti, anche per la morale di allora dovessero apparire inaccettabili. 

Di solito l’inquisizione viene anche accusata di essere in contrasto con la diffusione del sapere, cosa c’è di vero?

Come abbiamo già sostenuto, l’epoca in cui nasce l’Inquisizione è un’epoca in cui la diffusione della cultura, anche tra i laici, raggiunge livelli mai visti in Europa: il tardo Medioevo non è un periodo di oscurantismo, bensì un’epoca in cui la gente parla e scrive, anche piuttosto liberamente.  

Gli stessi inquisitori non erano, come si è soliti credere, dei fraticelli ignoranti, ma rappresentavano le élite culturali del tempo. 

La voce secondo cui l’Inquisizione sarebbe stata in contrasto con la scienza proviene forse da un malinteso, facilmente smontabile: i processi innanzi al Santo Uffizio di due personalità vissute grossomodo nello stesso periodo, ossia Giordano Bruno e Galileo Galilei. Due personalità, invero, molto diverse tra loro.

Giordano Bruno non fu uno scienziato, bensì un filosofo con un profondo interesse per temi quali la magia e l’ermetismo: invero egli fu una figura molto diversa dal libero pensatore cui siamo abituati a pensare.

Galileo Galilei invece è considerato il padre della scienza moderna: egli ha codificato quello che a tutt’oggi viene definito “il metodo scientifico”, che ci permette di discernere ciò che è scienza da ciò che non lo è.

Ad essere incriminata fu, invero, soltanto una teoria del fisico, solo poi dimostratasi vera: l’eliocentrismo

Le opere di Galileo riguardanti temi estranei all’eliocentrismo, già pubbliche prima del processo, continuarono ad essere pubbliche anche dopo. Questo dimostra che, in un’analisi storica, non si può mai prendere un fatto specifico come prova di una consuetudine generale.

LIBRI SUL TEMA

“La lunga storia dell’inquisizione. Luci e ombre della «leggenda nera»” saggio di Franco Cardini e Marina Montesano;

“Il seme dell’intolleranza. Ebrei, eretici, selvaggi” saggio di Adriano Prosperi;

“Storia dell’Inquisizione in Italia” saggio di Christopher Black;

Il giudice e l’eretico: studi sull’Inquisizione romana” saggio di John Tedeschi.

ARTICOLI CONSIGLIATI

“Che tortura quei musei!” Articolo del Corriere Fiorentino del 10.10.2012;

Poche le «streghe» bruciate dall’Inquisizione, intervista allo storico Agostino Borromeo, articolo de “La Repubblica”, del 15 giugno 2004;

VIDEO CONSIGLIATI:

“Le ragioni del torto: il barbaro e il moderno” conferenza, relatore prof. Alessandro Barbero;

“Il mito dell’Inquisizione spagnola”, documentario prodotto ed edito da BBC.

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