Ecuba

Ecuba, ex regina di Troia. Nelle Troiane di Euripide il cambiamento della sua sorte è impressionante. L’antica regina giace a terra sotto il peso della sciagura. Troia è distrutta. Le navi nemiche aspettano di salpare con le prigioniere. Il suo primo monologo inizia con una metafora marina: poichè l’esistenza ha mutato il corso e naviga secondo la corrente e il destino, la sventurata si esorta a “non dirigere la prua della vita contro i flutti, ma ad assecondare il vento della sorte”.

Da questo momento le navi e il pericolo rappresentato dal mare, come percorso degli invasori e degli sconfitti in attesa di essere imbarcati, diventa uno dei motivi dominanti del dramma. I marinai sulle navi sono pronti e impugnano già i remi. Le future schiave non possono che attendere le decisioni dei vincitori. Delle figlie di Ecuba, Polissena sarà sacrificata sulla tomba di Achille; Andromaca e Cassandra saranno destinate rispettivamente a Neottolemo, il figlio di Achille, e ad Agamennone, il re degli Ache. Ecuba sarà schiava di Odisseo.

Il viaggio in mare non spaventa le giovani donne, già vittime di terribili prove, ma terrorizza Ecuba, così come terrorizza le donne troiane del coro che, davanti alla distruzione della loro città, vedono come un incubo la nave che le trasporterà in Grecia.

“Madre, io sono sola: gli Achei mi strappano dai tuoi occhi, un una nave nera con remi potenti, verso la sacra Salamina o l’Istmo che separa due mari e introduce alla terra di Pelope”

La nave di Neottolemo ha già portato via Andromaca, poco dopo l’uccisione del piccolo Astianatte.

Ecuba per sua stessa dichiarazione non è mai salita su una nave. Non conosce la vita che si conduce su un’imbarcazione in mezzo al mare. Teme le tempeste, il mare agitato, i venti che imperversano, la nave sballottata dalle onde. Teme l’ignoto. Al tempo stesso conosce le navi per averle osservate in pittura e per aver visto le navi dei Greci arrivare nelle cale di Troia dalla purpurea distesa del mare. Navi nemiche, ostili e funeste.

L’esperienza della vecchia regina, che guarda indietro agli eventi della vita, è messa sullo stesso piano di quella del navigante, piena imprevisti o rovesciamenti.

Ecuba, che ha assistito al tragico destino delle componenti della sua famiglia, deve salire sull’ultima nave. L’estremo passo da compiere, carico di pathos e di profonda pena, è quello di imbarcarsi sulla nave pronta a salpare. Non le resta che farsi coraggio e rivolgersi alle proprie membra vecchie e tremanti perchè guidino i suoi passi incerti. Troia è crollata e a lei non resta che una vita da schiava

Per approfondire

Il Mare nostrum come antico crocevia di incontri tra persone e culture, come deposito di racconti, luogo di scoperte, violenze, prodigi, che vede le donne non escluse, ma presenti e partecipi. Che si tratti di dee o regine, di nutrici, schiave o prostitute, la tradizione ci consegna le immagini di eroine che percorrono il mare e vivono storie intense, spesso amorose, donne concupite dagli dèi e dagli uomini, vittime di rapimenti e di soprusi. A nuoto o in groppa ad animali fuggono attraverso le acque, inseguite, stuprate, ma anche a volte protette e difese. Vanno incontro a un destino movimentato, come quello di Io o di Europa, progenitrici di discendenze illustri. Oppure sono costrette con la forza a salire su un’imbarcazione – nave, barca, cassa – e ad affrontare una sorte carica di rischi e di incognite. Un viaggio nel mito, nella religione, nelle credenze, ma anche nella realtà quotidiana, tra luoghi a noi noti o che restano ancora oggi misteriosi.

  • Editore ‏ : ‎ Il Mulino (3 marzo 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 216 pagine
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