Elizabeth Fry, 1817 sulle prigioni

Elizabeth Fry fu pioniera della filantropia per i tardo vittoriani e riconosciuta dopo la morte per la sua devozione. Con un’appassionata crociata riuscì a portare all’attenzione del mondo lo stato pessimo in cui si trovavano le prigioni e in modo particolare il trattamento disumano verso le detenute.

Causa non molto condivisa in un’epoca in cui una bambina di nove anni poteva essere condannata a morte per il furto di due centesimi di vernice o per un pezzo di stoffa da cinque scellini.

Elizabeth Fry nacque a Norwich nel 1780 da una ricca famiglia di banchieri quaccheri. La visita alle prigioni di Newgate la inorridì, trovandosi davanti a qualcosa di molto simile al terribile manicomio di Londra. Le condizioni erano drammatiche. A causa di alcuni problemi famigliari e della morte della figli a soli cinque anni, la Fry riprese dopo tre anni la campagna di sensibilizzazione con una inchiesta che portò effettive migliorie.

Questa è una lettera della Fry del 4 marzo 1817

Sono appena tornata da una visita infinitamente triste a Newgate, dove mi sono recata su richiesta di Elizabeth Fricker prima della sua esecuzione prevista per domani alle otto. L’ho trovata precipitosa, angosciata e tormentata. Aveva le mani fredde e coperte di qualcosa simile al sudore premorte, e il corpo attraversato da un tremore generale. Le donne che erano con lei hanno detto che prima del nostro arrivo si comportava in modo così strano che pensavano sarebbe stato necessario chiamare un uomo per tenerla a bada. tuttavia, dopo aver passato parecchio tempo con lei, il suo animo turbato si è calmato…

Oltre a questa povera donna, ci sono anche sei uomini che attendono l’impiccagione, uno dei quali ha una moglie sul punto di partorire, anch’ella condannata, e sei bambini piccoli. Da quando è arrivato il terribile verdetto, il marito è praticamente impazzito dall’orrore. Non riuscivamo a contenerlo nemmeno con la camicia di forza, e aveva appena morso il secondino; l’ho visto uscire con la mano sanguinante mentre passavo davanti alla cella. Ho sentito anche un altro uomo, istruito e cresciuto in maniera degna, stava facendo tutto il possibile per temprarsi, attraverso l’incredulità, cercando di convincersi che le verità religiose non erano che frottole. In questa impresa sembra aver avuto fin troppo successo con non pochi dei suoi compagni di sofferenze. Ha implorato di avere una bottiglia di vino, senza dubbio per sperare d’annegare, tramite l’inebriamento, la propria miseria e i timori che ne sarebbero sorti. Non ho chiesto altro, avevo visto e sentito abbastanza.

Fonte: Lettere che hanno cambiato il mondo – Trevis Elborough – Newton Compton Editori

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