Forse non tutti sanno che Caravaggio di Annalisa Stancanelli

Recensione di Claudia Renzi

È un lavoro notevole quello licenziato da Stancanelli su un argomento tanto importante quanto abusato: Caravaggio. Pertanto è un terreno delicato quello sul quale si trova a muoversi l’autrice, che cerca di riportare ai lettori le teorie dei più noti studiosi caravaggisti in modo più neutrale possibile.

Per rendere accessibile la mole di informazioni anche ai non esperti Stancanelli adotta una formula aneddotica, che fa accattivante e decisamente più leggera la lettura e dunque il volume ha un taglio che potremmo definire, come per certi aspetti alcuni quadri di Caravaggio, “popolare”. 

Dalla “riscoperta” del grande genio lombardo da parte di Roberto Longhi ne è passata di acqua sotto i ponti: grazie alle ricerche d’archivio oggi sappiamo che persino alcuni quadri che lo stesso professore aveva attribuito a Michelangelo Merisi da Caravaggio non sono autografi, mentre, di contro, negli ultimi anni sono emersi clamorosi ritrovamenti, affidabili in certi casi (Cattura di cristo oggi a Dublino), da rigettare in altri (si veda la recente Giuditta di Tolosa).

Stancanelli inizia la narrazione ricostruendo infanzia e giovinezza del pittore in Lombardia, dalla nascita a Milano il 29.9.1571 (da cui il nome di battesimo, Michele Angelo) al periodo passato nel paesino del bergamasco dal quale poi avrebbe preso il soprannome. Sono gli anni in cui suo nonno e suo padre lavorano a servizio della marchesa Costanza Sforza Colonna, che per tutta la vita proteggerà quel bambino cresciuto giocando con i suoi figli.

Cominciamo con lo sfatare un mito: la formazione di Caravaggio è stata del tutto canonica, quindi disegnava eccome. 

Sappiamo per certo la data dell’ingresso nella bottega del

Peterzano, il 6 aprile 1584, e che con il maestro rimase per quattro anni.

Il suo apprendistato si svolse a Milano, presso la bottega del pittore Simone Peterzano, allievo di Tiziano. Qui il giovanissimo artista apprende tutte le tecniche e non c’è nessun motivo di credere, come vuole una certa traballante leggenda, che non amasse disegnare; è vero semmai il contrario: senza esercitare continuamente il talento nel disegno non si può arrivare a dipingere in modo tanto realistico. Non abbiamo (a parte uno, agli Uffizi) disegni assolutamente certi di Caravaggio, ma considerando alcuni aspetti della sua vita questo trova più di una logica spiegazione. A vent’anni orfano e spartita con i fratelli l’eredità, lascia la Lombardia e si ritrova a Roma abbastanza male in arnese. Fa quel che può, fino alla svolta: è notato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, uomo dei Medici, e da lì la musica cambia. Tuttavia non avrà mai allievi diretti (neanche Cecco Boneri, a sua volta grande pittore, può dirsi tecnicamente suo allievo) né una famiglia propria e, come è noto, ad un certo punto in poi dovrà fuggire precipitosamente da Roma e vagare per quattro anni, da solo, fino alla prematura misteriosa morte in Toscana: ecco dunque che già queste particolarità, unite al carattere fumantino che detestava “imitatori” della sua maniera, ci danno abbastanza indizi per dedurre che lui i suoi disegni e cartoni – che è certo usasse visto che tra l’altro, anche a distanza di anni, certe pose tornano ripetute e ribaltate in alcuni suoi quadri – non li abbia lasciati in giro a disposizione di nessuno. Stancanelli ricorda che proprio nel fondo Peterzano a Milano, qualche anno, fa due studiosi coraggiosi hanno condotto una ricerca a tappeto, sfidando apertamente le convinzioni del tutto infondate di gran parte del mondo accademico.

Tuttavia non è dei disegni che ci parla Stancanelli per rendere familiare al lettore medio Caravaggio, ma dei suoi straordinari quadri. Caravaggio è l’erede della tradizione pittorica lombardo-veneta (Moretto, Savoldo, Tintoretto) e anche del grande Leonardo, che nella Milano della sua infanzia aveva lasciato opere straordinarie che il giovane, con il suo maestro, ha senz’altro visto e studiato.

Una volta a Roma, dopo iniziali difficoltà dovute all’indigenza e a problemi di salute, Caravaggio come in una favola è proiettato nell’ambiente della Roma che conta. Il bizzarro e coltissimo cardinal Del Monte, amante dell’arte e dell’alchimia, lo nota e lo vuole a casa con sé, a Palazzo Madama. Grazie ai quadri, raffinatissimi, dipinti per lui, è presto adocchiato da un altro ricchissimo mecenate, il marchese Vincenzo Giustiniani, che arriverà a possedere ben 13 sue tele (rimaste a Roma fino a fine Ottocento, oggi in parte all’estero e in parte perdute durante la seconda g.m.).

Grazie a Del Monte Caravaggio ottiene la sua prima commissione pubblica: il ciclo con le Storie di San Matteo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma. Caravaggio avrebbe dipinto tre grandi tele ad olio da collocarsi nelle pareti laterali e sull’altare in vece dei soliti affreschi parietali: al momento del debutto lo sconcerto è grande, non si era mai vista una pittura del genere! Da quel momento la sua carriera, come ricostruisce Stancanelli, decolla. Giustiniani gli commissiona un quadro dietro l’altro e poco dopo, nel 1605, perfino il neoeletto Paolo V Borghese gli chiederà un ritratto a figura intera: oggi non esposto al pubblico, è l’unico ritratto di un papa in carica eseguito da Caravaggio, che ritrarrà sì anche Maffeo Barberini (papa Urbano VIII dal 1623), ma “solo” da cardinale. Il nipote di Paolo V, il cardinal nipote Scipione Borghese, sarà un’altra figura fondamentale nella vita di Caravaggio: sarà lui (ritratto dal pittore nello strepitoso ritratto giovanile oggi a Montepulciano) a ottenere dallo zio la grazia per il pittore fuggiasco, condannato per omicidio.

Stancanelli sottolinea anche il ruolo delle donne nella vita e nelle opere di Caravaggio: dalla madre Lucia alla marchesa Costanza, una seconda madre, e poi le prostitute, sue prime modelle, in particolare Anna Bianchini, Fillide Melandroni e Maddalena Antognetti, sua compagna, per la quale rimediò l’ennesima denuncia.

La senese Fillide fu sua modella in molte celebri tele e fu l’unica, per quel che ne sappiamo, a possedere un ritratto fattole da Caravaggio (passato dopo la sua morte a Giustiniani, finito in Germania e disperso durante i bombardamenti) e forse fu anche uno dei motivi per i quali Caravaggio era ai ferri corti con Ranuccio Tomassoni, l’uomo che ucciderà con una stoccata il fatidico 28.5.1606 al termine di una partita alla pallacorda: Fillide era infatti amante di Ranuccio e forse anche del pittore… Tuttavia Stancarelli mette sul tavolo anche le ipotesi di una relazione extraconiugale di Caravaggio con la moglie di Ranuccio, Lavinia, e una più recente che getterebbe una luce nuova su tutto ciò che è accaduto:

In un avviso si raccontava che «la

causa sia stato interesse di gioco e di 10.000 scudi che il morto [Ranuccio]

aveva vinto al pittore»: una somma enorme a quel tempo. Questa

indicazione poteva testimoniare che il regolamento di conti

riguardava scommesse e debiti non pagati

Quale che sia il motivo che ha portato al delitto colposo, a fine maggio 1606 Caravaggio, che aveva già diversi precedenti con la giustizia, deve lasciare Roma: sul suo capo pende ora una condanna a morte. Ad agevolare la sua fuga è la marchesa Costanza Sforza Colonna, che dapprima lo ospiterà nei possedimenti laziali della sua famiglia di origine, Zagarolo e Paliano, e poi gli troverà rifugio nel Regno di Napoli, fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio. Qui Caravaggio si trova relativamente bene e ha il tempo di realizzare opere che influenzeranno fortemente tutta la pittura napoletana successiva: su tutte le Sette opere di Misericordia. Poco dopo però, sempre con l’aiuto della marchesa, ripara a Malta e riesce a farsi investire Cavaliere: il Gran Maestro in persona, dopo essersi fatto ritrarre a figura intera assieme al piccolo paggio Alessandro Costa (figlio del banchiere Ottavio, per il quale Caravaggio a Roma aveva dipinto la celebre Giuditta e Oloferne oggi a Palazzo Barberini), scrive a Paolo V chiedendogli il “permesso” per farlo Cavaliere; nelle lettere che si scambiano il nome del pittore non viene mai fatto, ma l’ok del papa – che ufficialmente lo bracca e non sa dove sia – arriva. Caravaggio continua a dipingere, ma purtroppo accade qualcosa che lo costringe ad abbandonare l’isola. Come giustamente chiosa Stancanelli i documenti che spiegano cos’è accaduto – una rissa notturna in casa di un confratello – sono stati ritrovati e pubblicati un po’ di anni fa da Sciberras: niente scandali erotici o fantasie simili, Caravaggio si è trovato in mezzo e, sfortunatamente, è stato messo in arresto. Nell’imbarazzo generale, sarà fatto fuggire: il Gran Maestro chiuse un occhio ma lo dovette espellere dall’ordine, almeno ufficialmente. L’espulsione era tuttavia reversibile tanto che Caravaggio, approdato in Sicilia, dove rimarrà quasi un anno, continua a presentarsi come Cavaliere. 

In Sicilia lascerà tele che pure avranno un grande impatto sugli artisti locali, ma appena potrà intraprenderà il viaggio di ritorno verso Roma, dove sia il cardinale Scipione Borghese che la marchesa Sforza Colonna stavano alacremente adoperandosi per ottenergli la grazia dal papa. 

Tornato dunque a Napoli, ecco che viene aggredito fuori dall’Osteria del Cerriglio: è molto probabile che nelle intenzioni dei suoi aggressori dovesse morire quella notte, ma la sua grande abilità con la spada gli salverà momentaneamente la vita, sebbene rimane, da quel che sappiamo dagli Avvisi, pesantemente sfregiato in volto. 

Stancanelli palesa l’ipotesi – che condivido – che ad aggredirlo siano stati dei sicari inviati dai familiari del defunto Ranuccio. Inconsistente quella insinuata da Giovanni Baglione – biografo e pittore rivale del nostro, niente affatto lucido nei suoi giudizi – che a volerne la morte fossero non meglio precisati “cavalieri” di Malta.

Caravaggio riesce dunque a fuggire e via mare approda, non si sa bene perché – a dire il vero non si sa bene neanche se la località è davvero quella – a Porto Ercole, in Toscana dove (forse) il 18.7.1610, a nemmeno 39 anni, muore: probabilmente le ferite riportate a Napoli andarono in setticemia; quel che è certo è che il suo corpo finì in qualche fossa comune e non se ne seppe più nulla (personalmente non credo affatto al “ritrovamento” del 2010, coincidente in maniera a dir poco sospetta con il quadricentenario della morte) e la feluca sulla quale aveva lasciato il suo bagaglio e i dipinti che aveva realizzato per Scipione, da dargli appena rientrato a Roma, tornò a Napoli.

Non potendo avere il suo corpo – nemmeno i messi papali inviati sul posto lo trovarono – Scipione fece di tutto per recuperare le ultime tele dell’amato artista: le possiamo oggi ammirare alla Galleria Borghese.

La ricostruzione di Stancanelli è ampia e puntuale: una piacevole lettura per chi ben conosce Caravaggio e istruttiva per chi vi si accosta per la prima volta.

 

Trama. La vita di un genio: tra arte, avventura e mistero
Caravaggio affascina, commuove, esalta, attrae da secoli con opere meravigliose e avventure mozzafiato. Seguendo le tappe della sua esistenza ci si addentra in una vita da romanzo.

Dalla nascita a Milano agli esordi romani; dalla vita a Palazzo Madama alle notti brave nel quartiere delle prostitute; dall’omicidio di Ranuccio Tomassoni al soggiorno a Napoli; fino alla misteriosa morte, nel luglio del 1610. Ma è dietro le vicende maggiormente note che si nascondono gli episodi più interessanti: Caravaggio scoperchiò tetti, prese a sassate una porta, scrisse versi infamanti contro un rivale, offese continuamente i “birri” del quartiere dove viveva. Trascorse molte notti in carcere e altrettante nelle dimore immensamente ricche di cardinali e nobili. Era capace di dipingere quadri immensi, pieni di religiosità e tormento, e poi di andare all’osteria con cortigiane e compagni di bravate e di lanciare un piatto di carciofi in faccia a un cameriere. Sono solo alcune delle storie che alimentano la leggenda dell’artista maledetto. Caravaggio è tutto questo: è genio e vita dissipata, è profondità di pensiero e cultura, ma anche impeto e testardaggine.
Un viaggio appassionante sulle tracce del genio di Caravaggio: da Roma a Napoli, da Malta alla Sicilia
Forse non tutti sanno che…

…nei primi anni a Roma Caravaggio era povero e rischiò di morire
…Caravaggio visse nel palazzo del senato e divenne il pictor praestantissimus
…Caravaggio uccise un uomo
…Caravaggio visse a Napoli
…Caravaggio divenne cavaliere di Malta
…Caravaggio fuggì in Sicilia
…Caravaggio si rifugiò di nuovo a Napoli e fu sfregiato
…la morte di Caravaggio è un mistero

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  • Lunghezza stampa : 251 pagine

  • Editore : Newton Compton Editori (22 ottobre 2020)

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