Graal. Il mistero del calice dell’Ultima Cena

Per gli amanti del Medioevo è indubbiamente un argomento suggestivo e anche evocativo: il Graal, Il Santo Graal, Sangrail. Anche il nome è piuttosto incerto, segno evidente di dubbi e perplessità che aleggiano su questo oggetto. Oggetto? Ah sì in effetti per qualcuno è la pietra di smeraldo caduta dalla fronte di Lucifero durante la lotta con gli angeli.

Nella cattedrale di San Lorenzo a Genova viene conservato il catino di smeraldo. E’ verde e trasparente ma non è di smeraldo e per molto tempo si è creduto lo fosse oltre al fatto che venne identificato come il santo Graal, il piatto dove Gesù consumò l’ultima cena e dove Giuseppe d’Arimatea raccolse il suo sangue durante il supplizio della croce. La scodella esagonale fu portata, secondo la tradizione, a Genova nel XII secolo da Guglielmo Embríaco. Mi piacerebbe in una futura ricerca approfondire e raccontare la storia molto bella e affascinante di questo prezioso tesoro, ma ora torniamo al “sangue reale”.

Alcuni esoteristi e filologi hanno ipotizzato che il Sangrail fosse il “sangue reale”, la stirpe originata dall’unione tra Gesù e Maria Maddalena, quella dei Merovingi. Parliamo sempre di ipotesi…

Nella letteratura francese medievale, in particolare parliamo di Chrétien de Troyes e del suo Le Roman de Perceval ou le conte du Graal (poema incompiuto), appare il Graal non facendo riferimento a una forma ma come un piatto o un vassoio. Attenzione che ancora non è chiamato “santo”. Successivamente Robert de Boron nella sua opera gli farà assumere la forma di un calice.

Tante leggende si fondono e confondono, il mistero è fitto e affascinate, io ne sono da sempre molto attratta come lo sono dalla leggendaria figura di Re Artù.

Il calderone di Gundestrup (I sec. a.C.) coppa d’argento ornata con divinità, simboli misteriosi e figure umane che alcuni associano al mito del Graal.

Alcune leggende mettono Giuseppe d’Arimatea in relazione con il ciclo arturiano ponendolo come primo custode del santo Graal e come fondatore della cristianità britannica. Si tratta di leggende del XII secolo e secondo una di queste la coppa sarebbe stata custodita nella prima chiesa eretta a Glastonbury.

Wolfram von Eschenbach, poeta e cavaliere medievale tedesco della Turingia nel suo “Parzival” parla del Graal come di una pietra purissima che donerebbe vita eterna. Torniamo all’idea della pietra caduta dalla fronte di Lucifero. Il legame ipotetico, ma nemmeno troppo, con la pietra filosofale è servito! La conoscenza assoluta di ogni cosa. Ecco perchè la ricerca di questo immenso tesoro fu ragione di vita per molti. Potremmo pensare alla ricerca spirituale interiore, tanto nascosta e difficile da perseguire. E forse, come dice Merlino durante la fondazione della Tavola Rotonda, “molti lo cercheranno e pochi lo troveranno”.

Oltre a Genova vi sono altri luoghi dove i vari Graal sarebbero “esistiti”. In proposito, come direbbe il buon Umberto Eco “I Templari centrano sempre” e allora non possiamo che riportare quanto si raccontava.

I cavalieri templari avrebbero trovato all’interno del Tempio di Salomone il Graal, dobbiamo sempre al “Parzival” del 1210 il collegamento menzionandolo almeno sei volte. I templari difendono il castello del Monte di Salvezza. E per questo ci rimettiamo al parere della storica Barbara Frale rilasciato in una intervista apparsa su Repubblica.

E che cosa pensa del Graal la studiosa Frale? «Che per il Graal, quale che sia la natura della reliquia di Cristo, come per il collegamento ai Templari della Sindone di Torino, vi sono tracce sparse che possono acquistare senso, solo se verrà fuori un quadro coerente, e solo se ci si terrà ben lontani da tutta la letteratura di fantasia. Quel che è certo è che per i Templari le reliquie non avevano solo un valore economico, perché il contatto con il sacro faceva parte della loro educazione. Ma l’ alone di mistero che circonda la setta e i suoi riti di iniziazione li porterà alla rovina (la Repubblica.it> 2005> 01> 03> la leggenda dei templari)

Per un viaggio nella leggenda …

Tomar. Quando l’Ordine venne sciolto si dice che alcuni cavalieri fuggirono in Portogallo e nascosero qui tesori e il Graal.

Renne le Château. In questo pesino, a fine Ottocento, l’abate Bérenger Saunière asserì di aver trovato il “sangue reale” dei Merovingi.

Torino. Presso la chiesa della Grande Madre di Dio sarebbe sepolto il Graal.

Montségur. L’ufficiale delle SS Otto Rahn era convinto che in questa rocca, ultimo rifugio dei Catari, si trovasse il Graal.

Bari. Sul portale della cattedrale di San Nicola è raffigurato Re Artù, da qui la leggenda della presunta presenza del santo calice in città.

Berceto. Il ritrovamento di un calice riporta a una ipotesi che lo vedrebbe associato alla Coppa dell’Ultima Cena, vale a dire, tanto per essere chiari, al Santo Graal.

Sara Valentino

Fonti: La misteriosa coppa di smeraldo | Reliquiosamente; Magie, arcani e simboli del Medioevo. Sprea editori; GRAAL (luoghimisteriosi.it); Wikipedia

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2 Risposte a “Graal. Il mistero del calice dell’Ultima Cena”

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