Has Jenniffer Parker been Killed? Or has she just disappeared? – ultima puntata.

(Jennifer Parker è stata uccisa? oppure è solo scomparsa?)

Parte Quinta

La nebbia scesa all’improvviso aveva coperto in fretta il paesaggio circostante. Adesso Marilyn riusciva a malapena a scorgere che cosa c’era oltre la punta del proprio naso. Confusa e prostrata allo stesso tempo, non sapeva che cosa fare. Un attimo prima si era trovata all’interno del negozio di libri un tempo appartenuto a Jennifer Parker. Era stata lei a entrarci, forzando un’apertura secondaria, ma dopo che si era tirata fuori da quella circostanza sconosciuta a ogni logica, sia il negozio, sia i caseggiati del circondario, erano svaniti nel nulla, come se non fossero mai esistiti. In modo del tutto inatteso lei si era ritrovata in mezzo a un sentiero circondato dal bosco. Come c’era finita? Trovare una spiegazione alla circostanza si mostrava come la cosa più impossibile di questo mondo e Marilyn non aveva una risposta da affiancare ai tanti quesiti che le martellavano la mente. Uno sopra di tutti. Il bimbo che l’aveva trascinata all’esterno salvandola dal pericolo, era per davvero il figlio che lei non aveva mai avuto?
Assurdo solo a pensarlo. Tutto questo non poteva essere vero. Forse … era preda di un altro incubo a occhi aperti. Potrebbe darsi che l’episodio non fosse accaduto per davvero, e lei lo aveva immaginava soltanto. Forse … “No, Basta.” Si era detto. La tempia le pulsava, Marilyn cercava con affanno una linea di fuga da ciò che ai suoi occhi si mostrava come l’aspetto allucinante di una realtà a rovescio dove nulla di ciò che vedeva succedere, stava accadendo per davvero, quanto piuttosto come il frutto di un’alienazione partorita dalla sua mente, che aveva perso il contatto con la realtà.
Pazza? Questo era diventato? Una persona vittima dei suoi stessi deliri? Prigioniera di una dimensione che lei stessa aveva ideato all’interno del suo Io cosciente, senza che nulla di ciò che vedeva o sentiva, fosse parte integrante del mondo reale?
Ma quel è il mondo reale?
Quello che Marilyn aveva vissuto fino a quel momento? Oppure quest’altro diverso e fino a che punto non sapeva capirlo?
Confusione e soltanto questo. Immersa nell’aria gelida; intrisa di umidità; difficile da respirare Marilyn cercava disperatamente una via di fuga dall’incubo che l’aveva catturata e fatta sua. Le figure orripilanti che in quella dimensione gravitano, presto l’avrebbero raggiunto e trascinata in un profondo inferno, lo stesso che la giovane aveva più volte visto nel suo cocente delirio.
No. Era necessario reagire. Abbandonarsi a se stessi non avrebbe portato a nulla, ancor meno alla soluzione del difficile momento che stava attraversando. Come però?
Il soffio leggero del vento le lambiva il viso. La giovane respira dentro di se cercando di capire dove adesso fosse finita. Non c’era nulla attorno, niente oltre alla nebbia. O forse si? Il foglio. Lo stesso che aveva trovato nella tasca strappata del soprabito.
“La casa in cima al pendio. Lì devi andare.”
Così diceva la scritta. Ma dov’era il pendio? E dove la casa? Il sentiero si allungava davanti a lei. Era la sola traccia disponibile. Tanto valeva seguirlo.
Con passo incerto Marilyn s’incammina in quella direzione inoltrandosi nel nulla. Il silenzio è rotto dall’ansimare del suo respiro. Il senso di vuoto la avvolge precipitandola nel non essere. È questa la sensazione che prevale. Una crescente perdita della realtà. Cos’è realtà? Gli occhi vedono. Le orecchie sentono. Le narici percepiscono gli odori. La mente elabora il mondo reale.
La realtà di Marilyn era una sensazione di malessere destinato a crescere sempre più. Uno stimolo all’interno dell’universo onirico che ogni singolo essere umano, ha dentro di se come parte integrante del proprio lato nascosto. Quello di Marilyn si mostrava allucinante e difficile da cogliere nel giusto modo.
Un rumore all’improvviso arriva al suo orecchio. Cos’è? C’è qualcuno, forse qualcosa davanti a lei. La nebbia e la poca luce le impediscono di vedere. Pur tuttavia Marilyn non si è sbagliata. Il rumore che ha sentito, adesso è più chiaro, distinguibile. La giovane ferma il passo, aguzza l’udito per meglio ascoltare. Sembrerebbe … sì, nessun dubbio al riguardo. Davanti a lei c’è qualcuno, e si sta avvicinando. Quello che sente è il suo passo strascicato. E come se … adesso ne è certa. Trascina una gamba strisciandola per terra.
Il timore subito guadagna strada dentro di Marilyn, chi o che cosa sbucherà dalla nebbia? Immobile la giovane aguzza lo sguardo nella direzione da dove il passo strascicato le arriva. Il timore cresce, di pari passo all’istinto di fuggire. Dove però? Non c’è un posto sicuro. Non c’è nulla attorno a lei. Marilyn si trascina all’indietro, la figura emerge dalla nebbia. È goffa, tozza. Mostruosa. Metà corpo è umano, l’altra di forma caprina. Arranca in avanti ancheggiando in modo appariscente. A strisciare per terra è la zampa che finisce con uno zoccolo. Gli occhi della creatura orripilante sono neri come la notte, la pupilla gialla come il fuoco. La osserva e a Marilyn ghiaccia il sangue nelle vene. Dalle labbra in parte socchiuse, deborda del muco filamentoso. Il momento in cui tocca terra, brucia l’erba che in quel tratto si trova.
“Oh mio Dio …” esce dalla bocca della giovane. Il terrore si è impossessato di lei. Che cosa sta per succedere? Questo si chiede mentre la figura da incubo arresta il passo fermandosi a poca distanza da Marilyn. Sguardo contro sguardo. Il silenzio è totale adesso anche l’aria sembra che si sia fermata. Il tempo stesso ha smesso di girare. Attimi di vuoto assoluto poi la creatura orrenda apre la bocca e dice:
“Vattene via da qui. Vattene.” Lo ha gridato e la voce roca e baritonale ha creato un eco destinato a perdersi all’interno della nebbia.
Marilyn ha un rigurgito. Fuggire solo questo pensa. Quale la direzione da prendere?
“Torna indietro. Vattene ho detto. Torna da dove sei venuta.” Ancora un grido da parte dell’essere dall’aspetto infernale. Marilyn è confusa e terrorizzata allo stesso tempo. Si guarda intorno cercando la via di fuga, ma non la trova. Deve scappare, e solo questo. Subito si mette a correre ma perde l’orientamento a causa della nebbia e della poca visibilità. Sarebbe voluta tornare indietro, così come le è stato suggerito dalla creatura infernale. Ma dov’è indietro? Mentre lei se lo chiede, un’altra voce in mezzo alla nebbia si fa sentire.
“Mamma … da questa parte. Segui la mia voce.”
Il bimbo di prima, lo stesso che si era presentato a Marilyn come il figlio che non aveva mai avuto, è tornato a soccorrerla. Marilyn lo cerca in mezzo al nulla, dove si è perduta.
“Da questa parte.” Lui seguita a ripeterle. Marilyn ha deciso. Segue la nuova voce che già una volta l’ha salvata dal pericolo. E via di corsa lungo il sentiero immerso nel nulla. Ma andando in avanti piuttosto che procedere indietro come aveva suggerito la creatura dall’aspetto infernale. E giù a correre lungo il sentiero. Il respiro di Marilyn è pesante; artefatto. È la paura a dominare. Attimi difficili da superare ma ecco che la nebbia comincia a diradarsi. Il paesaggio inizia a prender forma e un pendio compare allo sguardo della giovane. Sopra di questo si vede una costruzione contenuta nella proporzione. Si mostra come un’abitazione lasciata a se da qualche tempo. È questo il caseggiato che deve raggiungere?
Adesso lo spazio attorno a Marilyn è libero. La nebbia è andata via. Che fine ha fatto il bimbo di cui si è sentita la voce? Attorno non c’è nessuno. Lo spazio è vuoto, ad eccezione del piccolo caseggiato che sovrasta il pendio.
Marilyn ferma il passo, lo studia con attenzione. È cupo e sinistro allo stesso tempo. Incute timore solo a guardarlo. Che cosa avrebbe trovato all’interno? Questo la giovane si chiede non appena muove il primo passo per raggiungerlo.
Adesso è alla porta all’ingresso. Curioso, al centro c’è un battente del tutto identico a quello che ha visto nell’ingresso dell’abitazione di Jennifer Parker. Un demone il cui sguardo è cupo quanto enigmatico.
“Che cosa fare a questo punto?” sembra chiedersi. Lei si pone il quesito e la porta lentamente gira sui cardini spalancandosi. Il pigolio è sinistro, inquietante. L’invito a entrare è implicito. Pochi attimi d’esitazione e Marilyn la oltrepassa.
Da non credersi. Lo spazio interno è grande, spropositato. Com’è possibile questo? Guardato dall’esterno il caseggiato, si mostrava piccolo è contenuto nelle proporzioni mentre invece … Marilyn è confusa. Un corridoio lunghissimo si apre alla vista. È spazioso, ma le pareti sono in parte corrose dal tempo. Aleggia uno strano odore nell’aria. Nauseante, poco definito. Stomachevole soprattutto. Gocciola dell’acqua dal soffitto, il pavimento è coperto da una fanghiglia scura e putrescente. Qualcosa si sta muovendo all’interno. Marilyn aguzza lo sguardo.
“Aah …” grida trascinandosi all’indietro. Vermi grossi e neri come la notte, dai denti aguzzi strisciano nel mezzo della fanghiglia putrescente. La giovane si trascina all’indietro, gira sui tacchi e cerca la via di fuga. La porta alle sue spalle si richiude all’improvviso con un rumore sordo e cupo, tagliandole la via di fuga.
“Mio Dio …” Marilyn sussurra. Deve andare avanti, non c’è altro modo di procedere. La giovane si affianca alla parete, lì dove la fanghiglia è più sottile e veloce percorre il lungo corridoio fino a … dove? Questo si chiede mentre la distanza che la separa dalla fine del percorso si assottiglia sempre più. Nel punto dove il corridoio finisce, riesce a scorgere una stanza. È il solo posto da raggiungere.
Corre veloce fino a sentire il cuore battere forte anche alla tempia. L’ingresso si avvicina sempre più. Adesso l’ha raggiunto, è finalmente arrivata. Un passo ancora ed è dal lato opposto.
“Signore onnipotente …” le esce dalle labbra.
La stanza, grande e spropositata è vuota. Non c’è nulla all’interno, tranne il grande disegno nella parete dirimpettaia. Che cos’è?
Confusa Marilyn si avvicina e lo osserva con attenzione. Non ha mai visto nulla di simile, oh forse sì. Un momento ma questo è … si sembrerebbe.
“L’inferno.” La voce è arrivata alle sue spalle.
Marilyn si gira e lo sguardo si posa sulla figura che si è mostrata. Subito il sangue le ghiaccia nelle vene. L’apparizione è cupa e inquietante allo stesso tempo. Alta statuaria, veste un abito da suora. Il viso è pallido, dal colore cadaverico. Gli occhi … Dio del cielo. Non ci sono. Le pupille di quell’essere sono vuote. Pur tuttavia il volto anche se così diverso, mostra qualcosa di familiare. Marilyn l’ha già visto. Somiglia … ma sì, ricorda da vicino quello della Jennifer Parker vista in sogno. Che significa questo?
Lei si pone il quesito e la figura appena comparsa muove il passo per raggiungerla. In mano regge qualcosa. Lo solleva mostrandolo. È lo stesso libro che un tempo Jennifer aveva esibito a Marilyn. La giovane è terrorizzata. Non sa capire che cosa stia succedendo. Perché tutto questo? “No … via.” Si dice. Fuggire e solo questo, lontano dall’incubo fattosi realtà. Come però? Non esiste via d’uscita … è la fine. Ancora una voce che arriva al suo orecchio riportandola alla realtà.
“Signora … signora. si svegli per favore. Siamo arrivati.”
Marilyn si desta e sorpresa si guarda intorno. È confusa; intimorita; distratta.
“Che cosa … io … non capisco.” Ribatte.
“Siamo arrivati. Gli altri passeggeri hanno già lasciato la corriera. Lei è l’ultima rimasta. Si era addormenta. Fortuna che prima di raggiungere la rimessa l’ho vista, altrimenti l’avrei portata con me.”
“Arrivati dove? Lei chi è?”
“Possibile non ricorda? È a bordo della corriera che Helena arriva a Whitefish. Sono il conducente. È salita a Helena per arrivare fino a qua, ”
“Ho preso un autobus?”
“Si certo. Due ore fa in parte. Le ho staccato io stesso il biglietto. Non ricorda?”
“Io … non … sono confusa.”
“Così sembrerebbe. Ha bisogno di qualcosa?”
“No grazie. Non mi serve nulla.” Senza di altro aggiungere, Marilyn lascia il posto e si muove per raggiungere l’uscita del mezzo di trasporto. Prima che abbia avuto modo di raggiungerlo l’uomo che l’ha svegliata la chiama e dice:
“Signora il libro.” Marilyn si gira e chiede:
“Che libro?”
“Quello che ha scordato sul sedile.” L’autista la avvicina e glielo porge. Marilyn lo osserva stupita. Quel libro non le appartiene, non sa neppure da dove sia spuntato. Senza dire nulla lo prende. Dio del cielo è lo stesso volume che ha visto nelle mani di Jennifer Parker.
“Divina Commedia. Inferno.”

Parte Sesta

Era tardo pomeriggio a Whitefish, l’aria si era fatta gelida. Il sole aveva raggiunto la cima delle montagne che circondava la cittadina e presto sarebbe sceso dal lato opposto lasciandola al buio della notte. Marilyn era confusa, adesso più di prima. Che cosa l’aveva spinto in quella cittadina di cui non sapeva nulla di nulla? Soprattutto come aveva fatto ad arrivarci. Non rammentava di essersi messa in viaggio, di aver preso una corriera per recarsi in quel posto. L’ultimo ricordo coincideva con il foglio recuperato nella buca delle lettere, dov’era reclamizzato il negozio di libri antichi di Jennifer Parker, tutto il resto era un vuoto assoluto. La nebbia fitta e compatta che le avvolgeva la mente, non le concedeva spazio di manovra. Un respiro nel profondo e s’incammina nella direzione del centro cittadino. La sua è una marcia senza una precisa meta. Non ha un obiettivo, non sa che cosa deve fare. Forse sarebbe stato opportuno chiedere aiuto a qualcuno. Sì ma a chi?
Uno sguardo esplorativo attorno a se. Lo spazio che la circonda è vuoto, poca gente si muove lungo il perimetro. L’aria gelida suggerisce di trovare un sicuro rifugio. Nuvole nere e pesanti hanno coperto l’orizzonte. Lampi di luce si scorgono lungo la linea di demarcazione. C’è un temporale in arrivo e presto sarebbe sopraggiunto.
Marilyn si muove con passo incerto. La via procede diritta senza interruzione di sorta. Il buio della sera è arrivato e assieme a questo le ombre cupe che si stagliano contro i muri del circondario. Mentre lei si muove, il paesaggio circostante lentamente comincia a cambiare. La sensazione che qualcosa di strano stia per succedere guadagna strada nell’intimo di Marilyn. Presto la luce dei lampioni diminuisce d’intensità. Il buio avanza avvolgendo ogni cosa. com’era possibile che questo stesse succedendo? La giovane ferma il passo. Confusa guarda intorno a se. Il vuoto e solo questo sembra avvolgere quell’angolo di mondo che veloce sta mutando per assumere un aspetto nuovo quanto agghiacciante. Le abitazioni del circondario sono in parte svanite. Quelle rimaste, a poco a poco si stanno dissolvendo anche loro nel nulla, diminuendo sempre più di numero. Al loro posto ecco mostrarsi un paesaggio brullo e cupo al cui interno si muovono ombre sinistre e silenziose. Figure inquietanti che crescono di numero fino a formare un cerchio grande e minaccioso che si stringe sempre più attorno alla giovane.
“Dio del cielo.” Le esce dalle labbra. Il cuore adesso è un tumulto. Lo sente battere anche alla tempia. Fuggire e solo questo le passa dalla mente, prima che il male possa raggiungerla.
Perché ha pensato a questo? Perché il male? I pensieri sono caotici. Impossibili da decifrare nel giusto modo. S’impone forza, veloce muove il passo correndo nella direzione di … non c’è nulla davanti a lei. Invece no. Qualcosa riesce a scorgerla. Una debole luce che cresce sempre più d’intensità. Il bagliore avvolge la costruzione che si erge al centro della strada che adesso ha perso la sua forma originale, trasformandosi in un percorso brullo e insidioso. Il buio le impedisce di scorgere con chiarezza ciò che si muove nei paraggi. Lamenti indistinti arrivano al suo orecchio. Subito il terrore s’impossessa di Marilyn. Fuggire e solo questo pensa. Inizia a correre nella sola direzione possibile, andando incontro alla luce che illumina il caseggiato in fondo al sentiero. “Ma che cosa è?” la giovane si chiede. Presto la risposta arriva al suo sguardo.
Una chiesa. Piccola, contenuta nella proporzione. Antica come mai prima di adesso ne aveva incontrato. Deve raggiungerla prima che le ombre inquietanti possono raggiungere lei. Adesso è a pochi passi dall’ingresso. Basta poco per oltrepassarlo, ma un ostacolo si frappone tra lei e la salvezza. Due cani, enormi, tozzi nella forma, dagli occhi di fuoco e le lunghe zanne che grondano una saliva viscida e appiccicosa. Ringhiano, lo sguardo è minaccioso. Di certo vogliono assalirla.
“Aah …” Marilyn grida fermando il passo. I due animali la fronteggiano. Marilyn gira sui tacchi ma dietro di lei il buio e le ombre che al suo interno si stanno muovendo, le hanno sbarrato la linea di fuga.
“È la fine.” La giovane donna si dice. Un ultimo respiro e si prepara all’assalto dalle due belve infermali. La voce che le arriva dall’angolo sinistro le infonde nuova energia.
“Da questa parte mamma.” Marilyn apre gli occhi, un fievole bagliore le illumina il percorso. Curioso, sembrerebbe che i cani dall’aspetto infernale non possono superarlo. Veloce Marilyn lo raggiunge per poi seguirlo fino all’interno della chiesa.
“Dio ti ringrazio.” Mormora poggiando la schiena contro l’uscio che ha richiuso alle sue spalle. Un profondo respiro e riapre gli occhi. La chiesa è … non è possibile. La parte interna non è come lei si sarebbe immaginato di trovare. Non certo una chiesa.
L’ambiente è in parte semisommerso dall’oscurità. Cupo e sinistro allo stesso tempo. Un lunghissimo corridoio che sembra non aver mai fine. Per quanto Marilyn aguzza la vista, la stessa non riesce a scoprire la parete in fondo a quel lunghissimo percorso. Confusa si guarda intorno ma non sa cogliere la spiegazione a tutto questo. Una esiste? Se c’è dov’è possibile trovarla? Lentamente si muove in avanti inoltrandosi in quel lunghissimo budello. L’aria e pesante, irrespirabile. Marilyn avanza e nella parete a fianco ecco mostrarsi una prima immagine. Non appartiene a una creatura mostruosa al pari di quelle incontrate fino a questo momento, no di certo. È una giovane donna, il cui volto esprime raccoglimento. A seguire eccone un altro, e poi ancora uno e così di seguito, visi di donne che si sommano a quelli di prima. Una galleria di volti che sembra infinita. Marilyn spinta da una forza incontrollabile, inizia a correre inoltrandosi sempre più nel lungo corridoio, nel frattempo nella parete a fianco i visi di donne, si susseguono senza sosta. E ancora … fino a quando una luce rischiara la parte finale del percorso.
Un’uscita si mostra allo sguardo della giovane donna. Col fiato grosso la raggiunge. “Dove porterà?” questo si chiede mentre timorosa ferma il passo. Respira dentro di se, poi rivolge lo sguardo sulla parete a fianco. La sorpresa le ruba il fiato. L’ultima immagine di donna raffigurata sulla parete è quella della giovane che ha più volte visto in sogno. Jennifer Parker.
Dio del cielo.” Le esce dalle labbra. Nel mentre si avvicina per meglio guardare. Nessun dubbio è proprio lei. E mentre la osserva, all’improvviso il viso si anima, subito le labbra articolano la voce:
“Yellow Springs. È la tua destinazione. Ricorda … Yellow Springs.”
“Questo non può essere vero.” Marilyn ribatte con tono calmo. Subito si trascina all’indietro allontanandosi dall’immagine che le ha appena parlato. La porta a fianco si presenta come la sola via uscita da quel mondo da incubo. Subito la raggiunge e la supera. Attimi di confusione. Marilyn corre fino a quando batte contro il tavolo.
“Mio Dio …” si desta. Si sforza di capire che cosa sia successo, soprattutto dove adesso si trova. Confusa e prostrata allo stesso tempo si guarda intorno, pochi attimi e riconosce l’ambiente domestico. È la cucina di casa, la stessa che forse non ha mai lasciato.
“Tutto questo non ha senso. Non sta succedendo per davvero, no, non può.”
Posato sopra il tavolo c’è il libro che prima le è stato consegnato. Divina Commedia. Inferno. Lo raggiunge e lo sfiora con le mani. Dopo si lascia cadere sopra la sedia accanto. lo sguardo della giovane è perso nel vuoto. La mente rasenta sul serio la follia. Forse pazza lo è per davvero, e lo sta scoprendo adesso. Che fare a questo punto? Mentre se lo chiede, afferra il libro e lo apre. Nella pagina interna è segnata una mappa che traccia un percorso da seguire, alla fine del tragitto c’è Yellow Springs.
Marilyn ha un sussulto. Non sa capire se questo momento faccia parte di un altro sogno, oppure è la realtà. Quale tra tutte? Chiederselo non ha senso. Forse non ne ha mai avuto.
Si libera del volume e prende un sorso d’acqua, mentre lo beve, torna a guardare la mappa segnata sulla pagina, e il pensiero si perde nel nulla.
Una settimana più tardi.
Non è stato facile raggiungere il posto che nessuno su questa terra ha mai conosciuto, perso in cima a un pendio circondato da una fitta boscaglia. Racchiuso in un ambiente cupo e allucinante. Rischiarato da una pallida luce che solo a tratti supera la fitta coltre di nubi nere e compatte che lo sovrastano.
Marilyn ha fermato l’auto accanto alla casa che si erge sulla cima del pendio. La conosce, l’ha già vista. È l’abitazione di Jennifer Parker, dove si era avventurata all’inizio di questa vicenda. Raggiunge l’ingresso e lo supera. Dal lato opposto l’ambiente è avvolto dalla penombra. Sinistro e solitario. Jennifer vince l’esitazione e procede all’interno fino a raggiungere una grande stanza vuota. Sente che qualcosa sta per succedere, ma non sa capire di che cosa potrebbe trattarsi. Contrariamente a prima, non avverte timore alcuno. È come se quel posto così diverso e fuori dal mondo lei lo avesse conosciuto da sempre. Eppure non è mai stata qui prima di adesso. C’è qualcosa attaccato alla parete dirimpettaia. Strano davvero. Si mostra come una grande lapide di marmo scuro, con una scritta scolpita sopra. Jennifer si avvicina e la legge.
“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore; fecimi la divina potestate, la somma sapienza e’l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create, se non etterne e io etterno duro. Lasciate ogni speranza voi ch’entrate.”
“Non è possibile.” Jennifer si dice.
“Lo è invece.” La voce che si è sentita alle sue spalle la spinge a voltarsi. La giovane posa gli occhi sulla figura appena comparsa. Una donna in abito da suora. Il viso è pallido e dal colore cadaverico, gli occhi … Dio del cielo, non ci sono. Al posto delle pupille due globi bianchi e spettrali.
“Tu chi sei?” Marilyn chiede trascinandosi all’indietro.
“Cerca dentro di te la risposta, e la troverai.” Attimi di vuoto poi …
Jennifer … tu sei Jennifer Parker.” .
“Un tempo lo sono stata. Poi ho smesso di esserlo.”
“Che posto è questo? Perché mi trovo qua?”
“La scritta che hai appena letto, che cosa ti suggerisce?”
“Il libro … quello che mi sono ritrovata tra mani è … Dio del cielo questa è forse …“
“La porta dell’inferno. Una delle tante che esistono sulla terra. Qua arrivano le amine dei defunti destinati alla dannazione eterna.”
“Tutto questo non può essere vero. Io sto sognando.”
“Sì, lo hai fatto. Prima ma non adesso. Il mio tempo è finito. A partire da questo momento, inizia il tuo.”
“Non capisco, che cosa intendi dire?”
“Da quel varco i dannati entrano. Ma non devono più uscire, altrimenti si muoverebbero in piena libertà nel mondo dei viventi. A impedirlo è il custode.”
“Hai detto il custode …?”
“In lui splende la luce dell’Onnipotente. La sua forza. Il suo castigo. Un ostacolo che il maligno non potrà mai superare.”
“Tu sei il custode?”
“Ogni trenta anni, una giovane sostituisce quella di prima.”
“Stai dicendo che io …”
“Adesso è il tuo turno Marilyn. Il mio tempo è finito.”
“I tuoi occhi …”
“Per assolvere un tale compito, gli occhi non servono. Meglio se non vedi ciò che ti passera accanto.”
“Tutto quello che ho visto … il sogno … le visioni …”
“Non è accaduto realmente. In realtà non hai mai lasciato casa. Tutto ciò che hai creduto di vedere, lo hai vissuto solo nella tua mente. Il male ha cercato d’impedire che il designato arrivasse a Yellow Springs. Anche stavolta ha però fallito.”
“Stai dicendo che anche tu …”
“A suo tempo ho attraversato la tua stessa esperienza. Le presenze oscure; i demoni; l’orologio fermo alle tre.”
“Perché le tre di notte?”
“È la contrapposizione della Santissima Trinità. Tre e soltanto tre. Il padre; il figlio e lo spirito santo. Il maligno vi contrappone la sua forza malvagia.”
“Il bimbo che ho visto … era per davvero il figlio che non ho mai avuto?”
“Uno spirito guida comparso al momento opportuno.”
“Capisco … che cosa succederà adesso?”
“Ciò che è stato scritto. La volontà di Dio e solo quella Marilyn.”
Il silenzio avvolge la stanza Marilyn china il capo e si prepara alla nuova incombenza cui è stata designata. Sa bene che non può sottrarsi all’impegno, così è stato deciso da colui che tutto puote e nulla devi dimandare.

Anno Domini 2049. Gloria Ravel si è risvegliata di soprassalto. Sudata è scesa dal letto. L’incubo appena finito le ha procurato un’evidente apprensione. Paura anche questa certo. Il bicchiere d’acqua la aiuta ma solo in parte. Strano sogno davvero. Curioso soprattutto. Chi è la Marilyn Delroy che ha visto mentre dormiva? Di certo un’immagine scaturita dal nulla, e nel nulla è destinata a perdersi.
Questa però è un’altra storia.

Fine

Racconto e immagini di Ottavio Nicastro.

Vi lasciamo i link diretti per l’acquisto dei romanzi scritti dall’autore:

La battaglia di Anghiari

Il Ghaladon

 

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