Il mago di Oz di L.Frank Baum

Trama

Dorothy vive in Kansas con gli zii e un cane. Quando un giorno, un ciclone solleva la sua casa, la bambina e il cane, ancora all’interno, vengono trasportati in volo fino alla Terra Blu dei Munchkin. È l’inizio di una magica avventura in compagnia di uno spaventapasseri, un leone e un omino di latta. I Classici tascabili: una nuova collana che propone ai ragazzi i romanzi più amati e famosi di tutti i tempi insieme a perle da riscoprire. La grafica di copertina, affidata alle mani di Edwin Rhemrev, giovane illustratore olandese, avvicina le giovanissime generazioni a libri intramontabili, troppo spesso ritenuti lontani dall’immaginario con

temporaneo.

 

Sin dalla sua pubblicazione nel 1900 Il mago di Oz di Lyman Frank Baum ha avuto un immenso successo, garantendo al suo autore la sicurezza economica da tanti anni inseguita e gettando le basi per un musical di successo, tre film (tra i quali memorabile quello del 1939 con Judy Garland) e una quantità imprecisata di pièce teatrali. Uno stile frizzante, surreale, carico di uno humour spietato che coglie il meglio dell’infanzia, senza le pesantezze gotiche della fiaba classica, e una serie di personaggi davvero indimenticabili. L’Uomo di latta in cerca di un cuore, lo Spaventapasseri in cerca di un cervello e il Leone in cerca di coraggio costituiscono una squadra di ‘spalle’ tanto azzeccate da accompagnare la protagonista Dorothy per tutto il fantastico viaggio. 

Non è da trascurare  neanche la forte coloritura sociale che si legge soprattutto nei primissimi capitoli del romanzo, nei quali si accenna con poche ma efficaci parole alla povertà dei contadini di un Kansas fatto di erba grigia, di terra spaccata dal sole e di distese a perdita d’occhio percorse da devastanti uragani. Al al di là delle svariate e possibili interpretazioni, ciò che rimane centrale è il viaggio compiuto da Dorothy. Un viaggio che mostra la strada verso la scoperta della propria identità e mette a nudo l’inadeguatezza degli adulti nell’aiutare i piccoli a diventare grandi costringendoli a prendere coscienza della debolezza dei grandi e a prendere in mano il proprio destino: si cresce facendo esperienza.

Dorothy rappresenta il bisogno di fuga proprio di ogni uomo. La vicenda di Dorothy spinge ognuno di noi a cercare un proprio spazio nel mondo, a trovare le forze per farlo proprio dentro noi stessi (le scarpette d’argento sono gli strumenti che Dorothy ha sempre posseduto, necessari per tornare a casa). Ci dice che c’è un diverso ordine dell’esistenza, che si può varcare il grigiore del proprio orizzonte vitale.

Dorothy, con la sua genuinità e semplicità, racconta anche l’irresistibile ascesa del potere femminile e aiuta a smascherare l’illusorietà del potere maschile. Dorothy afferma i colori positivi della vita contrapponendoli al linguaggio della violenza e della morte. Il viaggio di Dorothy si chiude con un atto di obbedienza agli ordini della fata Glinda, il definitivo ritorno all’ordine e all’accettazione dell’esistente. Dorothy indossa le scarpette per tornare a casa e pronuncia la fatidica frase:“sono così felice di essere di nuovo a casa”. Ma non lasciamoci ingannare, non è questo il lieto fine del racconto. Quando Dorothy ritorna nel Kansas, sorride alla zia Em e allo zio Henry ed è felice. Quel mondo però è privo di colori, è chiuso e soffocante. Lo ama certo, ma sa che esiste dell’altro. Non può più mettere fissa dimora lì. La sua vera casa è altrove. Oz tutto sommato non è lontano e si può anche decidere di prendere una doppia cittadinanza continuando a viaggiare per tutta la vita, nel senso di cambiare, crescere. Non c’è bisogno di bagaglio, basta tenere sempre le scarpette d’argento a portata di mano.

Recensione a cura di Cristina Costa

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