IL “NUOVO MEDIOEVO”: RIVALUTAZIONE O REVISIONISMO STORICO?

A cura di Luca Varinelli

Per introdurre questo articolo mi sono permesso di riprendere un’espressione dello storico Franco Cardini, il quale parafrasava Marx dicendo “uno spettro si aggira per la Storia, lo spettro del Medioevo”. Il Medioevo evoca ancora nella mente di molti l’incubo di una società arretrata, fanatica, oscurantista, l’epoca più buia di tutta la storia dell’uomo.  

Negli ultimi decenni gli storici hanno operato un’intensa rivalutazione del Medioevo, sfatando i numerosi miti sviluppatasi per varie ragioni nel corso dei secoli. In questo articolo ci permetteremo di fare dei brevi cenni ad alcuni di questi luoghi comuni, cercando di comprendere un po’ di più quel lungo arco di tempo che tradizionalmente chiamiamo “età di mezzo”. Questa rivalutazione, possiamo dire sin da subito, non è stata spesso accolta positivamente da chi è abituato ad una certa idea del Medioevo: per questo ho deciso di ampliare la portata di questo articolo, cercando di spiegare perché tale disappunto possa essere considerato insensato. 

Ci confronteremo con un Medioevo del tutto nuovo per alcuni, in cui le crociate rispecchiavano un’esigenza politica e militare oltre che un sentimento religioso, in cui l’inquisizione era meno terribile di come la si è dipinta di solito, e in cui l’oscurantismo non era certamente di casa.   

INTRODUZIONE: REVISIONISMO STORICO E RIVALUTAZONE STORICA

La rivalutazione del Medioevo cui abbiamo accennato non cessa di attirare accuse di “revisionismo storico”: vedremo innanzitutto come tali accuse appaiano del tutto prive di fondamento. 

Dovremo, prima di ogni altra cosa porci la seguente domanda: che cos’è il revisionismo storico? 

Possiamo definire revisionista l’atteggiamento di chi si contrappone ad una nozione scientifica o ad una posizione accademica ormai talmente ben consolidata da essere considerata verità universale. Negare l‘Olocausto o affermare che la Terra è piatta possono rappresentare validi esempi di revisionismo. Ma perché vi sia revisionismo non basta, si badi bene, una qualsiasi contrarietà ad una tesi assai accreditata; quest’ultima deve invece essere una tesi talmente seguita dagli esperti nel campo, oltre che corroborata da prove, da far dubitare che chi sostiene il contrario abbia effettivamente ragione. Capita molto spesso nel mondo dei dibattiti accademici di incontrare esperti che sostengono una tesi minoritaria: non per questo possono essere tacciati di revisionismo. Volendo abbozzare un esempio di carattere scientifico, possiamo prendere la teoria del Big Bang: essa non è l’unica teoria sulla formazione dell’universo; esistono almeno altre due teorie che pretendono di fornire una spiegazione del fenomeno; quella del Big Bang è solo la teoria più seguita e, ancora oggi, nessuno è in grado di stabilire se sia del tutto esatta. 

Una recente tesi di carattere storico è quella, avanzata da alcuni accademici, secondo cui Marco Polo non sarebbe mai giunto in Cina: la tesi in questione può essere ritenuta minoritaria, non revisionista.  

Si consideri poi che l’idea che il Medioevo non fosse quell’epoca buia che si è raccontato per secoli, e che molti dei luoghi comuni sulle crociate, sull’inquisizione e su tanti altri temi attinenti al medioevo non siano altro che fantasie può essere di buon grado inclusa nell’alveo delle teorie maggioritarie che ormai hanno acquisito quella valenza granitica di cui si è detto sopra. Dunque potrà oggi definirsi revisionista chi sostiene che nel medioevo fossero tutti terrapiattisti ante litteram o che l‘inquisizione abbia fatto milioni di vittime, e non chi sostiene il contrario.   

L’”ETÀ BUIA”

Lo stesso nome “Medioevo” è nato con uso spregiativo: suona un po’ buffo pensare che furono degli uomini del trecento, dei “medievali”, ad inventare un termine per indicare i tempi venuti prima di loro che li separavano dalla gloriosa e alquanto idealizzata età classica. 

Gli illuministi ripresero pari pari questo concetto, criticando quei “medievali” rozzi e ignoranti, impregnati di superstizioni, che non conoscevano il lume della ragione.  

La “ragione” in realtà è una costante negli scritti degli intellettuali medievali; costoro infatti riconoscevano due ordini di verità: una verità rivelata dalle Sacre Scritture e una verità accessibile tramite il ragionamento, e le due cose non erano in contrasto. 

Si può dire che nella mente degli illuministi l’antica Roma rappresentasse una sorta di ”età dell’oro”, in cui la cultura era diffusa  e le superstizioni, emblema invece del medioevo, non erano di casa. Chiaro che risulta facile smontare l’ennesimo stereotipo: basta chiedersi quanti nella Roma dei Cesari sapessero effettivamente leggere e scrivere, e quanti di questi possedessero una cultura supplementare rispetto a tali conoscenze oggi considerate “di base”. Il mondo classico invero è ricco di superstizioni: le disgrazie venivano spesso attribuite all’ira degli dèi, che occorreva placare osservando le tradizioni e compiendo sacrifici. La stessa figura della strega, essere malvagio che opera delitti e porta disgrazie, non è stata inventata nel Medioevo: era già presente nel mondo antico ben prima della fondazione di Roma, e continuò ad essere presente nel mondo romano mantenendo tutte le sue connotazioni negative.

In un mio precedente articolo dedicato alla fine del paganesimo antico, ho dedicato un paragrafo ai rapporti tra cultura classica e cultura medievale: ho sottolineato come questi due aspetti non siano affatto in conflitto. La cultura nel medioevo affonda le proprie radici nella cultura classica: gli intellettuali medievali, spesso monaci o religiosi, leggevano Platone e Aristotele. Le opere letterarie e filosofiche dell’antichità venivano ricopiate più e più volte da stuoli di monaci, che le salvarono così dall’inevitabile distruzione: nelle biblioteche monastiche possiamo dunque trovare, oltre alle opere di Platone e Aristotele, copie dei poemi omerici, o dei testi dei poeti romani, o trattati di medicina antica.   

L’apparente contrasto tra Medioevo ed età antica non è però limitato al solo aspetto culturale: il Medioevo sarebbe stata, secondo questo punto di vista un’epoca di guerre, di sopraffazioni, di diseguaglianza sociale. Eppure scordiamo che le guerre di espansione, lo schiavismo, le esecuzioni di massa, lo sfruttamento delle classi disagiate, la netta distinzione tra uomo e donna, spesso sfociante in una spudorata misoginia, sono tutti aspetti che caratterizzano l’epoca dell’antica Roma, o più in generale l’età antica. Come dimenticare che già nella democratica Atene erano ricorrenti usi e abitudini che noi oggi non potremmo che condannare, come il già citato schiavismo, il sacrificio di animali alle divinità, la pederastia. Interessante notare che proprio i “medievali”, al pari di noi “moderni”, condannavano tali pratiche.        

IL PUNTO SULLE CROCIATE

Giunti a questo punto possiamo esplicitare un concetto che il lettore attento avrà già afferrato da sé: ossia che una concezione storica non è mai qualcosa di fisso ed immutabile, ma è destinata a evolversi e a mutare. Rifiutare questo concetto significherebbe considerare dogmaticamente vere delle assurdità: per mero esempio, ci si può domandare a quanti verrebbe in mente di studiare la storia sulle opere di Erodoto. Per lo stesso motivo nessuno storico odierno ritiene più che l’inquisizione abbia fatto milioni di morti, o che le crociate siano state spedizioni militari mosse solo da un interesse economico. 

Riguardo all’ultima delle argomentazioni citate viene spesso tirata in ballo l’opinione dello storico Edward Gibbon. Costui fu contemporaneo di Voltaire, e scrisse in un clima fortemente condizionato da idee anticlericali. Fu proprio in questo contesto che si si accolse e si rafforzò l’idea di un medioevo buio e oscurantista.

Entrando nel merito della questione, possiamo gettare uno sguardo su alcuni degli aspetti salienti della storia delle crociate, o almeno del suo inizio: nel VII secolo la Terra Santa, territorio dell’Impero Romano d’Oriente, viene conquistata dagli Arabi; per più di tre secoli nessun papa o regnante europeo teorizzò la necessità di un intervento armato in quelle zone, men che meno una “guerra santa”. Le conquiste arabe si spinsero ben oltre i territori del Medio Oriente: i tre continenti allora conosciuti soffrirono le invasioni saracene. Nonostante questi violenti scontri tra civiltà, vi furono anche contatti commerciali e diplomatici tra gli Arabi e i sovrani occidentali. Da aggiungere anche che per tutti quei secoli ai pellegrini cristiani fu concesso di recarsi in pellegrinaggio in Terra santa. 

Il mutamento si ebbe con l’entrata in scena dei Turchi Selgiucidi: popolo da poco convertito all’islam, essi perseguitavano i pellegrini in Terra Santa e minacciavano di penetrare in Europa. 

Questa dunque fu, obiettivamente, l’origine di quelle imprese belliche che noi chiamiamo crociate. 

Da aggiungere anche che per i regnanti dell’epoca, il gioco non valeva la candela: intraprendere una spedizione ad oriente contro i Turchi comportava un investimento poderoso ed estremamente rischioso, senza alcuna garanzia di profitto. Si può dunque capire che i grandi signori che presero parte alla prima crociata, ancorché figli cadetti, avrebbero avuto miglior gioco a rimanere nella propria terra, ove erano trattati con tutti gli onori riservati al loro rango, piuttosto che tentare la sorte avversa contro i Turchi o contro gli Arabi.  

Si può anche affermare che, soprattutto nelle spedizioni militari successive, rilevassero interessi economici o ambizioni politiche, tuttavia il fattore della guerra contro la minaccia dell’Islam rimase costantemente in primo piano. 

INQUISIZIONE E TRIBUNALI SECOLARI

Se il tema delle crociate ancora oggi formano un po’ l’avanguardia di chi sostiene l’idea dei “secoli bui”, possiamo dire che il nerbo è costituito da altri argomenti, il principale dei quali la Santa Inquisizione.

A giocare un ruolo di primo piano nella creazione di un alone di terrore puro intorno all’istituzione in oggetto fu, prima ancora degli illuministi, la propaganda protestante del ‘500. Curioso che un alto numero di roghi di streghe e di uomini considerati non conformi all’ortodossia siano stati eretti proprio in territorio protestante. 

Gli illuministi ancora una volta non fecero altro che rievocare un mito già affermato: quello di un’Inquisizione capace di sottoporre a tortura e di mettere a morte moltitudini di uomini, donne e bambini sulla base di un semplice sospetto. Il riflesso di tale immagine può essere colto nei numerosi musei della tortura sparsi un po’ in tutta Europa, i quali espongono strumenti da incubo di ogni sorta: sedie e bare dotate di punte, pinze che strappano gli arti… Tutti questi strumenti sono oggi ritenuti dei falsi creati nell’Sette/Ottocento per alimentare il collezionismo morboso di chi desiderava esporre in casa propria un pezzo dei “secoli bui”. 

Che cosa fu allora l’Inquisizione? Senza dubbio il tribunale noto come l’inquisizione fu un tribunale severo e secondo gli standard odierni non può che apparire crudele, tuttavia non si possono trascurare i dati storici effettivi, soprattutto se raffrontati ad altre realtà coeve. Non vi è infatti da dimenticare che la tortura era considerata sin dall’antichità una pratica lecita e che ancora in epoca moderna era prassi consolidata nei tribunali secolari ottenere la confessione tramite tortura. L’Inquisizione invece fece un uso assai moderato della tortura: il supplizio era soprattutto riservato a quegli imputati o a quei testimoni che, per sospetto fondato, erano ritenuti menzogneri. In molti processi famosi sia del Medioevo (es: Giovanna d’Arco) che dell’età moderna (es: Giordano Bruno, Galileo) notiamo che la tortura fu del tutto assente: in quei casi fu concesso all’inquisito di difendersi portando argomentazioni a proprio favore.    

L’Inquisizione nasce sulla fine del secolo XII, in un periodo in cui il mondo occidentale, profondamente cristiano subisce una spaccatura: numerosi movimenti eretici rimettono in discussione non solo le autorità religiose, ma anche le autorità politiche, insieme ai valori fondanti della società feudale (il matrimonio, il giuramento, la proprietà privata…). Spesso questi gruppi non erano soltanto votati ad una libera e pacifica contestazione sociale, ma si rendevano protagonisti di saccheggi ai danni dei villaggi o di incendi ai luoghi di culto, tanto da essere spesso condannati dal potere politico, prima ancora che dall’autorità religiosa.

L’archetipo dell’inquisitore nell’immaginario popolare corrisponde alla figura del frate ignorante e fanatico che senza troppe formalità e mosso solo dalla frenesia di ardere qualcuno sul rogo, instaura un processo, tortura l’imputato estorcendone una confessione, e dopo pochi giorni procede a far eseguire la sentenza. Per dare un esempio si può indicare al Bernardo Gui de “Il Nome della Rosa”, celebre romanzo di Umberto Eco da cui sono stati tratti un film e una serie TV. 

I processi per inquisizione, presieduti da magistrati estremamente colti, erano di solito molto lunghi e si svolgevano secondo una normativa rigorosa e molto articolata: anche per l’uso della tortura erano previste delle regole severe, che disciplinavano modalità e tempi del supplizio e indicavano quali soggetti non potevano essere torturati. Dette garanzie erano sovente assenti nei tribunali secolari. Da considerare anche che, mentre in questi ultimi lo scopo era di giungere quantomeno ad una confessione (anche estorta con la tortura) per poter condannare l’imputato, la finalità dell’Inquisizione era precisamente l’opposta: l’inquisito che confessava era tenuto indenne da qualsiasi tipo di condanne e penitenze corporali; ad egli venivano comminate penitenze di carattere spirituale. Non è inoltre da trascurare il numero delle assoluzioni che, per numero, potevano addirittura essere superiori al numero delle condanne. Il vero Bernardo Gui, cui Eco ispirò il personaggio del proprio romanzo, celebrò nella sua lunga carriera di inquisitore oltre novecento processi, e di questi solo una quarantina culminarono con la condanna alla pena capitale.       

OSCURANTISMO E SAPERE MEDIEVALE

Il già citato Gibbon descrisse il Medioevo come “l’epoca del trionfo della barbarie e della religione cristiana”; non meno severo fu il giudizio del contemporaneo Voltaire che lo descrisse come l’epoca in cui “la barbarie, la superstizione e l’ignoranza ricoprirono il volto della Terra”. 

Come abbiamo avuto modo di accennare nei primi paragrafi precedenti non vi fu quel reale contrasto tra epoca antica ed età di mezzo. Se ci prendiamo la briga di esaminare l’antica Roma, o il mondo antico in genere, anche da un punto di vista folkloristico, ci rendiamo conto di quanto tale mondo fosse ricco di superstizioni: era largamente diffusa la pratica di tenere con sé amuleti e talismani, e le catastrofi e gli eventi nefasti venivano spesso attribuiti a cause sovrannaturali. Per fare un esempio ci spostiamo nella Grecia del V secolo a.C., dove l’eminente filosofo Socrate fu messo a morte dai propri concittadini con l’accusa di insegnare l’ateismo, e di attirare così l’ira divina sulla città di Atene. Ancora nella Roma dei Cesari questo modo di pensare non si è perso: i cristiani dei primi secoli venivano accusati di tradire il mos maiorum, le antiche abitudini; per quel motivo, si diceva, gli dèi erano adirati scatenavano epidemie. Ribadiamo poi la costante presenza, nel folklore antico, della figura della strega, come autrice di efferatezze e portatrice di mali di ogni sorta. 

Con la disgregazione dell’autorità imperiale ad occidente rimane un’unica istituzione solida: la Chiesa. Per lungo tempo, fino al Basso Medioevo l’élite culturale è rappresentata da ecclesiastici, i quali preservano il sapere antico. Alcune conoscenze tecniche, come la costruzione degli acquedotti, si perderanno a causa della disgregazione del modello amministrativo romano, ma in buona parte la sapienza degli antichi viene conservata anche grazie alla poderosa opera di ricopiatura dei testi messa in atto dai monaci.  

Già a partire dal periodo Altomedievale si ha inoltre la percezione di un cambiamento: nascono e si diffondono delle scuole che più tardi diventeranno le Università. Nel XIII secolo ci troviamo di fronte ad una società medievale radicalmente cambiata anche sotto il profilo culturale: un numero più ampio di persone,  anche laici delle classi più abbienti, hanno accesso alla cultura. 

A livello tecnologico il Medioevo non ha nulla da invidiare ad altre epoche; può anzi essere definita una “fucina di invenzioni”: nascono oggetti che ancora oggi sono di uso quotidiano, come gli occhiali e i bottoni. Ma il numero di invenzioni non si esaurisce a piccoli arnesi: nascono anche nuovi strumenti e tecniche agricole, atti a facilitare il lavoro nei campi; i mari vengono solcati da nuovi tipi di imbarcazioni , assai più grandi di quelle in uso in epoca romana, ed in grado grazie alle loro vele di imbrigliare il vento, rendendo quindi praticamente superfluo lo sforzo dei rematori.         

Il Basso Medioevo è anche il periodo in cui si sviluppano le corporazioni commerciali, le banche, le assicurazioni e le cambiali. 

La Chiesa, che per tutta l’epoca medievale rimane l’istituzione più diffusa in occidente non disincentivò affatto i processi di trasformazione sociale ed evoluzione tecnologica, ma fu anzi promotrice degli stessi: essa finanziò artisti, dotti e ricercatori. La Scienza per gli uomini del Medioevo non era infatti in contrasto con le Sacre Scritture; al contrario, lo studio della natura non era altro che lo studio del piano con cui il Creatore ha organizzato l’universo. 

Anche in quest’ultimo paragrafo ci siamo accorti di come l’epoca medievale è stata per secoli fortemente sottovalutata: non si può quindi fare altro che auspicare che il processo di rivalutazione storica continui, affinché si possano mettere in luce gli aspetti di quest’epoca che ad oggi rimangono ancora poco chiari.      

ALCUNI SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Il Medioevo sul naso, occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, di Chiara Frugoni;

Gli eserciti di Dio, le vere ragioni delle crociate, Rodney Stark; 

Inquisitori e Inquisizione nel Medioevo, Grado Giovanni Merlo;

Medioevo, un secolare pregiudizio, di Regine Pernoud.

VIDEO CONSIGLIATI 

Le ragioni del torto: il barbaro e il moderno, conferenza, relatore prof. Alessandro Barbero;

Il mito dell’inquisizione spagnola, documentario BBC;
Altro che secoli bui: vi racconto il medioevo, intervista a Chiara Frugoni a “La7 attualità”.

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