“IL SIGILLO DE LO MESSER SANTO MARCO” DI FABIO MAIANO

Venezia, 1595. Il secolo più splendido e più truce è al tramonto. E’ un’epoca di grandi cambiamenti, di lotte tra un passato feroce ma sicuro e un futuro ottimistico ma sanguinario. Sopravvivere significa dover cambiare, ma quale sarà il prezzo? E chi dovrà orchestrare i mutamenti senza doverli subire?

RECENSIONE a cura di Claudia Renzi

Un romanzo corposo, questo di Maiano ancora dedicato alle avventure del nobile veneziano Fabio Falier che, stabilitosi nel Nuovo Mondo, viene inaspettatamente richiamato a Venezia per sbrogliare, se possibile, la matassa di un’intricatissima missione segreta: sembra che il governo della sua natia città voglia procrastinare il processo a Giordano Bruno, estradato a Roma proprio in seguito alla vigliacca denuncia di un veneziano. Ma cosa c’è davvero dietro a questa insolita richiesta? Sorge presto il dubbio che si tratti solo di una copertura per distrarre i nemici della Serenissima da questioni ben più importanti: il precedente creato dalla denuncia di Giovanni Francesco Mocenigo, infatti, rischia di veder Venezia dover subire altre richieste da parte di Roma in futuro, tuttavia è chiaro che la città ribelle non accetterà mai imposizioni da nessun’altra potenza, fosse pure quella temporale del Papa.

Siamo sul finire del XVI secolo e Venezia resta l’indomita, l’indipendente, la potenza economica, crocevia dei traffici commerciali d’Europa, ponte tra Occidente e Oriente, che suscita ammirazione e invidia in tutti gli altri regni. Difficilmente uno scrittore fallisce se sceglie di ambientare un suo romanzo, storico o meno, nell’incantevole Venezia, e l’aver allestito un’intera saga in cotanto sfondo è uno degli aspetti vincenti della scrittura di Maiano. Gli altri sono una conoscenza approfondita della Venezia del tempo, grazie anche ad uno studio che si intuisce profondo e prolungato. Il risultato è una ricostruzione storica minuziosa e convincente; a tratti prevale tuttavia lo storico, con il rischio di sfociare nel nozionismo, e un pur sapiente dosaggio delle note non riesce sempre a scampare il pericolo.

Fabio Falier è l’uomo che può e deve portare a compimento la missione, anzi le missioni – quella di facciata e altre occulte – ma non sembra averne molta voglia, tanto che due misteriosi inglesi si fanno carico di precettare Falier e sua moglie Francesca fin nella lontana Virginia, e la scaltra veneziana non è tanto più entusiasta del marito: 

Se i tre uomini erano impacciati a schivare argomenti seri 

lei aveva un altro cruccio: un particolare l’aveva colpita

e lo sguardo era diventato per un attimo quello di

un impenitente baro al quale viene mostrato un mazzo

di carte. C’era una cosa che non tornava.

Ma Falier, formalmente, era ancora al servizio di Sir Walter Raleigh e, quindi, della Corona: non era possibile rifiutare. 

Una volta di nuovo a Venezia e di nuovo nel Consiglio dei Dieci, è il Doge in persona a scomodarsi per ricordargli la questione di Bruno, che tutti sapevano già perduto, tuttavia i dubbi permangono: 

“Fingere di lavorare in difesa di un morto che cammina per salvare la pelle a due uomini eminenti? E chi sarebbero, se è lecito chiedere?”

“Fra’ Paolo Sarpi, che conoscete, è uno dei due. L’altro, assai eminente persona, è docente di matematica allo Studium. Non credo lo conosciate, visto che è arrivato a Padova nel ’92. È un pisano, Galileo Galilei fu Vincenzo.

In seguito, a colloquio con il Doge Grimani, Falier nota per la prima volta un dettaglio strabiliante nell’opera di Veronese in Palazzo Ducale che fa, simpaticamente, da copertina al volume di Maiano: 

Grimani aveva guardato in alto, verso il dipinto sopra la tribuna. 

Era uno dei capolavori di Paolo Caliari detto Veronese. Fabio lo conosceva, 

quel dipinto: raffigurava Venezia in trono, la Giustizia, armata di spada e

di bilancia e la Pace porgente un ramo di ulivo

Ed ecco poi comparire un misterioso scrigno e alcune chiavi da consegnare che, come in qualsiasi mistero che si rispetti, contribuiscono a rendere più fitta la vicenda. Non mancano a seguire intrighi, sotterfugi e bocche cucite e una vecchia conoscenza inglese, l’amico detto Sgorlapai, un po’ spia un po’ drammaturgo, li raggiunge nella Serenissima dove, tra un agguato e l’altro, assiste al processo del Portoghese: a denunciare il mercante è Giovan Francesco Mocenigo, lo stesso che aveva denunciato Giordano Bruno per non avergli voluto insegnare i segreti della mnemotecnica che così bene padroneggiava: a questa smania inquisitoria pone fine lo stesso Falier, assumendo la difesa dell’accusato. 

Sgorlapai intanto prende nota, non sia mai che alcune arringhe e sillogismi dell’improvvisato avvocato gli possano tornare utili per una commedia che gli frulla per la testa, e la bella Francesca, presente accanto a lui in abiti maschili, non possa ispirarlo per la sua Porzia…

Rimane Giordano Bruno, per cui invece i domini canes 

saranno molto volenterosi nello scaldargli i piedi.

C’è, infine, da consegnare un messaggio anche a Rodolfo II, tanto appassionato di alchimia e stranezze da essere tacciato perfino di follia: sia Dee che Kelley avevano avuto modo di sperimentare cosa significava deludere l’Imperatore. 

A Praga vi è la risposta, ne sono certo, 

ed è risposta di sicuro sconvolgente.

Da Venezia a Praga, passando per Londra e Roanoke, l’avventura sotto l’egida de lo Messer Santo Marco è servita e, forse, continua.

  • ASIN ‏ : ‎ B09B4FKYP8
  • Editore ‏ : ‎ Fabio Maiano (21 luglio 2021)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 510 pagine
  • Link d’acquisto
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