Ilio 1184 a.C. La fine del mondo. La guerra che Omero non ha potuto raccontare di Matteo Palli

Isola di Salamina. Due bambini giocano su una spiaggia assolata. Ridono, Aiace e Teucro, ignari del futuro che il padre, re Telamone, ha in serbo per loro. Presto saranno separati per essere addestrati, finché il Fato, molto tempo dopo, non deciderà di riunirli per la più grande e la più crudele delle imprese. Nella piana di Troia si compirà il destino dei due fratelli, insieme a quello dei personaggi resi immortali dai versi di Omero. Molti degli uomini che per anni combatteranno sulla piana di fronte alla città, non vedranno la fine della guerra. Qualcuno dei sopravvissuti si sentirà un vincitore. Nessuno un uomo migliore…

 

 

Copertina flessibile: 576 pagine
Editore: Silele (1 maggio 2019)
Collana: Adventure
Lingua: Italiano
ISBN-10: 883348047X
ISBN-13: 978-8833480473

Recensione a cura di Sara Valentino

“Ricordatelo giovani principi. Oggi e soprattutto domani, quando sarete re. Il vero altruismo è quello che si manifesta a chi non conosci e non ha niente da darti in cambio. Essere al servizio di chi può pagare o di un uomo potente che può ricambiare in qualsiasi altro modo, non è generosità, è servilismo”

L’inizio di questo libro vale tutto quanto il romanzo. Aiace e Achille, due principi irrequieti che vengono inviati da Chirone per essere istruiti sulle arti della guerra, ma non solo. Lezioni di vita, di virtù impareranno e il valore dell’amicizia. Ho assaporato tutti i passaggi di questa parte fino a quando per loro, e loro malgrado, con mestizia e un pizzico di sana vendetta, dovranno tornare a casa.

“Quale sollievo porta la vendetta? E soprattutto chi la compie lo fa per donar pace allo spirito del caduto o per alleviare le proprie pene?” Come lo stesso Chirone gli aveva insegnato, la vendetta alimenta una spirale di dolore e dimostra la debolezza dell’uomo.

Altro tema che è davvero celebrato in tutta la sua potenza e importanza è quello dell’amicizia.

“L’amicizia nasce sempre per caso. E’ qualcosa che non può essere forzata, che non arriva mai a comando, ma lega esseri umani fra di loro molto più di un giuramento pronunciato davanti agli immortali. Secondo le antiche leggi quando salvi la vita di un uomo questa ti appartiene per sempre, si mischia con la tua. E le vite di chi ha salvato e di colui che è stato salvato, nel futuro non potranno che scorrere insieme, come un unico fiume rifornito da due affluenti. … Saranno amici per sempre. Fino alla fine…” Questo passaggio è così forte da farci attraversare le epoche, dal lontano 1184 a.c. sino al giorno d’oggi e fare una similitudine tra la guerra di Troia e le guerre che ogni giorno ci troviamo a combattere. A volte è così difficile lasciare andare, sentimenti fortissimi, ma è anche vero che l’amicizia non può e non deve essere una forzatura.

Matteo Palli inscena nel suo romanzo, corposo e denso di avvenimenti, la guerra di Troia, leggendario e terribile conflitto narrato nei poemi epici, che attraversò dieci lunghi anni, anni che videro i campi di battaglia bagnarsi del sangue dei guerrieri. L’autore ci racconta proprio questa guerra, una cronistoria narrata sin nel minimo particolare, vivendo ogni singola lotta, colpo. Probabilmente più “maschile” come lettura, oserei dire, o comunque consigliata a chi ha predilezione per i particolari sia nell’abbigliamento che nelle armi e soprattutto nelle scene di guerra.

La narrazione ha dei tratti che ho trovato poetici, raggiungono punte altissime dell’animo umano, quasi dipinti.

“Un lieve fruscio portato dal vento e cullato dalle onde. Passa di barca in barca, di porto in porto e può essere udito soltanto da chi ha il cuore e le orecchie pronte a coglierlo. Di notte soprattutto, quando le stelle brillano nel firmamento e l’uomo alza gli occhi e ringrazia gli dei per il giorno trascorso”  L’autore ci permette di vivere il sussurro del mare come lo vissero i guerrieri dalle barche tremila anni fa. Uomini che osservando il cielo e il mare vi si affidano come al Fato. Viene definito, il mare, dono degli dei ai mortali confusi perchè possano comprendere e salvarsi.

Una madre, quella di Achille, come ogni madre, cerca di convincerlo a non partire, che la vita ha sempre un’altra possibilità, che sono gli uomini a volerla e non il Fato o gli dei. “La nobiltà nasce dal cuore e non dalla spada”  Eppure questa madre sembra conoscere il destino del figlio, lo prega sapendo che potrebbe non tornare. “E’ possibile che il mio Fato si compia a Ilio. Ma preferisco una vita breve e piena di gloria a un’esistenza anonima..”

E come una profezia, inesorabile anche le barche salpano e l’odio è pronto a scendere in campo e a trascinare con sé padri, mariti, figli all’insegna di un unico ideale: combattere per ambizione, desiderio di ricchezza, odio verso il nemico. Ogni sentimento in questo momento è spazzato via, non importano più nemmeno i motivi che hanno portato alla guerra e forse è così anche oggi nelle diatribe, accecati da tutto ci si dimentica di essere umani.

“La morte non teme la sconfitta, non ha fretta; come un temporale in estate non ha timori. Non distingue coraggio e viltà, non le interessa il giusto o lo sbagliato. Divide i padri dai figlio, gli uomini dalle spose.. come un predatore dall’alto ti osserva, come una indulgente madre i lascia scegliere, ti lascia sbagliare. Non ascolta i pensieri, non le interessa l’onore, non le appartiene l’amore, non conosce il rimpianto”

Come ogni guerra, anche questa si è mostrata in tutta la sua crudeltà, padri che sopravvivono ai figli, fumo, odore di sangue, il manto nero della morte che tutto copre. L’uomo può cambiare la sua natura? Possiamo cambiare il nostro destino? Chiunque vinca la guerra lascerà comunque tanto di sé sul campo di battaglia.

Nella vita di un uomo i giorni importanti non sono mai più di dieci… che ogni uomo ricorderà per sempre”

 

 

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