Intervista a Fabio Ceraulo, autore di El Diablo

Buongiorno Fabio, grazie per essere qui con noi nel nostro salottino virtuale.
Parlaci del tuo libro, come è iniziata la sua storia?
Fino ad oggi, quasi tutti i miei libri hanno una ambientazione strettamente legata a Palermo. Dopo l’ultimo romanzo storico, la cui azione si svolge nel periodo garibaldino, qualcuno mi chiese se fosse stato possibile inserire in un romanzo la figura dei Beati Paoli o del famoso caso della baronessa di Carini, le due leggende popolari forse più famose della mia terra. Non ci dormii per giorni, non mi sentivo all’altezza di scalfire accadimenti “intoccabili”. Poi, la decisione di trasportare tutto in epoca moderna, mi facilitò la costruzione della storia. La cosa che mi ha più colpito è stato l’interesse repentino di una casa editrice delle Marche, Le Mezzelane, che scelsi, nonostante delle proposte di etichette siciliane. Nuova esperienza il genere del romanzo e nuova esperienza editoriale oltre i confini della Sicilia.
Nella trama parli di un manoscritto. Ti riferisci a una famosa leggenda. Quale e cosa ci puoi raccontare come curiosità che non sia spoiler per i lettori?
Il manoscritto che viene ritrovato durante alcuni scavi è una sorta di memoriale dettato da un notaio del sedicesimo secolo, in punto di morte, al proprio figlio. In esso ci sono delle verità scomode che per una serie di motivi verranno riesumate solo in tempi moderni dalla protagonista, la studentessa Silvia Romano, esperta di antichi documenti cartacei. Si parla dell’assassinio della baronessa di Carini, avvenuto nel 1563, e delle ragioni per cui molti, dopo cinque secoli, non lo considerano solo un delitto d’onore, come è opinione diffusa da sempre. Addirittura, qualche anno fa, il comune di Carini provò a riaprire l’indagine su quell’evento, per puro amore storico e antropologico.
Quanto studio c’è dietro a questo romanzo e come ti sei documentato?
La leggenda popolare di Carini è tutt’ora molto sentita nella mia terra, la Sicilia. È stata tramandata oralmente dai cantastorie e dagli storici del tempo, giungendo in tutto il suo aspetto macabro, anche grazie a un paio di sceneggiati televisivi di buon livello. Il mio lavoro è stato quello di creare la cosiddetta “fiction”, la parte romanzata, che ho preferito ambientare in tempi recenti (l’azione si svolge nel 2012). Per quanto riguarda gli altri aspetti storici del romanzo, mi sono basato sugli studi compiuti fino a una ventina di anni fa sulla setta dei Beati Paoli e sulla società siciliana del Cinquecento, rendendomi conto di tante situazioni controverse e sorprendenti.
 Chi erano i Beati Paoli e in che modo entrano a far parte del tuo romanzo?
Nell’immaginario collettivo dei palermitani, il gruppo di persone denominato Beati Paoli, erano dei giustizieri incappucciati che agivano nell’ombra per difendere i deboli dai soprusi dei potenti, un po’ come Zorro. Un romanzo del primo Novecento, ambientato all’inizio del diciottesimo secolo, li ha fatti apparire così e tutt’oggi gran parte dei miei concittadini pensa che la verità sia questa. In realtà, gli studi più recenti hanno dimostrato l’esatto contrario, ovvero che fossero una banda di facinorosi al soldo dei potenti dell’epoca, una sorta di manovalanza che agiva per difendere, terrorizzando il popolo, gli interessi delle famiglie nobiliari che a Palermo gestivano il potere, scavalcando le autorità spagnole del tempo. Insomma, questo fenomeno sociale potrebbe essere l’origine della criminalità organizzata. Nel libro c’è pure una confraternita, che all’epoca agiva esattamente come un centro di potere assoluto, una sorta di loggia massonica, o se vogliamo, fatte le dovute proporzioni, a una “cupola” che determinava qualsiasi evento politico ed economico.
I protagonisti sono ispirati a persone che conosci? Quanto di Fabio c’è in “EL DIABLO”?
La figura dell’ispettore di polizia o dell’antiquario col tic nervoso si rifanno a persone che conosco, che ho preso come spunto per descrivere tenacia, difetti e modi di dire. Per il resto, protagonista compresa, sono personaggi inventati al 100%. Di mio, ho inserito tra le righe l’ironia che finora ha contraddistinto le mie pubblicazioni, la fantasia (che credo non mi manchi) e la passione per la storia della mia città. Mi cimento per la prima volta in un genere thriller storico-poliziesco e spero di aver fatto un buon lavoro, che coinvolga il lettore incollandolo alle pagine. Sulla mia eroina, posso dire che dovrebbe tornare, in futuro, in altri scritti che sto ultimando. Essendo una ragazza che sta per laurearsi, deve fare ancora tanta strada, e io mi auguro di accompagnarla verso nuove avventure.
Trama
Nella Palermo di oggi, un efferato delitto porta Silvia Romano, esperta di manoscritti antichi, e il suo amico Riccardo, latinista, sulle tracce di un antico mistero. Permetteranno gli eredi della secolare setta dei Beati Paoli di rivolvere finalmente il sanguinoso caso della baronessa di Carini?
di Fabio Ceraulo
Palermo, 2012. Durante alcuni scavi effettuati dagli operai dell’acquedotto nei sotterranei del conservatorio V. Bellini, vengono rinvenuti alcuni documenti risalenti alla fine del sedicesimo secolo. La direzione dei beni culturali incarica la giovane e brillante studentessa Silvia Romano, esperta di manoscritti, di esaminarli. La ragazza, aiutata dall’amico Riccardo, ottimo latinista, scopre che si tratta di un vecchio diario, dettato in punto in morte da un notaio al figlio, che contiene rivelazioni sconvolgenti su una delle leggende siciliane più famose e controverse, ovvero il delitto della baronessa di Carini, avvenuto nel 1563, e alle questioni a esso legate. Il manoscritto desta subito l’interesse di alcuni loschi individui, eredi di una antica confraternita che si muove nell’ombra. Tra un efferato delitto su cui indaga la polizia e il legame dei fatti remoti con un altro mistero secolare, quello della setta dei Beati Paoli, i due ragazzi riportano a galla verità tutt’oggi scomode.
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