Intervista a Luca Azzolini

Ciao Luca sono felicissima di ospitare te e la nobilissima Placidia nel salottino virtuale di Septem. 

* Dalla tua produzione letteraria noto un grande amore per l’Antica Roma. Quando nasce in te questa grande passione? 

Prima di tutto, grazie a te per l’invito. È una gioia poter parlare de La Nobilissima e di questo periodo storico in particolare. E dici bene, ho sempre amato la Storia, tutta, in generale. Ho scelto da ragazzo un percorso di laurea prima in Beni Culturali e poi in Storia dell’Arte, a Verona, perché ho sempre provato il desiderio di conoscere “più storie possibili”. Un desiderio che possiamo tradurre nella voglia di scoprire vite e vicende poco note. Come disse una grandissima poetessa, Muriel Rukeyser: “L’universo è fatto di storie, e non di atomi”.

Da qui, poi, ho trovato che l’Antica Roma fosse il periodo ideale per coniugare la mia voglia di narrare a un’altra mia esigenza: quella di raccontare il presente attraverso metafore e rimandi storici. Se ci pensiamo, l’Impero Romano, soprattutto nel periodo tardoantico (che racconto con Galla Placidia), è uno specchio che riflette il nostro tempo e i nostri giorni. Ci vedo dei potenti richiami e una attualità che chiede di essere interpretata.

* La Nobilissima è un romanzo denso di avvenimenti storici ma anche di emozioni. Per narrare di questa straordinaria donna ti sei ispirato, oltre ovviamente alle fonti storiche, anche a persone vicino a te per delinearne il carattere e gli atteggiamenti? 

La Nobilissima parla di ieri come di oggi. È impossibile dal mio punto di vista scindere il passato dal presente. E quindi sì, per rispondere alla tua domanda, ogni donna, e uomo, e azione, e momento, tutto riflette ciò che mi circonda. Uno scrittore questo fa: prende da ciò che conosce e si immerge in un momento e in un tempo. Non amo chi si limita a voler ricostruire il vero storico in narrativa, per quello esistono saggi e testi di divulgazione: per rimanere vivo, attuale, anche il genere del romanzo storico deve parlare ai giorni nostri e trovare una chiave di lettura sempre attuale.

Ovviamente questo non banalizza le decine e decine di testi che ho dovuto consultare, perché essere vicini al nostro tempo non significa mistificare o non essere precisi. Tutt’altro. Ti faccio un esempio: per molto tempo l’Antica Roma è stata raccontata come un’epoca di uomini forti. Cesari, Imperatori, Centurioni, Legionari. E le donne? E gli schiavi? E i bambini? E gli eunuchi? E le minoranze sociali, etniche, sessuali? Non c’è mai tempo per dare loro una voce. Io ho provato a farlo. 

La Storia è di tutti e raccontarla in pienezza, nella sua totalità e dando voce degli esclusi, è la mia passione.

* Immagino che lo studio non sia stato poco e nemmeno semplice trovare fonti attendibili. Quanto tempo hai studiato e quanto hai dovuto ricamare per riempire i buchi vuoti della Storia? 

Due anni solo per la ricerca delle fonti storiche. Mi ci sono voluti due anni e più di una cinquantina fra testi, saggi e articoli per lavorare La Nobilissima. Il periodo tardoantico è poi un momento storico di passaggio verso il medioevo, e questo comporta una ulteriore difficoltà: per assurdo, è più facile scrivere del periodo imperale o quello repubblicano. Ma il tardoantico, anche se più vicino a noi, è ricco d’inesattezze e vuoti. 

Sono andati perduti documenti. Si sono smarrite conoscenze. Il mondo andò ripiegandosi su se stesso. Ci fu anche il desiderio di dimenticare e cancellare ciò che c’era stato prima: una volontà ferrea di scordare il paganesimo. Tutto questo ha creato dei vuoti che andavano collegati, e lì allora viene in aiuto la logica

Un’idea realistica che si costituisce sulla base di uno studio severo delle fonti: cosa poteva aver scatenato quella battaglia? E quella deposizione? Cosa è più logico? Cosa è più evidente, anche a fronte delle personalità dei vari protagonisti? Da qui, come in un puzzle, si scava e si indaga. Si fanno combaciare i pezzi. Gli scrittori di romanzi storici sono al tempo stesso archeologi e detective. 

*Mi dicevi che uscirà un nuovo volume dedicato a questa donna. Puoi anticiparci qualcosa circa le vicende che racconterai? 

Sto chiudendo proprio in questi giorni il seguito che sarà anche la parte conclusiva de La Nobilissima. Galla Placidia nel primo libro è stata Figlia di Imperatore e Sorella di Imperatore. Nel prossimo volume diverrà Moglie di Imperatore e Madre di Imperatore. Ma più di ogni altra cosa sarà lei stessa signora del suo tempo, padrona del suo mondo, la donna più potente di tutto l’impero d’Occidente. 

Un traguardo per lei e per la sua nutrice. Eppure tutto ciò si tradurrà in cosa? È incredibile come questa donna del passato, troppo poco nota (e andrebbe riscoperta anche nelle nostre scuole) sia tanto vicina alla figura immaginaria di Daenerys Targaryen. Il nuovo romanzo è, oltre a una storia di una donna potente, anche una riflessione su ciò che desideriamo dalla vita e ciò che poi invece accade.

Comandare il nostro mondo, la nostra esistenza, è davvero la soluzione a tutti i nostri problemi? E chi ci sta accanto come vivrà il nostro desiderio di brillare e di splendere? E questo ci fermerà o ci spingerà a volere ancora di più?

Galla Placidia se lo chiede e mentre lo fa, decide e sbaglia, e agisce e comanda. La sua figura ha un fascino unico.

*Ora qualcosa di te. Che lettore sei? Quali i tuoi titoli preferiti che ci suggerisci? 

Sono un lettore onnivoro. Sono un grafomane. Sono ossessionato dai libri. Fin da bambino, a nove o dieci anni, giocavo a fare lo scrittore. Passavo ore a scrivere racconti e a pensare quanto sarebbe stato appagante avere amici scrittori e amici lettori. Un modo di vedere le cose ingenuo, ma che in parte è rimasto ancora quello: amo avere attorno a me amici che leggono e che scrivono. E lavorando come editori e ghostwriter aiuto giovani scrittori e scrittrici esordienti a trovare la loro voce.

Quando un romanzo che ho seguito mi convince particolarmente, lo presento di persona ai miei editori o agli agenti con cui collaboro. Per me è essenziale, perché la scrittura è condivisione di punti di vista, idee, vite.

Amo i romanzi di Marion Zimmer Bradley perché mi hanno spinto a scrivere. Trovo speciale l’intera produzione di Kent Haruf. Adoro le poesie di Antonia Pozzi. Divoro i saggi di Alessandro Barbero e Corrado Augias. Consiglio sempre, ed è come un tornare a casa, i libri di King. Mi perdo volentieri nei classici, Nabokov o Orweell, e quelli moderni come Bennett o Atwood. Ogni storia apre ad altre.

*C’è una citazione di un grande classico che ti ha ispirato nella tua professione di autore? 

In questi giorni c’è una citazione che per motivi di lavoro e non solo torna spesso a visitarmi. Te la restituisco qui: “Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità“. È tratta dal Diario di Anne Frank.

Il 10 gennaio uscirà una mia storia dedicata a questa meraviglia e autentica scrittrice. Trovo che in molte parti del Diario abbia anticipato temi oggi fondamentali. Questa citazione, credo, ne è la prova.

*Ho visto che è uscito un volume di letteratura per ragazzi. Raccontaci qualcosa di quest’ultimo.

Sì, è da poco uscito L’InventaMondi per Edizioni Gribaudo. È un romanzo fantasy con sfumature dark che nasce da una mia domanda in particolare: dobbiamo davvero essere tutti forzatamente speciali?

Perché il mondo ci spinge a inseguire ideali di bellezza, di popolarità, di successo, spesso falsati e irraggiungibili? E cosa possiamo fare se non riusciamo a raggiungerli? Che ne sarà della nostra vita? Oggi gli adolescenti sono subissati di modelli, grazie ai social, spesso fuorvianti (quando non del tutto sbagliati).

Il mio romanzo per ragazzi è un inno all’essere speciali così come siamo. Possiamo regalarci agli altri quando decidiamo noi, senza ansie e senza pressioni. Ognuno di noi ha un talento, un dono. È nostro. Solo nostro. E nessuno deve dirci come farlo fiorire o come svilupparlo. Sta a noi prenderci cura di quel talento incredibile. Timo, il mio protagonista, lo scoprirà a sue spese. Il suo dono, il suo talento, il suo potere, si risveglia di colpo e travolge tutta la sua famiglia. Tornare a prima, però, richiederà un enorme sacrificio. Non sempre si è disposti a farne, e la sua scelta non sarà affatto scontata.Ci vuole coraggio per rinunciare a noi stessi per gli altri. Ma è questo il vero significato della parola dono

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