Intervista a Valeria Montaldi

Buongiorno cari amici lettori!

Oggi ho il piacere e l’onore di ospitare la scrittrice Valeria Montaldi per una interessante intervista.

Grazie Valeria per il tempo che ci hai dedicato e per le tue risposte stuzzicanti.

 Valeria, leggo che sei laureata e quindi appassionata di storia dell’arte. C’è un’opera particolare che ami e magari alla quale dedicheresti un tuo romanzo?
La mia ormai antica laurea in Storia della critica d’Arte mi ha permesso di spaziare fra l’opera di diversi maestri, assecondando la mia particolare predilezione per la pittura. Dal Trecento fino ai giorni nostri, sono innumerevoli gli artisti che mi hanno affascinato ed è quindi impossibile stilarne una classifica. Posso dire però che “Il ritratto di giovane dama” del Pollaiolo (1470) mi ha intrigato fin dalla prima volta in cui l’ho visto, perché il profilo della giovane riprodotta su tavola è molto somigliante al mio: che io sia una sua discendente, nata più di seicento anni dopo? Quanto a utilizzare questo motivo per un nuovo romanzo, non credo sia il caso: la modella di allora potrebbe aversene a male…

I tuoi primi romanzi sono romanzi storici ambientati nel Medioevo. E’ il tuo periodo storico prediletto? Come hai deciso di narrare di Storia e precisamente di questo periodo storico?
La predilezione è nata dalla voglia di approfondire un periodo storico a lungo trascurato dai manuali scolastici: chi c’era dietro ai potenti di cui, spesso malvolentieri, abbiamo dovuto studiare le vicende? Come viveva la gente comune, come si vestiva, cosa mangiava, quanta sofferenza pativa? Qual era la condizione femminile, quali gli spostamenti, i commerci, le attività artigianali? Sempre più incuriosita, sono andata a spulciare fonti e archivi e ho scoperto particolari che hanno talmente calamitato la mia attenzione da indurmi scriverne sotto forma di romanzo.

La scrittura cosa rappresenta per te? E c’è un momento particolare della giornata che ti ispira maggiormente?
La scrittura è la mia vita da molti anni, non potrei più farne a meno. Quando al mattino mi siedo davanti al computer, la mia mente si isola dal mondo circostante e scivola a poco a poco nella storia che sto scrivendo.

I tuoi personaggi, quelli d’invenzione, come nascono? Sono in qualche modo proiezioni di amici e conoscenti?
Qualunque personaggio inventi lo scrittore, fa parte del suo vissuto: esperienze, delusioni, gioie, incontri sono sedimentati nel profondo e riemergono inconsciamente nel corso della stesura della trama. Almeno per quanto mi riguarda, non c’è nulla di voluto, è una specie di magia.

Ho recentemente letto “La randagia”, non nascondo di avere una predilezione, forse morbosa, forse un ricordo ancestrale, per la stregoneria. Ti chiedo cosa ti ha spinto a raccontare questa storia e quanto c’è di vero?
Quella della caccia alle streghe è stata una strage immotivata, perpetrata a danno delle donne e continuata per cinque secoli. Mi è sembrato doveroso scriverne per spiegare quanta gratuita sofferenza sia stata inflitta allora, e quanto si debba ancora oggi prestare attenzione a superstizione e falsi miti. Anche se la protagonista della Randagia è un personaggio d’invenzione, la sua storia potrebbe essere quella di una qualunque donna accusata di stregoneria. La mole di documenti che ho consultato prima di cominciare a scrivere, lo conferma senza ombra di dubbio.

Come ogni autore sarai certamente una appassionata di letteratura. C’è un autore/autrice del passato a cui ti ispiri? Ci consigli la lettura di un suo libro?
Sono una lettrice vorace, come è ovvio che sia per chi fa il mio lavoro. I libri che ho letto sono veramente troppi per poter operare una scelta. Forse se dovessi dire quale autore del passato mi ha insegnato qualcosa farei il nome di Thomas Mann: scrittura senza orpelli, storie convincenti, nessuna caduta di stile.

Il pane del diavolo, ci riporta in Valle d’Aosta con un nuovo caso per il maresciallo Randisi. Ci vuoi raccontare qualche aneddoto sul romanzo e invogliare alla lettura?
Considerata l’attuale morbosa attenzione per tutto ciò che riguarda la cucina, mi sono chiesta se anche in un passato più remoto esistesse tanta attenzione tributata agli chef. Ho scoperto che i potenti di mezza Europa si facevano vanto di avere al loro servizio cuochi rinomati: li pagavano molto bene e, come nel caso de Il pane del diavolo, talvolta li incaricavano di stilare ricettari. La lettura di uno di questi manoscritti, tanto raro quanto prezioso, mi ha indotto a creare due vicende parallele, entrambe ambientate in Valle d’Aosta, ma con spazi temporali diversi: la storia dello chef medievale si rispecchia nello scenario noir contemporaneo e dà luogo a un’alternanza di capitoli. Anche in questo romanzo, come un tutti i miei precedenti, largo spazio è dato alla condizione femminile, quella di un tempo e quella di oggi.

Sei di Milano, se ho letto bene, pensi di tornare a scrivere storie ambientate in questa città?
Certo, è proprio quello che ho in mente di fare.

Domanda di rito, a cui ovviamente puoi rispondere se lo riterrai opportuno. Stai lavorando a un nuovo progetto sicuramente, ci puoi anticipare qualcosa?
E’ già molto più che un progetto, il mio computer è rovente… Detto ciò, niente anticipazioni, per il momento, il segreto va mantenuto.

© Valeria Montaldi

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