Oggi ospitiamo nel nostro salottino virtuale Alessandra Nitti!
Alessandra è autrice di una trilogia edita dalla casa editrice Arpeggio Libero ambientata nella Venezia antica.
Raccontaci un po’ di te, della tua vita di scrittrice e di quella dei tuoi interessi più importanti.
Ciao Sara e grazie per questa intervista, ma soprattutto grazie per l’interesse verso il mio “L’amuleto di giada”. Sono una donna di 29 anni, nomade e poliglotta. Vivo un po’ qui e un po’ lì, a seconda dell’umore e delle vicende della vita. Da un anno sono a Kiev, Ucraina, a godermi le misure molto più “allentate”. Lavorando online non sono vincolata a nessun luogo e così ho potuto scrivere i miei romanzi in giro per il globo. Mi definisco una “scrittrice nomade”.
Ho all’attivo 4 romanzi pubblicati con Arpeggio Libero Editore: la trilogia de “L’amuleto di giada” include, oltre all’omonimo primo volume, anche “Esilio” e “Memorie – La Serenissima tradita”.
“Faust – Cenere alla cenere” è invece una novella dedicata al mito del Faust, finalista del premio Giovane Holden nel 2016.
Attualmente mi sto dedicando molto alla scrittura di viaggio e i miei articoli sono apparsi e appariranno in varie riviste. Oltre alla penna e al vagabondaggio, amo la lettura (passo più tempo a leggere che a scrivere!), lo yoga, le passeggiate e le lingue straniere.
Al momento ho letto solo il primo volume della tua trilogia dedicata a Venezia e ad Athena. Ti chiedo quindi come hai avuto questa idea e cosa ha legato la tua storia alla giada?
Anni fa ho letto un romanzo sul viaggio nel tempo e l’idea mi è piaciuta così tanto che ho deciso di cimentarmi anche io in una storia del genere – che in seguito sono diventate tre. Sono una di quelle persone che amano il passato più del futuro e il Diciottesimo secolo mi attira per la mentalità rivoluzionaria che sconvolse politica e religione. In fondo, le basi della scienza e delle società contemporanee sono figlie degli ideali Settecenteschi. Unendo questi due elementi ho deciso di far finire Athena, una ragazza dei giorni nostri, nella Venezia di 200 e più anni fa.
Ho inserito la giada per dare un tocco di esoterismo. Secondo i cinesi (una cultura che amo) è la pietra più eccelsa: porta fortuna, cura dai mali, protegge dalle disavventure e in antichità era usata per ricoprire i corpi mummificati degli imperatori, credendo che li avrebbe risparmiati dal deterioramento. Insomma, nel romanzo ho messo alcuni degli elementi più affascinanti per me.
Sei molto legata a Venezia, deduco, anche nel secondo volume “Esilio”, la Serenissima svolge un ruolo fondamentale. Cosa ti lega a questa città e cosa ti affascina a tal punto da raccontarcela?
Be’, Venezia è casa. È quello il luogo dove vado quando torno da un viaggio e dove ho vissuto per anni. In realtà voglio raccontarvela per renderle giustizia: l’idea diffusa è che Venezia sia una generatrice di soldi da sfruttare e violentare a proprio piacimento. La maggior parte dei turisti ci va per mezza giornata, compra souvenir tarocchi, scatta due foto a San Marco e se ne va. Ma ricordiamoci che Venezia, prima di cadere nel 1797, aveva 14 secoli di vita! Non è solo ponti e basilica ma centro culturale ed ecosistema unico al mondo. I musei sono tantissimi, gli eventi culturali altrettanto, le arti e l’artigianato hanno una lunga storia e grande valore. È stata una delle più grandi potenze del Mediterraneo e ora sembra la meretrice del turismo di massa, che con le sue grandi navi distrugge il fondale, l’ecosistema e Venezia e i veneziani stessi. I miei libri sono un inno d’amore alla mia città e un microscopio su ciò che Venezia è stata davvero, con i suoi pregi e i suoi difetti, la sua potenza e i suoi errori che l’hanno fatta capitolare.
Diffidate anche di chi pensa che Venezia sia un luogo romantico di ponti e canali: Venezia era casa di navigatori e prostitute, di maestri profumieri e beoni, di bische, risse, poeti e pittori. Le albe su Punta della Dogana si mischiano ai tramonti sui mostri di Marghera, piccioni e pantegane proliferano tra la vitalità dei locali. La si ama tutta, come una vecchia donna un po’ ubriaca, discinta ma affascinante.
L’ultimo pubblicato “Memorie. La Serenissima tradita” è anch’esso frutto di studi storici approfonditi. Si svolge, come gli altri, sul finire del 1700, eventi epocali investono l’Europa. Raccontaci di questa tua ultima fatica.
“Memorie – La Serenissima tradita” è il canto del cigno della trilogia. In esso si narra della caduta della Serenissima Repubblica di Venezia a seguito della Rivoluzione Francese e fino al trattato di Campoformio, quando Napoleone regalò l’ormai distrutto territorio veneto agli austriaci. È concentrato sugli ultimissimi anni della Repubblica e, oltre a narrare la quotidianità dei personaggi – lavoro, amori, incomprensioni, abbandono – ha come obiettivo quello di mostrare la fine di questa “regina di quattordici secoli”, per citare Nievo, e della grandissima disillusione di chi, come Ugo Foscolo, si rese poi conto dell’errore. La Francia non voleva rinnovare Venezia con i suoi ideali, ma punirla, distruggerla e depredarla. Credo che questo sia un argomento importantissimo per la storia del nostro Paese, purtroppo sempre appena accennato nei manuali scolastici.
La ricerca storica è una parte fondamentale immagino, quanto tempo hai impiegato e quali fonti hai utilizzato?
Per scriverlo ho passato ore e ore a studiare manuali di storia veneziana, tutti scovati nelle librerie e biblioteche della città. Ho visitato il museo di Ca’ Mocenigo per studiarne i costumi e l’arte dei profumieri, ho camminato nelle calli per stendere un racconto il più verosimile possibile, ho chiacchierato con le guide del Palazzo Ducale e delle prigioni per scoprire come vivevano i condannati (lo racconto in modo dettagliato nel primo romanzo). Ho visitato la Sala dello Scarlatto a quella del Maggior Consiglio con le effigi di tutti i dogi e la tela raffigurante il Paradiso di Tintoretto. Ho ammirato l’isola di San Giorgio dall’interno del Ponte dei Sospiri, così chiamato perché era da lì che i galeotti vedevano Venezia per l’ultima volta. Ho analizzato i quadri dei musei per descrivere al meglio gli interni veneziani, rendermi conto di come si comportavano i musei, cosa si faceva durante il Carnevale: se andate a Venezia fate un salto a Ca’ Rezzonico. Sono arrivata a pensare che la parte più bella dello scrivere sia il documentarsi: un vero e proprio viaggio nella storia e nei luoghi.
C’è un autore del passato a cui ti ispiri per i tuoi romanzi?
Di solito per ogni mia opera faccio riferimento a un autore che ha scritto di simile prima di me. I manuali di storia sono importanti, ma è nei romanzi che vengono narrati sentimenti, pensieri e quotidianità dei nostri antenati. Per citarne qualcuno: Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo è stato il romanzo più importante per capire la fine della Serenissima, scoprire le varie correnti di pensiero, analizzare il modo di vivere e gli ambienti di Venezia e del Veneto dell’epoca in generale. Per la Rivoluzione Francese e la Francia mi hanno aiutato molto Charles Dickens, Victor Hugo e Buechner.
Il viaggio nel tempo è una costante nelle tue opere, un mondo affascinante. Ti piacerebbe, se fosse possibile, viaggiare nel passato? In quale epoca? E nel futuro?
Certo. Nella Venezia del Settecento! Penso di averne scritto proprio perché è un mio grande desiderio, purtroppo irrealizzabile. I miei amuleti di giada acquistati in Cina devono essere fake: sono ancora nel 2020! Il futuro invece non mi interessa, manca di quella poesia che hanno le vestigia del passato, anche il mio compagno mi costringe a vedere film ambientati nell’avvenire. Siamo agli antipodi da questo punto di vista.
Invoglia il lettore a leggere i tuoi romanzi usando tre aggettivi significativi a caratterizzarli
Visionari, avvolgenti, educativi.
Grazie per questa bella intervista, abbiamo potuto conoscerti meglio.