Intervista, Carla Marcone

Con grandissimo piacere ospito oggi nel salottino virtuale di Septem Literary, Carla Marcone.

Grazie per aver accettato il nostro invito e per il tempo che ci hai dedicato.

Carla Marcone, sei una scrittrice di romanzi scritti in maniera estremamente evocativa. Come è nata la tua passione per la scrittura? Io ti immagino pensare e raccontare storie già  da bambina.

Mi regalarono Piccole donne. Era il primo Natale senza mio padre, avevo poco più di sette anni e a stento sapevo leggere, quindi fu un’impresa titanica arrivare fino in fondo. Ma quel libro rese sopportabile il dolore e mi ficcò in testa l’idea che sarei stata come Jo. E le storie era mia nonna, grande narratrice, a raccontarle a me. La passione per il passato la devo soprattutto a lei.    

Le tue letture preferite, nel corso della vita, quelle che ti hanno formata come donna e come scrittrice, quali sono state? 

I classici mi hanno formata e continuano a farlo. Un classico è per sempre. Il romanzo è il genere che preferisco ma leggo qualunque cosa. Sono una lettrice onnivora. Però, ciò che mi fa apprezzare maggiormente un libro è lo stile ricco e complicato. Mi piace sforzarmi intellettualmente. Non amo i “telegrammi”.

Hai un luogo e un momento dedicati alla scrittura? Hai affrontato il duro scoglio del blocco dello scrittore in passato?

Prima ero molto indisciplinata, scrivevo seguendo l’estro: ovunque e comunque. Adesso, lavoro di pomeriggio dalle tre alle cinque ore. Non nascondo che, talvolta, ancora mi capita di continuare fino alle due del mattino e oltre. 

Il blocco dello scrittore arriva puntuale, quando inizio un nuovo romanzo. E’ sempre faticoso lasciare andare i personaggi con i quali ho trascorso mesi e mesi. E’ come se li tradissi. E’ come dire addio a cari e vecchi amici.    

Ho letto due dei tre romanzi che ha pubblicato per Scrittura & Scritture, parlo di “Teresa Filangeri. Una duchessa contro un mondo di uomini”  e di “Dove aspetta la tempesta. Un pirata sulla rotta di Calico Jack.
Parleremo in una successiva domanda più specificatamente di loro ma ora vorrei chiederti del filo che li unisce. Percepisco un grido sordo. Cosa vuoi raccontare al mondo quando scrivi? Quali coscienze desideri smuovere?

Mi piace raccontare le donne, la nostra storia, il nostro riscatto. Le battaglie che abbiamo combattuto e combattiamo, le violenze subite nei secoli dei secoli, i soprusi, l’impegno e il coraggio, la nostra forza e le difficoltà che siamo costrette ad affrontare in quanto donne. Mi piace raccontare la maternità, l’amore, l’amicizia e, soprattutto, la capacità. Quella che ci ha permesso di rendere il mondo migliore, malgrado il potere maschile.

Smuovere le coscienze? Non è mai stata una pretesa né un’intenzione. Nemmeno penso d’averne la facoltà.  Se l’ho fatto, è accaduto a prescindere dalla mia volontà.

Il mio unico interesse è raccontare una storia. Niente di più.         

Chi è Teresa Filangeri? C è un po’ di Carla in lei?

E’ stata una donna che ha militato nel grande esercito dell’amore. Una combattente. Una donna che ha amato moltissimo la sua città, che le ha dedicato la propria vita. Una donna capace di sfidare convenzioni e potere, e di fondare a Napoli il primo ospedale per malattie infantili. E’stata una scrittrice,una benefattrice ma innanzitutto una madre. Madre di Lina Ravaschieri, morta appena dodicenne e alla quale intitolò il summenzionato ospedale, ma non solo. Teresa Filangieri è stata madre di una città e mamma la chiamavano a Napoli. 

Nel celebre romanzo Il fu Mattia Pascal, Pirandello scrive: Mamma Duchessa, come tutti la chiamavano, Mamma Carità, com’egli avrebbe voluto chiamarla …

Di mio in Teresa Filangieri c’è solo l’inchiostro. Ho semplicemente messo al suo servizio la mia penna, con tanta umiltà.  

Parlando sempre del tuo romanzo storico Teresa Filangeri. Una duchessa contro un mondo di uomini immagino che la ricerca sia stata molto poderosa e le fonti forse non sono nemmeno tante. Come ti sei documentata?

Grazie alle mie editrici, Chantal e Eliana Corrado, ho avuto la possibilità di leggere: Come nacque il mio ospedale, in cui racconta dello stesso e della sua esperienza di filantropa. Poi, ho camminato e camminato. Ho cercato e cercato. Le emeroteche, le biblioteche, i musei e i luoghi dove visse e operò, lo stesso ospedale, me li sognavo di notte.  Ho avuto la fortuna di poter visitare anche Villa Ravaschieri a Roccapiemonte, dove ho potuto calpestare i passi che lei calpestò.           

“Dove aspetta la tempesta. Un pirata sulla rotta di Calico Jack” è un romanzo che per me è stato difficile lasciare andare, avrei voluto rimanere ancora e ancora al suo interno. Il mondo dei pirati ti ha sempre affascinata? Come hai deciso, qual è stata la molla che ti ha illuminato questa storia?

Salgari e Stevenson mi hanno iniziata al genere piratesco da adolescente. Credo perfino d’averli letti tutti quelli di Salgari o quasi. Passare poi dai libri al cinema è stata una conseguenza naturale. Eppure, non avevo mai pensato di raccontare di corsari e bucanieri. Poi, una sera, una di quelle in cui il plaid e il divano sono tutto ciò che desideri, i miei figli decisero di guardare per l’ennesima volta Pirati dei Caraibi. In quel periodo stavo cercando una storia da raccontare e mi venne l’idea che ha dato vita al romanzo.        

Sempre riferito a “Dove aspetta la tempesta”, i temi trattati, sempre con il tuo stile suggestivo, racconti una storia ma parli di amore, amicizia e di persone, di individui oltre il loro nome, oltre il loro genere. Temi difficili da trattare, indubbiamente?

Non è stato semplice ma molto divertente. Non è stato un giro di giostra, però. Ho lavorato tanto per documentarmi e per intrecciare Storia e fantasia. Ma, come mi diceva mia nonna,la grande narratrice già citata: «Dove c’è gusto non c’è perdenza,piccerè.» Insomma,  nessun ostacolo ci ferma, facendo ciò che ci piace fare.  

I temi trattati sono per me molto importanti.Sono quelli che ci rendono umanamente umani.   

Un’ultimissima domanda prima di lasciarti, due piatti che ami particolarmente della tua terra e che ci consigli di abbinare ai tuoi romanzi.

E questa è una domanda a trabocchetto. Sono una buongustaia e me ne stanno venendo in mente a decine. 

Ci sono. Mi è venuta una fame tremenda, ma ci sono. A Teresa Filangieri, visto il periodo, abbino una fumante e profumata pizza Margherita i cui colori richiamano la nostra bandiera. 

A Dove aspetta la tempesta, invece, una bella Fresella: un pane secco che, in origine, i marinai inzuppavano in acqua di mare e poi condivano come volevano, o meglio, come potevano.

Grazie, Sara.   

Grazie! E’ stato bello leggerti e ho terminato a mia volta con l’acquolina in bocca.

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