La casa sul Nilo – Denise Pardo

Lo straordinario libro di una famiglia ebrea che fu costretta a lasciare l’Egitto. Questo è il lessico famigliare di Natalia Ginzburg, ma in una vena differente e più audace – André Aciman

È un tempo lungo quello che Denise Pardo racconta in questo romanzo. Un tempo affascinante, cosmopolita, tollerante, ricco di stimoli. Un tempo di amicizie e di comprensione. Al centro de La casa sul Nilo, una famiglia di ebrei sefarditi arrivati al Cairo assieme alle vicissitudini dell’Europa dei primi trent’anni del Novecento. La narratrice racconta la sua infanzia in una sorta di Eldorado magico: i caffè del Cairo, le feste, gli stimoli, la civiltà della conversazione, i salotti. L’Egitto di quel tempo è un crocevia di storie e di suggestioni: un paese mondano e sorprendente dove le diverse religioni sono rispettate e si parlano tutte le lingue. E il Cairo di quel tempo, di quei primi anni Cinquanta, è narrato con una precisione e una nitidezza esemplari perché questo romanzo è soprattutto la storia dell’autrice. La sua famiglia composta dalla nonna, dal padre, dalla madre e da altre due sorelle non avrebbe mai immaginato di dover fuggire da quel mondo. Finché non sale al potere Nasser, cambiando in pochi anni le regole del gioco, e della convivenza civile. E tutto, dapprima impercettibilmente, e poi con sempre maggiore evidenza, diventa fosco e insidioso. Gli stranieri non sono ben visti, l’intolleranza religiosa si fa dogma. E gli stranieri, che stranieri non sarebbero, si sentono sempre più in pericolo. Fino a una partenza precipitosa per Roma e l’Italia, nel 1961. Un abbandono doloroso, straniante, figlio di un mondo cambiato senza una ragione. La casa sul Nilo è un romanzo bellissimo e raro, appassionante. È la storia di un tempo perduto, e di un tempo ritrovato a fatica. Ci mostra mondi dove tutto era scambio e curiosità, rispetto e attenzione. Ci dice, senza alcuna nostalgia, ma con l’intensità dei sentimenti e delle passioni, che non dobbiamo dimenticare che c’è stato un tempo diverso e piú giusto. Dove ogni dettaglio era una ricchezza e ogni giorno una scoperta.

  • Editore ‏ : ‎ Neri Pozza (18 ottobre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 288 pagine

Recensione a cura di Lia Angy Fiore

“Era una Babele gioiosa finché è durata…”

Siamo nel 1961, a Roma, in una calda giornata di Settembre. La piccola Denise si è appena trasferita con la sua famiglia dal Cairo al quartiere Parioli. Il viaggio in aereo è stato come salire su un tappeto volante e ora si guarda attorno, raccogliendo tutte quelle prime impressioni che conserverà negli anni in modo indelebile. L’Egitto, con il suo deserto e il sole cocente e luminoso, le è sempre sembrato giallo; Roma, invece, ai suoi occhi è bianca, poco luminosa e fredda, almeno per lei che è abituata ad altre temperature.

Lei e la sua famiglia, formata dai genitori Fanny e Sam, tre figlie e la nonna Bobe, sono uno straordinario miscuglio di origini, di lingue e culture, esattamente come lo era il Cairo, quel paese tanto amato che improvvisamente sono stati costretti a lasciare per sempre. Denise ci racconta delle valigie di cuoio marrone riempite in fretta, della sua bellissima mamma che cantava le canzoni di Modugno per rassicurarle e dare una parvenza di normalità a quella situazione, di come la nonna, sempre altera e sicura di sé, di colpo le fosse sembrata fragile, insicura e impaurita. 

Denise non riesce a capire perché siano stati costretti a lasciare la loro terra, quel paese tollerante e ospitale che in passato aveva accolto i suoi nonni come una madre amorevole. Si chiede se la sua famiglia abbia qualche colpa, se possa aver fatto qualcosa di male… Sa solo che è stato il presidente Nasserl a non volerli più in Egitto, ma non ne comprende le ragioni. 

Inizialmente pensa che siano a Roma solo per una vacanza ed esplora con curiosità quella città così diversa da quella in cui è nata; ne fotografa con lo sguardo ogni dettaglio e lo restituisce a noi lettori in una serie di istantanee ancora vivide, nonostante lo scorrere del tempo. 

È colpita soprattutto dal silenzio che sembra avvolgere la Città Eterna.

“I Parioli erano un mondo silenzioso senza mendicanti e cantastorie, senza musica e senza richiamo del muezzin.”

Resta stupita nel vedere gli italiani che bevono il caffè e il tè in piedi, senza troppe cerimonie,  le donne che mangiano il gelato direttamente dal cono, senza pensare che sia una cosa indecente, e le persone che si spostano con i mezzi pubblici e non hanno un autista personale. 

Denise ci racconta anche i suoi dubbi e i suoi timori di bambina : il dubbio che i suoi genitori possano aver fatto qualcosa di male, perché nessun amico o parente è più andato a trovarli da quando vivono in Italia; la sensazione di allarme e di pericolo nel ricevere una semplice telefonata o un telegramma; il sospetto e l’ansia ogni volta che i genitori e la nonna interrompevano all’improvviso i loro discorsi, come se volessero nascondere qualcosa. Più forte di tutte è la paura di non ritornare più a rue Qasr El Nil, perché ogni volta che lei e le sue sorelle chiedono quando ritorneranno a casa, ottengono solo risposte vaghe.

 Nascondere e non dire: in questo i suoi genitori e i suoi nonni sono sempre stati molto bravi. Tutta la storia della sua famiglia è avvolta in gran parte nel mistero… Denise non sa con chiarezza perché la nonna si sia trasferita da Czernowitz, un centro culturale così importante da essere definito “la piccola Vienna”, al Cairo. Anche le origini del nonno Misha, il cui cuore non aveva retto all’ondata di violenza e di odio che aveva reso irriconoscibile Il Cairo, sono state per lungo tempo un mistero. 

“Non si è mai capita bene la ragione della resistenza da parte di Bobe e dei nostri genitori nell’evitare spiegazioni approfondite su provenienze familiari e sulle cause delle loro scelte. Forse il dolore diventava troppo forte nel rammentare antiche storie di separazioni e distacchi…”

È una storia che sembra ripetersi di generazione in generazione quella di Denise Pardo… Una storia fatta di persone costrette improvvisamente a lasciare la propria patria, i propri affetti, e a iniziare una nuova vita altrove, scappando da chi li considera diversi, e per questo degli intrusi, dei nemici. 

L’autrice ci racconta la storia della sua famiglia, che si intreccia con una ricostruzione vivida e dettagliata della storia del Cairo tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento. 

Ci parla di una città fiabesca, affascinante, colorata, vivace, cosmopolita e tollerante; un amalgama ricco e armonioso di diverse religioni, lingue e culture, che interagendo si arricchivano reciprocamente. Il Cairo di quel tempo ci appare come un luogo incantato, ricco di sapori e di profumi avvolgenti e penetranti, in cui ad un certo punto l’incantesimo si spezza, trasformando quel luogo di pace in un posto dove non essere egiziani significa, improvvisamente, essere degli ospiti sgraditi e la diversità diventa una macchia. E allora non c’è altra soluzione che andare via, alla ricerca di nuove radici… Il Khamsin, la tempesta di sabbia che nel 1957 aveva flagellato Il Cairo per cinquanta giorni, avevo spazzato via anche l’esistenza tranquilla e serena della famiglia di Denise. 

Dal suo racconto apprendiamo tutte le difficoltà di chi deve integrarsi un una nuova realtà sociale, di chi continua a sentire su di sé il peso della diversità, di chi è combattuto tra il desiderio di voler tutelare la propria diversità e le proprie radici e la necessità di omologarsi per sentirsi accettati.

Una storia pregna di incertezza, di timore e di tensione quella di Denise e della sua famiglia, alleggerita da qualche aneddoto divertente, come il racconto dell’amicizia particolare con una mosca, chiamata Sophie in omaggio a Sophia Loren. 

“Al Cairo le mosche facevano parte della nostra vita […]. Non avevamo mai vissuto senza mosche come accadeva ai popoli del nord e così ne adottai una, non era certo sempre la stessa eppure mi ero convinta che mi avesse seguita dal Cairo a Roma e fosse salita in aereo insieme a noi.”

Sebbene lo stile narrativo non mi abbia coinvolta in maniera costante durante la lettura, ritengo che “La casa sul Nilo” sia un romanzo molto interessante, soprattutto dal punto di vista storico, ed è indubbiamente un viaggio sensoriale nel Cairo degli anni Trenta e Cinquanta. 

Si percepisce da parte dell’autrice un profondo amore per la terra in cui è nata e ha trascorso i primi anni della sua infanzia, e per la sua famiglia. La forza e l’importanza dei legami familiari, soprattutto nei momenti di disorientamento e di estrema difficoltà, costituiscono un tema centrale di questo romanzo.

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