La casa sull’argine. La saga della famiglia Casadio di Daniela Raimondi

Recensione a cura di Giulia Angioi

“Dollaro, ora ascoltami bene, perché in quello che sto per dirti c’è nascosto il destino della nostra famiglia. Quando tuo padre è morto, avevo paura, non sapevo cosa ci aspettava. Così ho chiesto alle carte di rivelarmi il futuro. Ho visto cose terribili, figlio mio… Non so quando tutto questo succederà, o a chi. Però le carte mi hanno messo in guardia: i sogni sono  insensati, Dollaro, le passioni cieche sono catene che trascinano in un gorgo che uccide.”

In un borgo della bassa padania, dal nome suggestivo – borgo di Stellata -, vive una famiglia di persone umili, semplici, che vivono del duro lavoro della terra.La loro esistenza scorre tranquilla fino a quando, all’inizio dell’Ottocento, sotto un diluvio che dura ormai da settimane, arriva una carovana di zingari.È così che la vita del solitario, e malinconico, Giacomo Casadio si incrocia con quella di Viollca.Impossibile non notarla, con la sua massa di capelli neri, le sue gonne dai mille colori e le piume di fagiano.Un incontro che cambierà non solo il destino di Giacomo, ma quello di un’intera generazione, sulla quale grava una misteriosa e inquietante profezia.
“La casa sull’argine” è un susseguirsi di storie: quelle dei membri della famiglia Casadio, di generazione in generazione. Storie di vita come tante, nelle quali è facile ritrovare i racconti dei nostri nonni, dei nostri genitori, o di noi stessi. Vite che si intrecciano con gli eventi storici e con le trasformazioni sociali. La narrazione copre un arco temporale molto vasto, che va dall’Ottocento fino ai giorni nostri. Tanti gli avvenimenti storici e politici ai quali si fa riferimento: i moti rivoluzionari e l’unità d’Italia, le due guerre mondiali, il fascismo, l’ascesa del comunismo, il ’68. 

“Erasmo ha imparato che in guerra si diventa cattivi. In caso di vittoria, molti si nascondono e sparano sui crucchi in fuga, senza un motivo. L’odio monta giorno per giorno, ora dopo ora.”

Vite mostrate nella loro cruda realtà, fatta di brevi momenti di felicità, talvolta illusoria; di piccoli e grandi dispiaceri; di sogni infranti; di vite spezzate troppo presto, ma che lasciano segni e ricordi indelebili.Un tema centrale di questo romanzo è proprio quello della Memoria e del ricordo di chi ci ha lasciati, ma, in realtà, è sempre con noi…

“Io lo so dove vanno le persone morte: da nessuna parte vanno, perché non sono mai andate via. ‘ I mort i resta chi!”

I Casadio non trovano niente di strano nel dialogare con i defunti. Per loro è un qualcosa di naturale; non c’è niente di forzato o di irrispettoso. L’autrice affronta questo argomento con delicatezza, e, in quasi tutta la narrazione, si percepisce quella dolcezza mista a malinconia che, probabilmente, ognuno di noi prova nel pensare ai nostri cari che non ci sono più. 

Un altro tema dominante è quello dei sogni. Aleggia una domanda: è meglio tenere sempre i piedi per terra, chiudere i sogni nel cassetto, e costruirsi un’esistenza fatta di stabilità e certezze, o è giusto vivere seguendo i propri sogni, assecondando le nostre passioni e ricercando tutto ciò che ci fa sentire vivi? Le storie dei Casadio ci mostrano l’impossibilità di dare una risposta a questa domanda, perché il prezzo da pagare per i propri sogni, a volte, è davvero troppo alto, ma, d’altra parte, chi rinuncia ad essi, si trova a vivere, con gli occhi spenti, come un automa, una vita che non è la propria.

“Forse Viollca si era sbagliata, come del resto si era sbagliata lei. Forse erano proprio i sogni a tenere viva la gente.”

Con una prosa semplice, scorrevole, e capace di toccare corde profonde, Daniela Raimondi ha dato vita ad una storia sull’importanza dei legami familiari e delle proprie radici.

“Li guardo uno a uno i miei morti. Molti hanno gli occhi neri, la stessa espressione irrequieta nello sguardo; altri gli occhi chiari e lo sguardo inconfondibile dei sognatori. Ma in ognuno di loro vedo la stessa storia: una storia di terra […] E so che, sotto le mie parvenze cittadine, me la porto dentro anch’io tutta questa terra, e lo stesso destino di questi sognatori sconfitti.”

Concludo con questa citazione, che mi ha particolarmente colpita per il messaggio che racchiude. Un messaggio che ci sprona ad andare avanti, sempre.

“Ma è tempo di andare, adesso. Tempo di vivere gli anni che ci restano nella quiete del ricordo, nelle piccole felicità di ogni giorno. Tempo per dimenticare le nostre guerre e le nostre sconfitte, imparando a gioire della forza segreta dei sogni e dei momenti di tregua che ci sono concessi…”   

Trama. La famiglia Casadio vive da sempre nel borgo di Stellata, all’incrocio tra Lombardia, Emilia e Veneto. Gente semplice, schietta, lavoratrice. Poi, all’inizio dell’Ottocento, qualcosa cambia: Giacomo Casadio s’innamora di Viollca Toska, una zingara, e la sposa. Da quel momento, i discendenti della famiglia si dividono in due ceppi: i sognatori dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, che raccolgono l’eredità di Giacomo, e i sensitivi, che hanno gli occhi e i capelli neri di Viollca, la veggente. Da Achille, deciso a scoprire quanto pesa un respiro, a Edvige, che gioca a briscola con lo zio morto due secoli prima; da Adele, che si spinge fino in Brasile, a Neve, che emana un dolce profumo quando è felice, i Casadio vivono sospesi tra l’irrefrenabile desiderio di sfidare il destino e la pericolosa abitudine di inseguire i loro sogni. E portano ogni scelta sino in fondo, non importa se dettata dall’amore o dalla ribellione, dalla sete di giustizia o dalla volontà di cambiare il mondo. Ma soprattutto a onta della terribile profezia che Viollca ha letto nei tarocchi in una notte di tempesta… La saga di una famiglia che si dipana attraverso due secoli di Storia, percorrendo gli eventi che hanno segnato l’Italia: dai moti rivoluzionari che portarono all’Unità fino agli Anni di Piombo.

  • Editore : Nord (24 agosto 2020)
  • Copertina flessibile : 400 pagine

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