La cintura di castità: roba da Medioevo?

A cura di Luca Varinelli

Un ricco cavaliere si ritrovò un giorno a dover partire per la guerra in un paese lontano: volendo assicurarsi la fedeltà della sua bella moglie, le impose la cintura di castità, e diede la chiave al suo migliore amico, per evitare di smarrirla. Il cavaliere si accinse a partire, ma dopo nemmeno un’ora di cammino, udì un rumore affrettato di zoccoli alle sue spalle, e vide arrivare di corsa l’amico, tutto trafelato: “mi hai dato la chiave sbagliata!”

La storiella poco sopra narrata, che ha tutti i contorni di una barzelletta, è raccontata dallo storico tedesco Albrecht Classen nel suo famoso trattato che ha lo stesso oggetto di questo articolo.

Se i lettori vogliono perdonarmi, vorrei proseguire ancora un poco sulla vena comica che questo argomento è in grado di suscitare, ricordando l’attore Paolo Villaggio nel ruolo dell’intramontabile Fantozzi, stavolta nei panni di un cavaliere di ritorno dalle Crociate che scopre di aver smarrito la chiave della cintura di castità della propria sposa.

L’argomento in questione però è in grado di suscitare sentimenti del tutto opposti, e l’oggetto ad esso correlato diviene l’emblema di un periodo buio e rozzo in cui la donna veniva oppressa e segregata.

Il discorso promette dunque di estendersi e di diramarsi ben oltre al semplice quesito sull’esistenza o meno della cintura: può arrivare a toccare un esame comparatistico tra la “donna medievale”, e la donna di altre epoche storiche, financo ad estendersi ad una disamina della sessualità in età medievale. La cintura, in quest’ottica, costituisce prima di tutto strumento di repressione sessuale, e possiamo anche essere certi che esemplari di cinture di castità siano esposti nei musei della tortura insieme ad altri marchingegni infernali.

Diversi storici e studiosi del diritto hanno messo in luce l’effettivo ruolo della donna nel Medioevo, giungendo a risultati assai distanti dal senso comune.

La donna del Medioevo non era ritenuta al pari dell’uomo? Certamente no…come però non lo era in altre epoche, come l’Ottocento inglese, o l’antica  Grecia… 

Un ribaltamento di prospettiva può essere innescato dalla considerazione sulla donna nell’antica Roma:  la “donna romana” , ritenuta dal pensiero popolare libera ed emancipata, godeva in realtà di una scarsa considerazione sul piano giuridico, che si rifletteva anche nell’assoluta impossibilità di intraprendere una carriera politica.

Nel corso del Medioevo invece il panorama politico e sociale si arricchisce di figure femminili interessanti: nobildonne, regine, mercanti, sante e badesse.

Si può dunque rivalutare il Medioevo, con tutte le riserve che si possono avanzare a causa della lunghezza dell’arco storico considerato, come un’epoca in cui vi fu un relativo miglioramento nella condizione del sesso femminile.

Sul punto della sessualità, discorso che meriterebbe un articolo appositamente dedicato, i ricercatori hanno sottolineato come il Medioevo non fu affatto un’epoca di repressione. L’osservazione che sorge spontanea di fronte ad un simile dato è “ma la Chiesa non diceva la sua?”

Potremmo dire che la Chiesa “bacchettava” perché era il suo intento fornire il proprio insegnamento morale, tuttavia possiamo essere certi che nessuno finiva al rogo per una “scappatella” fuori dal matrimonio. 

Diverso il discorso dell’adulterio, che veniva perseguito e punito come reato, non dai giudici dell’Inquisizione, bensì dai tribunali secolari.

Negli scritti medievali, in particolare modo nella letteratura cavalleresca, un tema ricorrente è proprio quello del cavaliere che deve distaccarsi dalla sua amata per affrontare la guerra o qualche impresa.

Tuttavia in nessun caso ci troviamo di fronte al minimo accenno ad un aggeggio per segregare le grazie della signora.

Dunque la famigerata cintura non sarebbe altro che un altro dei numerosi luoghi comuni, assolutamente falsi, che si sono formati sul Medioevo… il professor Classen, che abbiamo citato poc’anzi, pone la diceria sullo stesso piano della voce che vuole Colombo e i dotti di Salamanca impegnati in un furibondo dibattito sulla rotondità o meno della Terra.

Ma da dove nasce questo mito della cintura?

Il concetto di cingulum castitatis risale effettivamente al VI secolo: si tratta però di un’espressione simbolica legata al voto di castità.

Solo nel tardo Medioevo fanno comparsa in alcuni libri delle rappresentazioni di macchine immaginarie, le prime rappresentazioni di cinture di castità.

“Gli ingegneri del rinascimento come Leonardo si divertivano a immaginare le cose più incredibili, dall’aeroplano, al sommergibile, al carro armato, e in manoscritti di questo tipo compare anche il disegno della cintura di castità” (Alessandro Barbero, storico)

Nessuna prova indica che sia mai stata una consuetudine indossare la cintura, ad ogni modo la scienza medica ci assicura del fatto che un simile marchingegno non poteva essere effettivamente utilizzato per lunghi periodi: al di là delle limitazioni dovute al peso dell’oggetto, vi è da considerare che in simili condizioni un essere umano non è in grado di effettuare agevolmente le normali funzioni fisiologiche, né di provvedere al proprio igiene; dopo un brevissimo tempo si finirebbe per contrarre delle infezioni.

In effetti l’unico esemplare di cintura di castità considerato autentico, e risalente alla prima età moderna (1500 ca), conservata presso il Palazzo Ducale di Venezia e attribuita ai signori di Padova, sembra progettato con la finalità prima descritta di prevenire una violenza sessuale, e presenta un meccanismo di chiusura a fibbia già noto ai Romani: tale meccanismo, sebbene renda meno agevole l’apertura della cintola di ferro, è assolutamente inidoneo ad assicurare una chiusura pressoché permanente. Inoltre vi è da valutare l’eventualità che anche i marchingegni chiusi con il classico lucchetto, qualora effettivamente usati, assicurassero una protezione precaria per la signora in questione, adatta alla difesa in situazioni isolate, quali ad esempio una gita per le vie cittadine: qualunque fabbro infatti avrebbe potuto agilmente rimuovere il lucchetto. 

Inoltre il trattato in questione, il Bellifortis, scritto dall’ingegnere tedesco Konrad Kyeser, è un trattato in cui si descrivono delle tecnologie militari, anche se un assai improbabili e fantasiose per l’epoca: la didascalia Latina indica che si tratta di “brache” di ferro destinate alle donne fiorentine, che dovevano indossarle per evitare di subire violenza dal nemico o dalle bande di mercenari che costituivano parte dell’esercito cittadino.

In un’incisione risalente sempre al Cinquecento ci viene mostrata  una donna in presenza di due uomini: uno dei due cede denaro all’altro, mentre la donna ha una sorta di fascia in ferro, chiusa con un lucchetto, che le cinge la vita: parrebbe una rappresentazione allegorica, forse, della prostituzione (il protettore che cede le grazie della donna in cambio di denaro); siffatta rappresentazione, presa sul serio, può dunque aver rafforzato la voce circa l’effettiva esistenza della cintura.

“E le cinture di castità che si vedono nei musei? Quelli sono dei falsi dell’Ottocento… come anche gli strumenti di tortura che si vedono in quei luoghi – abbastanza diseducativi, devo dire – che sono i cosiddetti musei della tortura, nelle nostre città medievali. Nell’Ottocento si immaginano questo Medioevo barbarico e crudele, con queste usanze incredibili, ed è pieno di collezionisti che cercano  questi oggetti, e se non li trovano li fabbricano… però sono dei falsi. Al British Museum fino a un po’ di tempo fa era esposta una cintura di castità, poi l’hanno tolta e non se n’è saputo più niente.”  (Alessandro Barbero, storico)

Un’ultima domanda prima di chiudere il discorso: è esistito un periodo storico in cui le cinture di castità venivano realmente utilizzate? Una breve ricerca sul punto ha fornito un esito curioso: alcune testimonianze risalenti all’Ottocento inglese, ci informano che molte donne fecero effettivo uso di arnesi del tutto analoghi alla famigerata cintura, non tanto per imposizione dei mariti, bensì, ancora una volta, come meccanismo antistupro: in questo periodo infatti molte donne cominciano a prestare servizio come operaie nelle fabbriche… una volta a casa dopo il turno di lavoro, le lavoratrici potevano tranquillamente rimuovere il congegno. 

PER APPROFONDIRE: 

“Dietro le quinte della Storia – la cintura di castità”: scatch del programma Quark condotto da Piero Angela, intervento del prof Alessandro Barbero, storico e medievista;  

“Il mito della cintura di castità”: video del canale ufficiale di Massimo Polidoro, giornalista e divulgatore scientifico;

“La bufala della cintura di castità medievale”: articolo disponibile su Wired, di Stefano della  Casa, giornalista e divulgatore scientifico;

The Medieval Chastity Belt: A Myth-making Process”: saggio di Albrecht Classen, storico e medievista;

La vera storia delle cinture di castità”: articolo disponibile su Focus Storia;

L’amore carnale nel Medioevo”: articolo disponibile su Medioevo in Umbria. di Franco Cardini, storico e medievista;

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