La donna che decise il suo destino – Pier Luigi Vercesi – Neri Pozza

Trama. Donna bellissima e indomabile. Figlia del marchese Trivulzio, tra gli uomini più ricchi di Lombardia, a sedici anni sfida la famiglia rifiutandosi di sposare il marito scelto per lei e convola a nozze con il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, bello e maledetto, carbonaro e playboy nella Milano degli anni Venti dell’Ottocento. Passano pochi anni e decide di abbandonarlo perché non accetta di essere tradita, dando ovviamente scandalo. La Milano austriaca le sta ormai stretta. Comincia la sua carriera di esule e di finanziatrice di disperate spedizioni patriottiche. A Parigi, dopo aver vissuto qualche anno nell’indigenza perché l’Austria ha sequestrato i suoi beni (la aiuta l’eroe delle due rivoluzioni, il marchese di Lafayette che si innamora di lei), inaugura un salotto frequentato da scrittori, artisti e politici. Molti cadono ai suoi piedi, da Alfred De Musset a Franz Liszt, da Heinrich Heine a Honoré de Balzac, ma lei non va oltre il flirt. L’unica persona a cui si lega è lo storico François Mignet, che con i suoi articoli aveva fatto cadere Carlo X e salire al trono Luigi Filippo, il re borghese. Diventa il punto di riferimento, anche economico, di molti esuli, fonda giornali, collabora alla prestigiosa Revue des deux Monde, è tra le poche persone che si occupano dell’uomo in disgrazia, esule e prigioniero, che diventerà Napoleone III e che poi la deluderà. Si attira le invidie di altre salottiere e di patrioti italiani che vorrebbero si limitasse a scucire quattrini e a non occuparsi di politica. Torna in Italia e riorganizza i suoi possedimenti aprendo scuole per i figli dei contadini. Tutta la nobiltà insorge. Alessandro Manzoni la condanna: «Ma se li facciamo studiare chi coltiverà le nostre terre?». In vista del Quarantotto si traferisce a Napoli e raggiunge Milano subito dopo le Cinque giornate con un contingente di volontari napoletani. Organizza gli ospedali da campo durante la Repubblica Romana. Delusa dalla Francia che tradisce le aspirazioni italiane, si trasferisce in Anatolia, dove organizza una fattoria con criteri socialisti. Fa un viaggio, a cavallo, fino a Gerusalemme. Una notte attentano alla sua vita e rischia di morire. Quando finalmente l’Italia diventa una nazione, lotta perché migliorino le condizioni di vita dei più poveri e anche in questo caso si fa molti nemici. Così la donna che per tutta la vita ebbe il coraggio di battersi sempre per le sue convinzioni, morta esattamente 150 anni fa, si attirò una serie di fantasiose biografie. Vista con gli occhi di oggi, e alla luce delle moltissime lettere ritrovate, si conferma essere quella che forse un solo uomo dell’Ottocento, Carlo Cattaneo, vide: «La prima donna d’Italia».

Recensione a cura di Sara Valentino

Pier Luigi Vercesi è inviato del Corriere della Sera, ha varie pubblicazioni al suo attivo, tra le quali La notte in cui Mussolini perse la testa e Il naso di Dante, edite entrambe dalla casa editrice Neri Pozza. Inoltre è documentarista in Tv, menziono tra i suoi documentari: La Roma di Nerone e La Germania del Novecento.

Si evince sin dal curriculum letterario dell’autore quale può essere il suo stile, ricercato e minuzioso nel raccontare dettagli della storia. Avete tra le mani una vera e propria biografia storica di Cristina di Belgioioso, una vita che meritava di essere raccontata così, di essere portata nelle librerie e nei cuori dei lettori. Poco si è detto e scritto su di lei, almeno io non ho avuto occasione di conoscerla approfonditamente prima di oggi.

ritratto Cristina Trivulzio di Belgiojoso di Francesco Hayez, 1832

Osservate la copertina, quella che pare assolutamente chiamarvi e scavarvi dentro per chiedervi se state davvero vivendo o vi state trascinando in una vita che qualcuno ha desiderato cucirvi addosso. E’ difficile andare controcorrente, ci vuole una forza incredibile, una forza interiore e non certo quella bruta e fisica; io per prima ammetto che non ne sono capace, ci provo, affogo, annaspo, a volte riemergo ma andare contro tutti e tutto per i propri ideali non è facile, non è per tutti.

In copertina parte del ritratto Cristina Trivulzio di Belgiojoso di Francesco Hayez, 1832, il suo sguardo, catturato in maniera eccelsa dall’autore e dal pittore, è eloquente, non lascia scampo nel dipingere questa donna, eroina direi e per dirla con le parole di Carlo Cattaneo: “La prima donna d’Italia”.

La lettura non è semplice, anche se lo stile, che definirei abbastanza giornalistico, è comunque lineare nella forma e scorrevole.

Ne usciamo un po’ smarriti, ci chiediamo dove sia la nostra passione, cosa stiamo facendo, per cosa stiamo vivendo e lottando. Però il risveglio alla fine della lettura è inevitabile, forse lo dobbiamo a lei, Cristina Belgioioso, a quelle come lei. E’ così che una sferzata di energia ci pervade le membra.

Della trama potete leggere abbondantemente dalla quarta di copertina che ho riportato all’inizio, però alcuni passaggi li riporto e analizzo brevemente perchè sono importanti per comprendere l’autore, la protagonista e se il libro ci può piacere.

Era il 1851. Cristina aveva quarantatrè anni e diverse esistenze alle spalle. Incarnava, per chi l’amava e per chi la disprezzava, il mito dell’eroina romantica, un byronismo al femminile che non corrispondeva alla sua anima, nè alla sua mente profondamente razionale anche se incapace di accettare le convenzioni dell’epoca”

Una donna che a vent’anni recide i rapporti con il passato, con un marito che l’aveva delusa e sappiamo quanto questo comportamento non poteva essere accettato a quel tempo, già poco lo sarebbe oggi.

Ecco che Cristina scrive questo a un suo coetaneo: “Bada che il vivere in mezzo al mondo, e non com’esso, è cosa più difficile che non può crederlo chi non l’ha ancora provata. Ma ho veduto il mondo, l’ho anche più che veduto. Purtroppo non vi rimasi semplice spettatrice” e ancora “Io mi posso distaccare dal passato, perchè in quello ho sofferto come spero di non soffrire mai più.

Non credo che queste sue abbiano bisogno di spiegazioni, tanto più che ogni parola fiorisce come seme se trova terreno fertile e dà frutti in base al tipo di terra che lo accoglie. Questa è la sua storia e ognuno la farà sua nel modo che più si avvicina al proprio vissuto.

Nel dire addio alla Principessa mi soffermo su un argomento ancora molto importante, non se ne era occupata per tutta la vita, “sebbene fosse la causa principale delle sue disavventure”, la subordinazione alla quale gli uomini costringevano l’universo femminile. Lo farà su richiesta di Mamiani per la Nuova Antologia nel gennaio 1866. Fu imparziale, si attenne ai fatti, non assunse quindi posizioni estremiste come aveva sempre fatto nel far valere le sue opinioni sui soli accadimenti. Era ormai palese che la donna non fosse inferiore all’uomo nè intellettualmente nè moralmente ma ancora i vecchi pregiudizi dettavano le leggi sociali. Lei che era stata insultata con il termine “intellettuale” perchè le donne dovevano rimanere nell’ignoranza…

“Ho amici che stimo e rispetto; altri che amo o per i quali provo soltanto pena. non tutti sono amici allo stesso grado: ma non mi è mai accaduto di allontanare qualcuno dal posto che gli avevo dato. Penso perciò a voi talvolta, ed è sempre per augurarvi più bene di quanto ne auguriate a voi stesso”

ISBN: 978-88-545-1991-6

Collana: I Colibrì editore Neri Pozza

Pagine: 288

Prezzo: €18,00

Sito Neri Pozza per l’acquisto

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