La leggenda dei 47 Samurai

Chi viaggia oggigiorno con la linea metropolitana Yamanote dalla stazione Tokyo verso sud fino a Shinagawa raggiunge, dopo una breve passeggiata, il tempio Sengaku, situato in fondo a una strada secondaria.

Il tempio fu eretto tra gli anni 1596 e 1615 su disposizione di Tokugawa Ieyasu, il fondatore dello shogunato della prima età moderna.

Posto da prima fuori dal castello a Sakuradamon, in seguito a un incendio nel 1641 fu nuovamente ricostruito nel luogo attuale, nel quartiere Takanawa.

A quell’epoca il tempio era uno dei più importanti centri della scuola del Buddhismo zen Soto. Ad attrarre i turisti è un’altura sul retro del tempio, dove si trova un luogo di sepoltura spesso avvolto dal profumo di innumerevoli bastoncini d’incenso. Qui si trovano i resti mortali dei 47 samurai circonfusi di leggenda, i quali vendicarono la morte del loro signore Asano Naganori per ristabilirne l’onore. Per questo furono puniti con la morte.

Cosa accadde esattamente? Il signore del territorio di Ako, il 21 aprile 1701, a seguito di una pubblica offesa aveva sguainato la spada contro il cerimoniere, Kira Yoshinaka, uno dei funzionari di più alto rango dello shogun.

Quel gesto costituiva un reato gravissimo nella residenza dello Shōgun. Sebbene l’aggredito fosse stato solamente ferito, Asano dovette darsi la morte il giorno stesso, senza che il suo caso fosse stato approfondito.

I suoi possedimenti ad Ako furono confiscati e i vassalli persero il loro sostentamento. Divenuti samurai senza padrone (ronin), vagavano apparentemente inermi, mentre in segreto preparavano la vendetta, guidati da Oishi Kuranosuke, il più alto vassallo della casa e più vicino ad Asano.

In una fredda notte di dicembre del 1702 i 47 fedeli irruppero nella residenza dell’odiato Kira a Edo (Tokyo oggi). Lo uccisero e decapitarono, per poi portare la sua testa sulla tomba del loro signore al Sengakuji.

La loro azione venne celebrata dai contemporanei fin oltre i confini della città, poichè l’ingiusto trattamento subito dal daimyo da parte dello Shōgun la faceva apparire legittima; ma non era legale!

Per questo, due mesi dopo, i seguaci del daimyo furono costretti a compiere harakiri ossia a togliersi la vita tagliandosi il ventre.

Si erano assunti tale rischio, anteponendo lo spirito del samurai al diritto dello Shōgun e seguivano ora il loro signore nella morte.

Oggi è conosciuta da ogni bambino in Giappone, trasformata in testi e in opere teatrali ma la storia dei 47 samurai senza padrone assunse un ruolo chiave anche dal punto di vista storico. Segnò un momento di svolta nello sviluppo della classe dei guerrieri giapponesi nello stato Tokugawa.

Per approfondire:

Il libro racconta le vicende della leggendaria classe guerriera nello specchio della storia, della cultura e della società giapponese, ricostruendone non solo le imprese militari, ma anche lo stile di vita e il ruolo sociale. La nascita, l’ascesa e il declino dei samurai coprono un tempo di oltre mille anni, dai primi guerrieri del V/VI secolo alla loro abolizione formale come classe sociale dopo la restaurazione Meiji del 1868. Anche dopo la disgregazione come classe dirigente, l’antica ideologia samurai del bushidō («la via del guerriero») ha continuato a vivere nel Giappone moderno, come mito con cui interpretare la propria storia secondo i vecchi principi e gli ideali di fedeltà e onore. Altrettanto durevole è il lascito che le loro gesta e i loro valori hanno trasmesso all’immaginario non soltanto giapponese, ispirando la letteratura e il cinema.

  • Editore ‏ : ‎ Il Mulino (17 marzo 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 168 pagine
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