La Maddalena di Senigallia – Anna Pia Giansanti

Anna Pia Giansanti ci presenta il suo lavoro di ricerca sfociato nella stesura di questo testo imperdibile per gli appassionati:

La Maddalena di Senigallia

Esisteva a Senigallia un’avvincente tradizione, riportata da molti storici marchigiani ma da alcuni di questi ritenuta una leggenda, che raccontava del matrimonio di una principessa marsigliese con un nobile della città.

In ricordo della patria lontana, la giovane sposa chiese al padre di poter portare con sé a Senigallia delle reliquie della Maddalena e del fratello Lazzaro che lui possedeva. Il padre acconsentì così che le reliquie giunsero in questa città e furono accolte in una chiesuola periferica che la principessa fece subito costruire allo scopo.

La presenza delle reliquie della Maddalena a Senigallia attrasse ben presto folle di pellegrini e, come spesso accade in queste circostanze, ogni 22 di luglio, giorno in cui si festeggiava la Santa, si teneva anche un mercato che nel corso degli anni diventò una grande fiera, la Fiera Franca di Senigallia che risollevò le sorti economiche della città.

Le date relative a questi eventi, ipotizzate dagli storici locali, erano approssimative e non coincidenti, non venivano riportati i nomi dei protagonisti dell’episodio, non vi era più traccia della chiesuola antica, né delle reliquie.

Poiché sono convinta che ogni tradizione, per quanto fantasiosa possa apparire, nasconda sempre un fondo di verità, ho riesaminato e confrontato le fonti storiche e ho trovato che qualcuna accennava ad un altro episodio, questa volta definito cronologicamente.

Nel 1444 era stato inviato nelle Marche Bartolomeo Colleoni, quale Capitano Generale di Filippo Maria Visconti, per introdursi tra gli eserciti di Nicolò Piccinino e Francesco Sforza, genero del Visconti, allo scopo di pacificarli. Mentre l’esercito del Colleoni era stanziato a Senigallia in attesa di intervenire, Bellino Crotti, cappellano e confessore del Colleoni, scovò all’interno di una chiesuola abbandonata un involto con  delle reliquie ed una pergamena che narrava del matrimonio della principessa. Non venivano descritte le reliquie di Lazzaro, ma si riportava che le reliquie della Maddalena consistevano in un femore ed altri frammenti. I sacri resti furono così portati via da Bellino Crotti e donati a due castelli di proprietà del Capitano di ventura a Rumano e a Covo.

Oggi i due castelli sono Romano di Lombardia e Covo, due cittadine del Bergamasco dove, con grande emozione, ho ritrovato le reliquie della Maddalena, conservate nel Museo d’Arte e Cultura sacra di Romano, e il cranio di Lazzaro nella chiesa parrocchiale di Covo.

Di grande interesse sono stati i documenti d’archivio che ho poi potuto esaminare e riportare nel mio studio. Questi mi hanno consentito di ricostruire il viaggio delle reliquie dalle Marche in Lombardia e di raccontare altre suggestive storie. La leggenda era diventata una realtà storicamente documentata.

Ma come era giunto il Principe di Marsiglia a possedere tali reliquie?

La tradizione senigalliese a questo punto si intreccia con la più nota tradizione provenzale narrata da scrittori medievali come Rabano Mauro, Jacopo da Varagine, documentata fin dal V secolo negli Atti di Saint Maximin e raffigurata da celebri artisti tra i quali Giotto nella basilica inferiore di Assisi.

Quando dopo la crocifissione iniziarono le persecuzioni nei confronti dei seguaci di Cristo, Maria di Magdala con Lazzaro, Marta e la serva Sara, Massimino ed altri, furono abbandonati in un barcone senza remi e senza vele perché naufragassero. Miracolosamente il barcone approdò alle foci del Rodano, secondo alcuni a Saintes Maries de la Mer, secondo altri a Marsiglia.

In Provenza la Santa avrebbe predicato, compiuto miracoli e sarebbe morta dopo trent’anni di eremitaggio nella grotta della Sainte-Baume, non lontana da Aix en Provence. Dunque Maria di Magdala doveva essere stata sepolta lì. Tuttavia la storia delle reliquie della Maddalena in Francia è molto complessa.

Dapprima fu l’abbazia di Vezelay in Borgogna a vantare di possedere i resti della Santa. Tali resti però, alla riesumazione del 1265, risultarono poco consistenti. Furono allora gli abitanti del villaggio di Saint-Maximin, sorto intorno ad una chiesa dedicata al Santo, nella pianura sovrastata dalla grotta della Sainte-Baume, che pretesero di possederli.

Le ricerche non approdarono a nulla finché nel 1279 non giunse nella cittadina Carlo II d’Angiò che fece scavare nella cripta della chiesa di S. Massimino dove si trovavano alcuni sarcofagi. In uno di questi le reliquie vennero ritrovate. Così Carlo d’Angiò fece costruire sul luogo una grande basilica con annesso convento reale e, nello stesso anno, Papa Bonifacio VIII emanò una bolla con cui autenticò le reliquie. Il racconto è affascinante, ma non privo di incongruenze che trasformano l’episodio in un vero giallo storico: come faceva Carlo d’Angiò a sapere il luogo in cui la Santa era stata sepolta? Come aveva fatto a riconoscere il sarcofago che ne conteneva le reliquie? Perché cacciò via dal luogo i Benedettini e affidò il convento reale ai Domenicani?

Al ritrovamento fu presente quale testimone oculare Salimbene de Adam. Questi, nella sua Cronica del 1283, descrisse l’episodio della ricognizione in modo dettagliato affermando che, finalmente, sarebbero terminate le contese tra gli abitanti di Vezelay e quelli di Senigallia.  Annotando, anche, che lo scheletro risultava mancante di un femore e di altri frammenti e così, indirettamente, confermò l’autenticità delle reliquie senigalliesi. Quindi, al momento della ricognizione in Provenza, Senigallia le possedeva già.

Questa è solo una sintesi del tema principale della mia ricerca. Nel libro ho raccontato altre storie ad esso collegate, ho descritto dettagliatamente le reliquie della Maddalena e di Lazzaro e pure tutti i luoghi menzionati che ho avuto modo di visitare.

Ho dedicato poi un capitolo introduttivo all’esegesi magdalenica ed al problema delle tre Marie, un altro capitolo all’iconografia della Santa che risulta essere stata la più raffigurata nella storia dell’arte, dopo la Vergine Maria.  Infine ho analizzato la documentazione relativa agli scavi fatti nel territorio intorno all’attuale Chiesa settecentesca della Maddalena di Senigallia i cui reperti archeologici, purtroppo quasi totalmente perduti, sarebbero stati di grande significato per conoscere la storia del primo Cristianesimo nella città.

Il testo è corredato da un repertorio iconografico curato e realizzato da Emiliano Pagani.

Indice:

pag. 13 Prefazione

15 Cap. I – Myriam di Magdala, tra verità e leggenda

37 Cap. – II Dopo la Croce

59 Cap. III – I luoghi di culto

83 Cao. IV – Iconografia della Maddalena

121 Cap. V – La Maddalena a Senigallia

143 Cap. VI – La Maddalena da Senigallia a Romano di Lombardia

187 Cap. VII – Le reliquie di San Lazzaro a Covo

199 Cap. VIII – I Prati della Maddalena

215 Conclusioni

219 Bibliografia

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