La maledizione di Cheope Di Nagib Mahfuz

Cheope apprende dall’indovino Djedi la fine della sua stirpe. Lui, il faraone, sarà l’ultimo della sua genia a regnare in terra d’Egitto. Qualcuno altro gli succederà sul trono. Sarà un uomo che, adesso, è un neonato nella città di Awn, un infante generato da Man-Râ, il grande sacerdote di Râ, e dalla giovane moglie Radde Didit. Cheope e il crudele figlio, il principe Rekhaef, partono alla caccia del futuro usurpatore, ma, per un gioco degli eventi, il piccolo si salva e sarà allevato dalla serva Zaya che lo crescerà nella casa del suo nuovo consorte.

Recensione a cura di Eugenio Mandolillo
Egitto, Antico Regno.
Cheope, il faraone più grande di ogni tempo contempla quella che avrebbe dovuto essere la sua più grande opera: una gigantesca montagna di pietra che avrebbe congiunto la terra e il cielo e, fungendogli da dimora eterna, avrebbe assicurato stabilità e prosperità all’Egitto.
Un’opera imperitura che ne avrebbe perpetuato il ricordo, un erede – il principe Rekhaef – spietato ma anche devoto e già pronto a succedergli, eppure al faraone questo non basta ed informato sull’esistenza nel suo regno di un grande mago, Djedi, capace di predire il futuro e compiere mille altri prodigi non esita a convocarlo. Giunto a corte, Djedi sconvolge i presenti con una terribile profezia: a succedere a Cheope non sarà Rekhaef o uno dei consanguinei di Cheope ma sarà un bambino che è appena nato, figlio di un piccolo sacerdote di Ra, Man-Ra, e di sua moglie Radde Didit.
Con le profezie non si deve scherzare e d’impeto il faraone si mette alla testa di un piccolo esercito per eliminare la minaccia quando questa è ancora in fasce. Tuttavia, quando il faraone raggiunge la dimora di Man-Ra, il piccolo non c’è più: il padre, avvertito degli eventi, riesce a mettere in salvo il figlio, la madre e la serva di lei, Zaya e, quando alla fine il faraone si presenta al sacerdote non gli rimane che assistere al suo suicidio e uccidere il neonato che gli era stato presentato come figlio di Man-Ra e Radde Didit.
Scampata alla furia di Cheope, le disavventure di Radde Didit non sono però finite: inseguite nella notte da un gruppo di predoni del deserto viene abbandonata da Zaya nella notte che porta via con sé il neonato.
Quale futuro aspetta il piccolo Dedefra? Succederà davvero al faraone o passerà la sua esistenza ignaro del destino che era stato scritto per lui?
Considerazioni
Romanzo interessante anche se è certo l’opera che ha assicurato all’autore il Nobel per la Letteratura, per molti versi ricorda lo stile di Jacq, privato però della componente magica che tanto ruolo ha nell’autore francese: stesse licenze letterarie (anche se in questo caso sono probabilmente dettate dal fatto che il romanzo è stato scritto negli anni ’30 del Novecento e le scoperte successive hanno mostrato la falsità di quelle che al tempo era la versione ufficiale della storia), stessa tendenza a rendere la psicologia dei personaggi lineare e risolvere anche i più profondi turbamenti emotivi in poche battute, stessa idea di un Egitto retto e governato da Maat.

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