La maschera di marmo di Jean- Christophe Grangè

 Germania, fine anni Trenta. I corpi senza vita delle mogli di due gerarchi nazisti vengono ritrovati tra le luci sfavillanti di una Berlino mondana, inconsapevole della guerra imminente. Le indagini sono affidate al brutale e spietato ispettore Franz Beewen. L’alto ufficiale della Gestapo si mette subito all’opera e segue i primi indizi, che lo conducono nello studio di Simon Kraus, uno psicanalista specializzato nell’interpretazione dei sogni. Potrebbe essere lui ad avere la chiave per capire chi sia l’assassino. Le vittime erano sue pazienti, ed erano entrambe tormentate dall’incubo di essere inseguite da un uomo con il volto coperto da una maschera di marmo. Una figura che per Kraus è la personificazione di paure e traumi, ma che, alla luce dei fatti, potrebbe essere più reale di quanto si immagini. C’è qualcuno, però, che ostacola Beewen e Kraus nel cammino verso la verità. E non è solo l’assassino. Perché i due stanno cercando risposte proprio là dove il partito nazista nasconde i suoi segreti più torbidi e inconfessabili. Ma non si fermeranno davanti a nulla. Anche se questo vorrà dire mettere in dubbio i valori della patria.

  • Editore ‏ : ‎ Garzanti (11 ottobre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 720 pagine

Recensione a cura di Stefania De Leonardis

Nella Berlino di fine anni Trenta, invasa dai simboli del nazismo: bandiere, striscioni con le rune delle SS, aquile e croci uncinate, vige il terrore del regime nazista. Regime intransigente nel discriminare la razza inferiore ebraica e nell’eseguire gli omicidi di massa dei “diversi”.

E’ nell’assolata e sonnolenta Berlino di fine agosto del 1939, dove la vita scorre beata per chi è schierato con il Reich, che si svolge la storia dell’assassinio dai contorni oscuri di quattro donne.

Sono le bellissime e spensierate mogli dei gerarchi più in vista del regime. Avvolte in sete fruscianti pensano solo a godersi la loro lussuosa vita.

Queste dame del Reich si ritrovano tutti i pomeriggi nel Club esclusivo dell’Hotel Adlon di Berlino, per chiacchierare e bere champagne, mentre l’Europa è alla vigilia della seconda guerra mondiale. Sono anche le vittime prescelte da un misterioso killer mascherato, che le sorprende sulle rive della Sprea o vicino ai laghi, sottoponendole a orribili mutilazioni. Un assassino inafferrabile, spietato e insospettabile fino alla fine.

Le SS, pronte ad investigare sul caso omicida, si imbattono in tre tipi singolari: uno psichiatra gigolò, una baronessa alcolizzata e un ambizioso Hautpstrumführer della Gestapo. Questi affronteranno il caso collaborando tra di loro alla ricerca dell’assassino.

Ma quando i tre “investigatori” risolvono il caso, si imbattono in un accenno alla misteriosa e inquietante “Operazione Europa” che riapre la ricerca della causa scatenante di tutti gli omicidi legati alle Signore dell’Adlon che troverà una sconvolgente conclusione a Czestochowa, sul finire della guerra, contemporaneamente alla Battaglia di Stalingrado.

Nel leggere il libro mi sono imbattuta in una moltitudine di personaggi caratteristici sia fisicamente che caratterialmente che, nel descriverne tutte le loro peculiarità e sfaccettature, ci vorrebbero pagine e pagine di recensione! Mi soffermo a descrivere brevemente solo i tre “investigatori”, a dir poco improvvisati, della vicenda.

Il primo personaggio delle descrizioni èSimon Kraus, uno psichiatra, che ama definirsi psicoanalista e apre lo studio solo alle donne. Un bell’uomo, ma terribilmente basso con la media del metro e settanta a confronto dei colossi tedeschi propriamente detti. La diversità lo ha spinto fin dall’adolescenza ad affinare l’intelligenza portandolo a brillare professionalmente, malgrado la sua dubbia moralità. Egli alloggia gratis, nell’appartamento concesso da una delle sue pazienti, Leni Lorenz, moglie di un banchiere che gestisce i beni sottratti agli ebrei. Hanno fatto addirittura l’amore persino nel deposito di arredi confiscati, in cui lo ha accompagnato per scegliere i mobili. E’ il mantenuto e favorito della signora berlinese.

Gigolò fino alla radice dei capelli, egli frequenta l’Hotel Adlon corteggiando e portandosi a letto le dame. La fama del suo studio aumenta rapidamente, fino a rendere Kraus il confidente – più che terapeuta – delle signore del club dell’Adlon, che però, a dispetto dell’etica professionale, non manca di ricattare con registrazioni delle sedute psichiatriche, durante le quali le donne raccontano i propri sogni o si lasciano andare a confidenze che in altri contesti sarebbero state internate in un campo di prigionia.

L’inizio del libro si apre con Greta Fielitz, una delle donne più avvenenti della capitale e moglie di un aristocratico sassone, che si rivolge a lui per qualche sintomo di depressione; lui la spinge piano piano a rivelargli i suoi sogni ricorrenti, o meglio incubi antinazisti, in cui sfoga una velata ostilità verso il regime. Con il dott. Kraus, la giovane si era lasciata scappare che il marito disprezzava Hitler che definisce “il caporale boemo”. Simon aveva minacciato di contattare la Gestapo, lasciando a Greta il dubbio: confessare al marito che stava consultando uno psicanalista oppure pagare. Aveva scelto la seconda opzione.

“Simon Kraus aveva lasciato la Germania dal 1934 al 1936 per studiare in Francia e poi era tornato a Berlino. aveva vissuto l’incendio del Reichstag nel febbraio del 1933, la concessione dei pieni poteri a Hitler un mese dopo, il successivo rogo dei libri, La Notte dei lunghi coltelli nel ’34 e la Notte dei cristalli nel novembre del ’38… L’unico evento che aveva mancato erano state le Olimpiadi. Ebbene, aveva superato questo torrente di merda con la massima indifferenza. Anche adesso che la guerra era ormai palesemente in calendario, continuava a infischiarsene beato. Era sicuro di sopravvivere al diluvio.“

La serenità della vita di Simon Kraus viene sconquassata quando un assassino comincia ad infierire proprio contro le sue pazienti-amanti e la sua posizione viene controllata dalla Gestapo.

Simon Kraus aveva visto nascere il nazismo, quello vero.
Adesso era dato per certo che la Casa Bruna era nata dalla capitolazione tedesca, da quell’ignobile Trattato di Versailles e dall’umiliazione del popolo germanico. Ma il nazismo era nato soprattutto dalla birra. In quei sentori stantii di luppolo e in quei vapori alcolici che maceravano i cervelli. In quelle birrerie fumose che puzzavano di rutti e di piscio e che la sera, sotto le candele tremolanti, erano come grandi organi sanguinanti in cui germogliavano fottute idee antisemite, l’aspirazione a schiacciare tutti i popoli d’Europa”.

Il secondo personaggio è l’Hauptsturmführer Franz Beewen, un gigante con la svastica al braccio e una piastra di riconoscimento della Gestapo. Truce, spietato, brutale egli convive con un trauma di crescita legato al padre, gravemente gassato nella prima guerra mondiale e ricoverato in un istituto psichiatrico. Colosso di bell’aspetto, ma con un difetto al muscolo dell’occhio destro che costringe la palpebra superiore a socchiudersi.

“Oltre a essere alto, era anche di bell’aspetto. Un vero volto ariano appena uscito dalla scatola del Meccano. Lineamenti di ferro, mascelle inflessibili, occhi chiari, bocca sprezzante… Con una faccia del genere, poteva spedirti in un campo di concentramento con un semplice cenno del mento. Un difetto, però, Sigfrido ce l’aveva. Soffriva in maniera evidente di ptosi, una carenza del muscolo della palpebra superiore che gli teneva semichiuso l’occhio destro. Quando ti guardava, pareva ti tenesse sotto mira con la sua Luger.”

Franz Beewen, personaggio cardine della storia, colui che da avvio alle indagini , è conscio, però, dei suoi limiti intellettuali. Sa di essere soloamente un contadino nei panni di sgherro della Gestapo.

“Il 26 agosto, l’Hauptstrumführer Franz Beewen, trentacinque anni, era stato ufficialmente investito del caso. Dal canto suo, lui non aveva la minima idea del perché lo avessero scelto. Aveva un passato brillante (dal punto di vista nazista) ma non sapeva nulla di indagini criminali. La Gestapo era una polizia politica: arrestava le vittime, non i colpevoli.”

Per entrare nella mente di un assassino così sofisticato e fiutarne la scia, capisce subito che dovrà servirsi della mente brillante di Kraus.

Franz disprezza i bassi mezzucci che usa Kraus, i quali gli consentono agi e rendite, impensabili nel rigoroso e, in apparenza, misurato regime di vita del bravo cittadino del Reich.

Franz informa Kraus dell’assassinio di Margarete, una delle sue pazienti. Questa è stata sgozzata ed eviscerata. L’assassino ha efferatamente asportato l’intera regione pelvica, con gli organi riproduttivi e si è portato via le scarpe. Si direbbe un feticista a cui piace giocare con le calzature e le viscere delle due vittime. La terza, Susanne, uccisa e abbandonata nelle stesse condizioni. Altra paziente di Kraus.

Il terzo personaggio è, invece, una donna: la baronessa psichiatra Minna von Hassel.

“Era figlia di milionari comunisti, il che di per sé suonava come una barzelletta. ma la cosa più divertente era che i due leninisti erano fuggiti con il fratellino negli Stati Uniti, la Babilonia del capitalismo. […] Erano generalisti della felicità. In tutto questo, Minna era cresciuta tra tate che la adoravano e la soffocavano come una pila di cuscini di velluto.”

Personalità tormentata era scivolata nell’alcolismo più cupo da quando ha capito che non avrebbe mai potuto in nessun modo salvare i malati psichiatrici che le erano stati affidati, perché per il Terzo Reich era necessario “proteggere” la società da quelle pericolose anomalie, che andavano tenute segregate, anzi eliminate! Lavorava nell’Istituto dove era ricoverato il padre di Franz Beewn.

Aveva un debole per Franz ed era ricambiata. Anche se all’inizio lei provava disagio e fastidio verso di lui!

Lei(Minna)era nauseata. Beewen non era altro che una bestia assassina. […] Era il lupo delle favole, l’assassino dei noir di bassa lega, il bastardo che a tutti piace odiare. Un rimedio drastico contro qualsiasi velleità di affetto o amicizia. Com’era finito al suo fianco?”

Simon Krauss il piccolo psicanalista dalla dubbia moralità, Franz Beewen, il colosso della Gestapo che sembra aver dichiarato guerra al mondo e Minna von Hassel, una ricca ereditiera e psichiatra che lotta per salvare i dimenticati dal Reich… tre singolari investigatori a cui le indagini si oppongono per depistaggio, seguendo le orme del Killer scopriranno molte sconcertanti verità sul disegno che il “Caporale boemo” e i suoi esaltati seguaci hanno messo a punto per l’intera Umanità.

“I rispettivi ruoli erano ormai definiti. Minna era la teorica del gruppo. Simon era lo studioso, l’alchimista. Beewen, il pragmatico, la mente poliziesca, colui che cercava di mantenere il sangue freddo e calmare le acque.”

I tre strani investigatori, di caratteri opposti che inizialmente non si sopportavano l’un con l’altro,alla fine della storia, saranno legati da una indissolubile amicizia!

La maschera di marmo (titolo originale “Les promises” (Trad. Le spose)”l’ho adorato fin dalle prime pagine.

Grangé, con grande maestria, riesce in questo libro a presentare e a far rimanere vivide nella mente sia le situazioni complicatiissimeche i personaggi, spingendo il lettore a leggerlo sino alla fine senza alcuna interruzione e senza pensare al tempo che passa.

E poi, l’orrore della Germania nazista, qui descritto, è tale da superare qualsiasi immaginazione.E’ anche una feroce denuncia contro il Nazismo e i suoi capi.

“Rappresentiamo un potere al di sopra della legge, al di sopra del popolo, al di sopra dell’economia. Rappresentiamo l’ordine e l’autorità. Se siamo certi della nostra causa, vale a dire la protezione della patria, possiamo permetterci qualsiasi cosa”. Il nazismo era giudice e partito, mezzo e fine”

Cè molto splatter e volutamente cruento: sangue che sgorga, ossa rotte e cadaveri mutilati e marcescenti. Questo perricordarci che gli effetti devastanti di quel progetto delirante sono stati orrore e morte per milioni di persone di etnie e credo diversi, colpevoli solo di non essere biondi e con gli occhi azzurri, come imponeva la razza ariana pura.

Tutto il nazismo si può così riassumere: un progetto delirante messo in atto da una massa di delinquenti analfabeti”

Mi è rimasta impressa una citazione, di quelle più agghiaccianti, anche se contrasta totalmente con l’enorme perdita di vite umane che l’ideologia nazista aveva causato, che corrisponde ad una inequivocabile verità e che l’autore ha messo saggiamente in bocca al barone Gerard von Hassel, lo zio di Minna, potente banchiere tedesco:

Noi operiamo per un altro Führer, mia cara, molto più potente dell’uomo con i baffi, un dio che supera tutti questi patetici tentativi di cambiare il corso della storia: il denaro. Il mondo si fonda sul primo capitalista della storia: l’uomo. È il valore migliore, mai in ribasso, mai indebolito: il forsennato egoismo dell’essere umano”.

La minuziosità dei dettagli storici (esempio: il campo di prigionia descritto nel libro“Czestochowa” non è altro che Auschwitz) e la serie innumerevole di colpi di scena e i rovesciamenti delle indagini che portano i tre investigatori ogni volta a punto e a capo fa gola a registi e a Netflix e compagni per farne un film o una serie con finale volutamente aperto.

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