La regina d’oro. La storia di Hatshepsut, la donna che diventò faraone di Christian Jacq

Figlia di Thutmose I, sin da giovanissima Hatshepsut mostra forte personalità, strabiliante intuito politico e grande fascino, tanto che il fratellastro Thutmose II la sceglie come Grande sposa reale e regina d’Egitto. Ma la prematura scomparsa del marito e la giovanissima età del figliastro Thutmose III fanno sì che Hatshepsut assuma la guida del regno e sia nominata faraone. Durante la sua reggenza, la giovane sovrana assicura potere e prosperità all’Egitto: ristabilisce antiche rotte commerciali, conduce campagne militari di stabilizzazione dei confini territoriali, attua ambiziose opere pubbliche e fa erigere maestosi obelischi. Col crescere della sua fama, tuttavia, cresce anche l’invidia per il suo potere e Hatshepsut dovrà sventare diversi complotti, anche grazie all’aiuto di Senenmut, astronomo di corte, architetto reale e suo fidato consigliere. Ma oltre all’ambizione di rendere l’Egitto il regno più potente al mondo, Hatshepsut ha un sogno ancora più grandioso e inconsueto da realizzare, un sogno che farà di lei la grande Regina d’oro… Considerata una delle sovrane più famose d’Egitto, Hatshepsut si contraddistinse per imprese straordinarie che fecero della sua vita una vera e propria leggenda.

  1. Lunghezza stampa 312 pagine
  2. Lingua Italiano
  3. Editore TRE60
  4. Data di pubblicazione 11 novembre 2021

Recensione a cura di Sara Valentino

Tra le donne di spicco della grandiosa civiltà dell’Antico Egitto è da ricordare la regina Hatshepsut, la donna che diventò faraone.

Visse intorno al 1513-1458 a.C. quinta sovrana della XVIII dinastia. Fu la seconda donna a detenere lo scettro come faraone dopo Nefrusobek.

Nel romanzo di Jacq se ne racconta la vita, le vicissitudini, i sogni, la tempra e l’ascesa al trono.

Dopo la morte del padre, Thutmose I, che regnò per tredici anni portando l’Egitto a una notevole espansione e che passò alla storia per aver condotto le truppe fino al fiume Eufrate, non passò a regnare come il genitore avrebbe desiderato e designato. Il regno passò nelle mani di Thutmose II che prese con sè Hatshepsut quale Grande Sposa Reale pur avendo già generato un giovane erede con un’altra donna. Lei discendeva da una stirpe di faraoni che avevano liberato l’Egitto dagli Hyksos, possedeva una tempra da regina, era la diretta discendente e possedeva il titolo di Divina sposa di amon.

“L’amore… era proprio necessario? La felicità l’aveva abbandonata. Tre mesi prima aveva perso l’uomo che adorava, suo padre, il re Thutmose. Hatshepsut aveva uditon le sue ultime parole sul letto di morte:”Figlia mia, sei destinata a regnare””

Thtmose II fu un faraone dal carattere scialbo e per questo non ricordato dai posteri, nessuna straordinaria personalità. Alla sua morte, per altro prematura in quanto cagionevole di salute, la consorte fu incoronata come reggente a fianco del nipote Thutmose III di soli due anni. E’ stata considerata la migliore trai faraoni delle storia egizia, regnando per molti più anni rispetto alle altre regine.

L’egittologo statunitense James Henry Breasted la definì “La prima grande donna della storia di cui noi abbiamo notizia”

“Un faraone autentico è colui che sa trasformare l’orzo in oro. Vivi i grandi misteri, figlia mia, e capirai”

Indubbio il legame con la ricerca dell’oro alchemico e infatti le sue origini fondano sul nome di Thot, .

Va ricordata innanzitutto come uno dei faraoni più prolifici in fatto di costruzioni, si deve a lei il monumentale Tempio funerario di Hatshepsut a Deir el-Bahari. L’incarico di architetto fu da lei affidato al suo fidato amico Senenmut, già maggiordomo reale e consigliere. A lei si devono inoltre altri abbellimenti e costruzioni. Il suo sostenitore, colui che le darà forza. “Ogni esistenza comporta prove che ci infliggono gli astri. Sarai abbastanza forte per affrontare le tue”

La sua morte dopo ventidue anni di regno segna la definitiva ascesa del nipote Thutmose III. La mummia della regina fu rinvenuta da Howard Carter nel 1903 nella Valle dei Re. Si trattava della mummia di una donna non identificata, obesa e dalla pessima dentatura. Solo nel 2007 le analisi incrociate, con un dente rinvenuto nel tempio di Deli el-Bahari, a opera del Dottor Zahi Hawass ha permesso di fugare i dubbi e di identificare definitivamente la mummia di Hatshepsut.

La Damnatio memoriae iniziò con la fine del regno di Thutmose III e l’inizio di quello del suo successore Amenofi II, avvenne la distruzione e sfigurazione di molte sue statue, la cancellazione letterale da opere e cronache oltre all’alienazione dei suoi cartigli e alla frantumazione e successivo seppellimento di sue figure.

Va a Christian Jacq il merito di averla resa nuovamente immortale, di averne riportato in vita attraverso il romanzo le gesta e il carattere straodinario.

“Hatshepsut avvertiva quel momento di grazia nell’intimo. Lei era la “Prima tra i venerabili”, il nome segreto che le aveva dato un mago alla nascita, e che i genitori le avevano rivelato il giorno dei suoi sedici anni.”

L’invidia però anche qui la farà da padrone, per ogni persona che splende c’è sempre chi trama nell’ombra e si logora mentre tesse trame nere. Troverete anche in questo volume il già noto e famoso asino Vento del Nord, con il suo inseparabile compagno.

Un bellissimo romanzo che però nella parte finale perse un po’ di pathos.

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