La regola del mulo impertinente: (Segreti in Giallo) – Claudia Pellegrini

Ritorna la famiglia Corneto, già protagonista del romanzo “La regola del Leviatano”, in quello che può essere considerato una sorta di sequel. Siamo sempre a Regola. Circa un anno dopo gli omicidi a sfondo rituale in cui hanno perso la vita quattro figlie naturali di alcuni cardinali, nel rione accade un altro fatto misterioso. Un cane deposita una mano umana fuori dalla porta di un’abitazione del luogo. In seguito, cominciano a verificarsi sparizioni sospette nel quartiere e, al ritrovamento di un ennesimo pezzo di cadavere, ci si rende conto che l’assassino o gli assassini non si limitano a uccidere e far sparire i corpi, ma li fanno anche a pezzi. La famiglia Corneto si vede costretta ancora una volta a occuparsi di un fatto di sangue. Dopo una serie di indagini inizialmente fallimentari, si riesce finalmente a trovare un punto di contatto tra tutte le vittime in un’osteria della zona: Il Mulo impertinente.

La storia è liberamente ispirata a un fatto risalente alla metà del ‘600, avvenuto a Roma a piazza della Rotonda, quando due norcini che avevano in quel posto una rinomata bottega vennero giustiziati con l’accusa di vendere carne umana mescolata a quella di maiale.

  • Editore ‏ : ‎ PubMe (29 gennaio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 318 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Claudia Pellegrini ci conduce con un nuovo thriller dalle tinte macabre, ma appassionante e divertente, tra le vie e i vicoli di Regola, uno storico rione di Roma in pieno ‘700, oggi tra le vie centrali più belle. 

La “tranquillità” della particolare famiglia Corneto è turbata da un insolito e inquietante ritrovamento, una mano che viene depositata da un cane davanti ad una porta di Via Giulia. Ma prima di commentare i fatti è doveroso conoscere i Corneto i protagonisti della storia. 

I Corneto sono i padroni di Regola o meglio la fanno da padroni, hanno una guardia armata personale e incutono timore e deferenza nel popolino. Il vecchio patriarca Vipsanio Agrippa Corneto è stato investito dal Papa con la carica di governatore di Roma, ci tiene più per pregio e potere, perché odia presenziare le sedute in tribunale, un uomo burbero e irascibile, ma che nasconde un animo gagliardo e benevolo, poi ci sono i due nipoti i cugini Cassiopea e Adone. 

Adone a discapito del suo nome è un nano con un caratteraccio impertinente sempre pronto alla battutaccia anche se ogni tanto ha un guizzo ingegnoso, attaccato solo alla bottiglia e nullafacente, una piaga per il Vecchio nonno e la cugina. Si è sposato con Cosimina una dolce fanciulla di origini umili e proveniente da una casa di tolleranza, hanno avuto un bel bambino di nome Leonida,  in cui finalmente il Vecchio vede un erede che porti avanti il nome dei Corneto.

Cosimina, entrata nelle grazie del Vecchio, si sente a disagio in quella casa e nei confronti della “regina”, dalla quale viene commiserata e che considera il piccolo Leonida come “un mostriciattolo urlante”. Cosimina malgrado tutto trova in Cassiopea una donna da cui prendere esempio, da emulare per poter far parte a pieno titolo della famiglia. 

Cassiopea è i Corneto, grazie alla sua forte personalità la famiglia riesce a mantenere il suo status, è lei che si occupa praticamente di tutto e che consiglia Vipsanio, presiede al posto del Vecchio alle sedute dei postulanti che si recano a palazzo Corneto ogni mattina a perorare le loro lamentele. La donna Cassiopea è una donna fuori dal comune, per certi versi ermetica per nascondere le sue fragilità, cupa, dura, incute soggezione a tutti solo con lo sguardo e la sua indole è conosciuta e temuta in tutta Regola. Non è più giovanissima e non è sposata, è troppo indipendente ed egocentrica per poterlo essere, tiene moltissimo al suo aspetto esteriore ama truccarsi e vestire in modo eccentrico per apparire perfetta e darsi un tono di importanza e superiorità. Benché Cassiopea è un personaggio che non desta simpatia, ma non si può che ammirarla e soprattutto degni di ammirazione sono i suoi felini, tre splendidi scaltri gatti neri che come lei mettono in soggezione chiunque.

…fece il suo ingresso Cassiopea in tutto il suo splendore. Indossava un abito verde bottiglia con ricami bianchi ai polsi e sulla scollatura. Sembrava avere un’aria stanca, ma lo salutò calorosamente e con un sorriso piuttosto amichevole rispetto ai suoi soliti ghigni.

A questo punto è il caso di tornare all’inquietante ritrovamento, sul luogo giunge Raniero Martelli il capo delle guardie in persona che avvisa immediatamente i Corneto, la sua carica è stata sostenuta da Cassiopea, oltre ad essere un suo fidato collaboratore è anche qualcosa di più intimo, benché sia sposato con Anna, molto amica di Cosimina.

I Corneto hanno il dovere di occuparsi della vicenda, la mano ritrovata porta un anello con un sigillo, riescono per un caso fortuito a scoprire di chi è grazie al pittore Tristan Barbier, un francese che ha fatto fortuna anch’esso grazie a Cassiopea, diventando il pittore di famiglia e che presta la sua arte nelle case nobiliari che lo richiedono.

Il pittore ha riconosciuto il blasone della famiglia Caracciolo, che anche se in decadenza ha sempre una certa rilevanza, l’anello appartiene a Ferdinando Caracciolo un tipo scapestrato, nottambulo, assiduo frequentatore di osterie e bordelli. A questo punto i Corneto devono agire in maniera più cauta visto i rapporti della famiglia Caracciolo con gli spagnoli e i francesi, onde evitare ritorsioni allo Stato Pontificio.

«Non possiamo mettere a tacere la cosa così su due piedi. Bisogna mantenere le apparenze e organizzare le ricerche di questo ubriacone e sperare che il corpo non venga fuori. Solo così saremo tutti salvi.»

Purtroppo per i Corneto le cose vanno diversamente in quanto avvengono altre sparizioni, questa volta è gente del Rione. Cassiopea e Raniero iniziano ad indagare, giungendo a sospettare che chi è coinvolto nelle misteriose scomparse ha a che fare con la locanda del Mulo Impertinente, un locale tanto squallido quanto lercio e puzzolente.

La questione si complica ulteriormente quando all’alba di Natale le servette dei Corneto trovano un piede umano mentre si recano al pozzo in strada.

I Corneto erano i protettori di Regola nonché i padroni, e come tali non solo avevano il diritto di fare il bello e il cattivo tempo per quelle strade, ma anche il dovere di provvedere a qualsiasi bisogno avesse quella brava gente. Solo così avrebbero potuto mantenere il loro potere.  Bastone e carota, dunque. Funzionava così con il volgo, e certe buone abitudini non si possono certo abbandonare.

(E probabilmente questa abitudine vige ancora.)

Insieme ai preparativi per una sontuosa festa di capodanno le indagini proseguono con interrogatori e sospetti arrivando alla soluzione del mistero e ad un finale che dimostrerà ancora una volta che il denaro è potere.

Fin dall’inizio della lettura grazie al vivace stile narrativo, alla cura del linguaggio stesso, delle descrizioni e delle curiosità si resta affascinati e catturati in quelle vie tra le botteghe, dalle figure dell’epoca e dal ménage di palazzo Corneto.

Vengono evocate le famiglie nobili come i Barberini, i Caracciolo, gli Odescalchi, ci porta a riflettere sulla povertà, alla scarsa considerazione dei poveri che siano adulti o bambini figli di nessuno che bivaccavano sotto i ponti vivendo di espedienti. 

Il vecchio sospirò spazientito. «Questo maledetto cane non ha proprio nulla da fare che andarsene in giro per Regola a seminare pezzi di cristiani? Non può mangiare le spazzature come tutti gli altri cagnacci? Nossignore, lui deve per forza darci rogne!»

Una narrazione che con ironia alleggerisce e sdrammatizza l’aspetto raccapricciante e mette in risalto alcuni tratti e atteggiamenti curiosi dei personaggi. Complimenti all’autrice, superconsigliato per rilassarsi con una piacevole lettura.

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