La selva degli impiccati di Marcello Simoni

Anno Domini 1463, Parigi. Rinchiuso in un pozzo dello Châtelet, François Villon si vede ormai appeso alla corda del patibolo quando gli viene proposto un accordo: in cambio della vita dovrà stanare dal suo nascondiglio Nicolas Dambourg, il capo dei Coquillards, una banda di fuorilegge ritenuta ormai sciolta e di cui il poeta avrebbe fatto parte in gioventù. Ma Dambourg, per Villon, è molto più che un vecchio compagno di avventure… Seguito come un’ombra da un misterioso sicario, Villon dovrà districare una vicenda in cui si mescolano avidità, sete di potere e desiderio di vendetta. E fare i conti con l’irruenza di Joséphine Flamant, una fanciulla dai capelli di fuoco, infallibile con l’arco, divenuta brigante dopo aver assistito al linciaggio dello zio a causa di una lanterna. Una lanterna dentro la quale si credeva fosse imprigionato un demone.

Link d’acquisto

Copertina flessibile: 400 pagine
Editore: Einaudi (12 maggio 2020)
Collana: Einaudi. Stile libero big

Recensione a cura di Sara Valentino

Marcello Simoni ci racconta le avventure di un personaggio che io non conoscevo, si tratta del poeta maledetto Fancois Villon, grata dunque per avermi fatto scoprire chi ha regalato alla Francia le più belle ballate del Medioevo. Il primo poeta maledetto, un personaggio divenuto leggenda, Villon ebbe una vita disordinata, più volte imprigionato e condannato prima all’impiccagione e poi all’esilio.

La maestria di un giallista e di un romanziere storico sta proprio nel collocare nell’epoca di cui vuole raccontare, i suoi personaggi realmente vissuti insieme a quelli d’invenzione e senza che il lettore trovi stonature. Va da sé che la preparazione storica dell’autore è impeccabile, come del resto in tutte le sue precedenti opere che ho avuto il piacere di leggere, ci si cala integralmente e in maniera divina nell’epoca medievale in una Parigi che non è la Parigi che conosciamo oggi. Molti i personaggi storici che calcano le scene del romanzo, inseriti con perizia dall’autore che ne ricava anche un quadro psicologico che suscita interesse nel lettore; il loro vissuto, ciò che li guida nei passi che faranno, nel bene o nel male. Altro punto degno di nota che va sottolineato è il quadro politico che ne “La selva degli impiccati” trova la maniera di rivelarsi e svelarsi: l’ordine dei cavalieri Ospitalieri, il potere nelle mani del prevosto ne sono alcuni esempi.

“Noi tutti approfittiamo di continuo del nostro prossimo. E’ la natura umana”

Ho apprezzato molto, al di là della storia, il messaggio intrinseco di volere giustizia, una giustizia che oggi, ma anche ieri, non è sempre così scontata. Crudeltà, soprusi, inganni uniti a una forte dose di voler far valere i diritti dei più deboli e dei giusti.

“Immobili come cani da pastore intenti a controllare il gregge, erano avvolti in piastre d’usbergo e mantelli neri che recavano a mo’ d’insegna le croci a otto punte del sacro Ordine di San Giovanni di Gerusalemme”

Parigi anno 1463

Il protagonista, il poeta Villon, scampato a una condanna viene incaricato di trovare il capo di una banda di fuorilegge, un po’ dei novelli Robin Hood, una banda composta da bambini orfani, da reietti, buffoni, ladri  e da una giovane dai capelli rossi, nascosti proprio nella selva oscura di Parigi.

“Ma non aveva paura, tentò di convincersi Villon. Quel che l’aspettava era una danza eterna, proprio come aveva ammirato infinite volte sugli affreschi delle chiese e dei cimiteri, dove i pittori, sublimi ubriaconi, si erano sbizzarriti a dipingere scheletri intenti a tenersi per mano e a ballare al suono di lire e flauti”

Il nostro Villon non ha paura, ma comunque ha sete di vita e lui stesso in prima persona dice di aver vissuto troppo poco e amato ancor meno. Amare di un amore vero, l’amore che nobilita l’uomo e chiede alla provvidenza un’occasione…

Chiedere all’universo è un fare imperioso e potente, a volte esso ascolta le nostre preghiere. Scoprirete se Villon avrà la sua occasione.

Un’ombra scura si fa d’appresso al nostro protagonista, alle sua calcagna e sarà uno spettacolo tremendo a calcare il palcoscenico della taverna di Robin Turgis. Villon non doveva parlare con nessuno, ora Turgis pagherà con la vita e con una morte degna dei migliori horror che possiamo immaginare. Una scia di morte lo scorterà tallonandolo da vicino.

L’autore ha uno stile superbo nel narrare le vicende, un amalgama perfetto di Storia, misteri e thriller. Saremo ospiti di un tour incredibile nell’atmosfera splendida, ma cupa, della Parigi del Quattrocento: Lo Châtelet, Il palazzo del Louvre, la selva… Riscoprirete un po’ le atmosfere del grandioso Notre Dame di Victor Hugo.

Mi piace l’idea di paragonare il romanzo “La selva degli impiccati” al gioco del tetris, perché tanti elementi, diversi figuri, sicari, il prevosto, mendicanti, orfani, donne spregiudicate, i cavalieri di Malta scendono a cascata per trovare alla fine un posto incasellato alla perfezione. E poi ci sono le donne in questo romanzo, così diverse, una gagliarda, una manipolatrice, vale la pena di conoscerle.

Una lanterna misteriosa, una lanterna diabolica che l’autore ha “rubato” a una bella leggenda, uno spirito vi è intrappolato all’interno, essa va custodita. Da dove viene? Al suo barlume molti saranno spediti al sonno eterno. E ancora le corse sui tetti, un arco teso nel buio, avventura e thriller con un ritmo incalzante.

“In un mondo privo di senso, l’unica spiegazione potrebbe darvela la Provvidenza” “O se preferite, il Dio della vendetta. Il nume che, nel fondo dell’abisso, regge la bilancia fatta di tenebra e luce”

 

 

 

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2 Risposte a “La selva degli impiccati di Marcello Simoni”

  1. La selva degli impiccati è un giallo avvincente che mi ha avviluppato trascinando I in una trama incalzante. Mi ha dato la possibilità di conoscere meglio Villon, che avevo sentito nominare superficialmente. So già che ne approfondirò la figura.
    Marcello Simoni è una garanzia non solo per il suo stile narrativo, ma anche per la profonda conoscenza storica della Parigi della fine del 1400. Del resto ogni suo libro trovo sia una “perla”.
    Grazie Sara per questa recensione puntuale ed entusiasta ad un tempo, in cui mi ritrovo.

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