LA TRILOGIA DELLA CITTA’ DI K. AGOTA KRISTOF

Trama

Quando “Il grande quaderno” apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la “Trilogia della città di K” ritrae un’epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

 

 

 

Copertina flessibile: 384 pagine
Editore: Einaudi; 2 edizione (27 gennaio 2014)
Collana: Super ET
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8806219308
ISBN-13: 978-8806219307

Agota Kristof nacque nel 1935 in un piccolo villaggio dell’Ungheria. Nel 1956, in seguito all’intervento in Ungheria dell’Armata Rossa per soffocare la rivolta popolare contro l’invasione sovietica, fugge con il marito e la figlia in Svizzera e si stabilisce a Neuchatel, dove vivrà fino alla morte. A Neuchatel Agota Kristof impara il francese, che adotterà per la sua scrittura letteraria.
Impossibile non partire dalla vita per analizzare il capolavoro di Agota Kristof, che è una trilogia postuma e artificiosa perché composta da tre romanzi- il grande quaderno, la prova, la terza menzogna- pubblicati nell’arco di cinque anni dal 1986 al 1991 e quindi pensati come entità distinte. Una vita che, essendo lei fuggita dall’Ungheria in Svizzera per sfuggire alla repressione sovietica del 1956, entra prepotentemente nei tre romanzi. Addirittura il grande quaderno, come ha svelato la stessa scrittrice, nasce da piccoli racconti autobiografici sulla sua infanzia vissuta assieme al fratellino durante la seconda Guerra Mondiale. Fiaba nerissima e sconvolgente, la trilogia è un finissimo esercizio psicoanalitico (il doppio, l’identità, la maternità, la sessualità) e filosofico (la verità, la morte, il senso del possesso). I due protagonisti, i due gemelli Klaus e Lucas, hanno sigillato ogni emozione e ogni rimorso nel fondo dell’anima; hanno indurito la pelle fino a renderla rigida come cuoio, insensibili al dolore, alle botte, agli insulti, agli sputi: la loro lucidità e freddezza è qualcosa di insolito, innaturale, spaventoso. Nulla li può toccare o ferire. Non piangono più. Parlano contemporaneamente. Scrivono tutto sul grande quaderno. Sfoltiscono, portano all’essenziale. Sono due solitudini che si completano perfettamente, marionette omicide. Ma il futuro verrà loro addosso, la guerra spariglierà i fatti, annebbierà la vista, trasformerà questa unione simbiotica in una dissociazione radicale, quasi schizofrenica: due vite separate a cercare due strade differenti verso la sopravvivenza. La visione si sostituirà al sogno, la menzogna avanzerà, ciò che prima era vero si scoprirà falso.
La trilogia è una storia spietata, narrata con la luce appena necessaria ad illuminare i pochi tratti essenziali. I personaggi sono appena delineati con poche parole crude, secche. Sono mossi da un odio che sembra ancestrale, grave, eterno. Tutto è pervaso da una calma catatonica, assordante. Non ci sono dettagli, non c’è tensione. La frustata arriva in silenzio, imprevedibile e dopo poche righe scompare.
Secca, essenziale, ritmata, la prosa della Kristof è lo scheletro traballante su cui si regge la storia. Il romanzo è scritto in uno stile che pare stentoreo, rarefatto e man mano che i bambini-protagonisti crescono, si arricchisce e si fa più letterario, pur restando asciutto al limite dell’anoressia.
Emozioni forti, immagini evocative, ambientazione e arco storico fascinosi: basterebbe ma c’è di più. Ed è proprio quel di più a rendere i tre romanzi della Kristof capolavori che marchiano a fuoco la memoria di chi legge: il geniale labirinto intrappola il lettore che procedendo nella lettura, tra diari e deliri, vite immaginate e vite vissute realmente, non sa più qual è la verità fino alle rivelazioni finali, che comunque si accolgono con incredulità, con un senso di sospensione che continua a vibrare dentro la testa e il cuore dopo la lettura, per anni, per sempre.
Minimale e micidiale, la trilogia è una lenta e inesorabile discesa verso la fine di tutto. Si sta silenziosi, prima sgomenti, poi inerti, ad osservare.

a cura di Cristina Costa 

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