Le indomabili. 33 donne che hanno stupito il mondo di Daniela Musini

Trama. Da Agrippina a Sarah Bernhardt, da Trotula de Ruggiero a Jackie Kennedy, da Caterina la Grande a Rita Levi-Montalcini, da Isabella d’Este Gonzaga a Emmeline Pankhurst, da Elisabetta I Tudor ad Anna Magnani, “Le Indomabili” sono state donne rivoluzionarie, ribelli e audaci, che hanno infranto tabù, scardinato regole, sovvertito consuetudini. Indomite, impavide, inarrendevoli, hanno vissuto controvento e agito controcorrente, hanno lottato, e all’occorrenza disubbidito, per realizzare sogni, perseguire ideali, affermare la propria identità. Hanno affrontato sfide inimmaginabili per i loro tempi (come Marie Curie o Amelia Earhart) e combattuto a favore di ideali per i quali si sono immolate (basti pensare a Ipazia, Eleonora Pimentel o Giovanna d’Arco), hanno impresso un’impronta innovativa e indelebile nel proprio campo (che sarebbero la narrativa, l’arte, la danza, la moda, senza George Sand, Frida Kahlo, Isadora Duncan e Coco Chanel?), ma soprattutto ognuna di loro ha tracciato percorsi imbattuti e disegnato una nuova mappa di valori e di diritti, creando così le basi per una coscienza femminile più consapevole, più indipendente, più libera. A loro, che siano state artiste o suffragette, regine o rivoluzionarie, filosofe o visionarie, le donne di tutte le epoche e di tutte le latitudini devono molto e da loro hanno molto da imparare. Ma, soprattutto, hanno il dovere di non dimenticarle.

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono avere paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai”. Virginia Woolf

In un mondo fatto a misura d’uomo la donna da sempre occupa un ruolo quasi di sudditanza. Relegata in un angolino, e rivestita esclusivamente del ruolo di moglie e madre, tace e obbedisce. Ma non è sempre così. A volte le donne osano uscire fuori dallo schema predisposto dalla società, decidono di scegliere un cammino diverso e andare incontro al loro destino, così da lasciare una traccia indelebile del loro passaggio. 

Daniela Musini ce ne racconta ben trentatré, alcune più note altre meno, ognuna inquadrata nel suo periodo storico a partire dall’Impero Romano, una carrellata di figure femminili che attraversano i secoli e la storia sovrastando quasi gli uomini del loro tempo per audacia, intelligenza, coraggio e spregiudicatezza. Le donne della Musini sono regnanti, scienziate, arriviste, rivoluzionarie, intellettuali, attrici … Tutte così diverse tra loro eppure così simili nella determinazione con la quale raggiungono i loro obiettivi con ogni mezzo a disposizione, che siano di gloria, d’amore o di morte. 

Al di là delle figure più note di cui tutti conosciamo bene la storia come, ad esempio Ipazia, Giovanna D’Arco, Elisabetta I Tudor, Caterina la Grande, Elisabetta d’Austria, Marie Curie, Coco Chanel, Frida Kahlo, Anna Magnani, Rita Levi Montalcini, Jaqueline Kennedy, ne abbiamo altre di cui comunemente si tende a parlare meno. Possiamo definirle figure poco “commerciali” poiché le si vede di rado militare su libri di storia, eppure ugualmente alle loro “colleghe” più note, non sono state relegate nell’oblio, e chi per un motivo e chi per un altro anche loro hanno contribuito all’evolversi di determinati eventi storici.

Un esempio potrebbe essere Marozia:

“… la dark lady del papato a cui nessun potente sapeva resistere, la Circe dal fascino diabolico e dalla rapace ambizione, è ancora oggi ricordata per essere stata la vera burattinaia di quella stagione di crimini efferati e lotte senza esclusione di colpi che fu il secolo antecedente all’anno Mille”.

O Trotula de Ruggero, la più insigne delle mulieres salernitanae, autrice di numerosi trattati medici riguardanti la natura intima delle donne, nonché docente della prestigiosa Scuola Salernitana e creatrice del primo detergente intimo. 

Ma anche Isabella D’Este Gonzaga, con molte probabilità la prima influencer della storia, nota purtroppo quasi solamente per la rivalità con la ben più nota cognata Lucrezia Borgia. Non tutti sanno però che determinò la moda dell’epoca con i suoi outfit moderni e copiati da tutte le dame, come i celebri guanti odoriferi, conciati ad arte con una speciale essenza cremosa al gelsomino che lasciavano le mani morbide e profumate.

E che dire poi di Olimpia Maidalchini, meglio conosciuta come la Pimpaccia? La leggenda vuole che nelle notti di plenilunio romane una carrozza, guidata da un cocchiere senza testa e da cavalli neri che sputano fuoco, attraversi ponte Sisto a grande velocità tuffandosi poi nelle acque del Tevere. All’interno di quella vettura ci sarebbe proprio lei, la Pimpaccia, che stringe forsennatamente un forziere pieno di preziosi. Del resto anche in vita questa donna che era diventata così influente nella seicentesca corte papale non aveva fatto altro che accumulare ricchezze grazie alla sua scaltrezza, diventando il bersaglio principale delle cosiddette pasquinate e guadagnandosi l’immortalità:

“Chi dice donna, dice danno

Chi dice femmina, dice malanno,

Chi dice Olimpia Maidalchina,

dice danno, malanno e rovina”.

Un altro esempio di donna poco conosciuta potrebbe essere Giulia Tofana, la quale ha attraversato i secoli con la sua boccetta di acqua omonima tra le mani, sempre rigorosamente in bilico tra chi l’ha vista come la soluzione per sbarazzarsi di un marito inopportuno, e chi l’ha accusata di essere una bieca avvelenatrice che si è meritata ampiamente il patibolo. Questione di punti di vista.

E chi invece sul patibolo c’è finita per caso è la sfortunata Luisa Sanfelice, passata alla storia come l’eroina giacobina della Repubblica Napoletana, ma in realtà vittima della sua stessa leggerezza e ingenuità, della quale peraltro si pente ancora oggi, visto che c’è chi giura di vederla aggirarsi di notte per i vicoli di zona Mercato a Napoli scalza, scarmigliata e sporca di sangue mentre chiede aiuto.

Splendido il capitolo dedicato alle brigantesse, quelle donne a torto dimenticate che entravano nelle fila delle bande di briganti per amore, o costrette con la forza, o per sfuggire alla miseria, alla violenza, ai soprusi, in un periodo oscuro della storia del nostro paese che va dal 1861 al 1868, che passerà alla storia con il nome di “Brigantaggio”.

“Femmine dotate di sessualità incendiaria e spietatezza sanguinaria: così erano dipinte nei racconti popolari o nei rapporti stilati dai comandi militari, e così a loro piaceva mostrarsi, facendosi immortalare nelle fotografie in pose spavalde, con sguardi truci e armate fino ai denti”.

La realtà però era ben diversa da quelle fotografie. Le brigantesse rubavano per fame, pativano il freddo, vivevano perennemente con l’ansia di doversi nascondersi tra i boschi, non avevano alcun supporto medico qualora si ammalavano, e quasi sempre la loro ultima fotografia era quella che di consuetudine veniva loro scattata dopo essere state uccise. Quasi sempre senza neanche un brandello di stoffa addosso.

Duemila anni di storia, dunque, riassunti nella personalità di trentatrè donne delle quali non vengono descritti e osannati esclusivamente i pregi, ma anche i difetti, le debolezze, le zone d’ombra, i punti più oscuri. E questo, a mio parere, si rivela un scelta vincente, perché queste figure che tendono ad apparirci leggendarie, anche quelle più vicine ai nostri giorni, riescono a vestirsi di umanità, e quindi ci risultano meno lontane dalla realtà, quasi raggiungibili, a tratti imitabili. La loro fragilità, la sofferenza, la malattia e la dipendenza, gli amori fallimentari e disastrosi che spesso hanno segnato molte delle vite delle protagoniste, non hanno però impedito loro di stupire il mondo allora come oggi. Nel bene e nel male. E ognuna di loro ha contribuito con il proprio vissuto a conquistare una briciola di libertà in più per tutte le altre a venire.

Se è vero che dietro il successo di un grande uomo c’è sempre una grande donna, bisogna prendere atto che invece dietro una grande donna non può esserci altro che se stessa. Forse è questo l’insegnamento che ci lascia Daniela Musini, l’esortazione ad andare sempre avanti, anche da sole, perché non abbiamo bisogno di appoggiarci a nessuno, perché solo noi conosciamo la strada che porta alla realizzazione nostri sogni.
“Non ti lasciar mai dire questo mestiere tu non lo puoi fare perché sei donna”. Rita Levi Montalcini.

  • Editore ‏ : ‎ Piemme (26 ottobre 2021)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 478 pagine
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