Le strane avventure di H di Sarah Burton

Londra, 1666, l’anno della Bestia e delle meraviglie: la peste e il Grande Incendio hanno devastato ogni cosa. Per giorni e giorni le fiamme hanno avvolto la città, e una luce diabolica ha impedito persino il calare della notte. Quartieri interi sono andati bruciati, compresa tutta la riva settentrionale del fiume entro le mura. Per le strade non si odono piú ruote che sferragliano, zoccoli di cavalli che calpestano il selciato, urla di ambulanti, ma solo i passi mesti di qualche famiglia che, i miseri beni raccolti in piccoli fagotti, cerca di sfuggire alla malattia e alla morte. H, rimasta orfana da ragazzina, si aggira tra i resti di una città putrida e disperata. Dopo la notte infausta in cui il cugino Roger, ubriaco e tremante, ha abusato di lei, e dopo aver appreso di portare nel grembo il frutto di quell’insana violenza, a H non è restato che indossare un vestito sgargiante con una scollatura profonda, annerirsi gli occhi, applicare la cocciniglia sulle labbra e diventare Doll, una piccola bambola truccata, una perfetta prostituta. H deve sopravvivere perché non le portino via il bambino che, è convinta, è tutto quello che le resterà negli anni a venire; Doll è la bambola, la maschera che la protegge, e che cinguetta e seduce nel bordello di Mother Cresswell, una delle piú famigerate ruffiane di Londra, dall’incredibile parrucca arancione e dall’aspetto cosí corpulento da rendere vano ogni tentativo di sembrare, con l’uso sapiente e discreto di cosmetici, una rispettabile dama londinese. Per H, tuttavia, Doll è soltanto un travestimento. I sogni, le speranze, gli incanti della sua vita precedente restano intatti, soprattutto la sua passione per il teatro, per le vecchie storie come La bisbetica domata, la vicenda di una giovane orgogliosa e forte che non vuole sposare un uomo indocile e urlante. Quando perciò si imbatte in Mr Fricker, ex attore amareggiato e col volto deformato dalla gelosia di un’amante, comincia un nuovo capitolo delle sue strane avventure. Diventerà ancora un’altra, e comincerà una fuga disperata dal passato che si rivelerà ancora piú pericolosa del suo presente.
Romanzo in cui i vizi e le virtú di un’epoca approntano il destino di una giovane donna indomabile, Le strane avventure di H ha ottenuto, al suo apparire in Inghilterra, un grande successo di pubblico e di critica.

  • Editore ‏ : ‎ BEAT (18 ottobre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 352 pagine

Recensione a cura di Sara Valentino

Un romanzo che ho amato moltissimo, mi sono immedesimata nelle vicende di H, la protagonista, lo consiglio e promuovo a pieni voti.

Siamo a Londra nel 1666, il romanzo si apre con un’impiccagione, è quasi la fine della storia che l’autrice si appresta a raccontarci dal principio. Amo particolarmente le storie che iniziano dalla fine.

H è una bambina, l’hanno sempre chiamata così ma lei si era sempre chiesta per cosa stava esattamente H. Nata nel 1650, ultima di otto fratelli, diviene presto orfana di madre. A farle da mamma, amica e confidente la sorella Evelyn che con lei vivrà molte avventure. Improvvisamente il mondo delle sorelle si capovolge, qualcosa accade e restano orfane. Saranno divise, H ed Evelyn verranno affidate a Zia Madge.

H scoprirà a sue spese quanto può essere difficile vivere, soprattutto per una giovane ragazza orfana. Sarà il cugino Roger ad aprirle gli occhi su un buio senza luce. Ma H non si abbatterà mai.

Il periodo storico preso in esame dall’autrice vede due momenti drammatici che ha vissuto la città di Londra. Uno è sicuramente il periodo della peste, che per disgrazia hanno conosciuto in molti, non solo della città menzionata.

Davvero incredibile quanto oggi, dopo aver vissuto la pandemia, sia così facile e logorante immedesimarsi in episodi così lontani ma assai vicini a noi. Ecco allora riscoprire come in ogni epoca, dinanzi a gravi situazioni di pericolo, vi sia chi snobba il pericolo e chi allo stesso modo si chiuda nell’egoismo più smodato. Episodi difficili da digerire, la paura e il timore di finire i giorni in un lazzaretto, la casa segnata con una croce: “ecco gli untori!” Starci lontani, sbatterli in strada, poi se sono infetti o meno non ha importanza. Nelle vicende narrate si nota tutto il marcio di un’umanità che di umano ha solo il nome, l’aveva nel XVII secolo, lo stesso è oggi purtroppo.

“Cos’è, infatti, l’ira se non una reazione alla paura?”

Se uno deve sopravvivere lo fa andando a cercare gli ultimi rimasugli di coraggio, li trova sul fondo dell’anima. Mai nessuno dovrebbe sentirsi in colpa, inferiore agli occhi del mondo se ha dovuto, per vivere, cercare asilo anche nel lavoro più reietto. Per una donna sappiamo bene di che lavoro si tratta. E se questa donna deve trovare il pane per sfamare il sangue del proprio sangue, allora io credo che vada solo applaudita.

H forse visiterà l’inferno, chi le ha allungato la mano, l’ha salvata dalla strada forse aveva altre mire, mai avrebbe potuto immaginare che il demonio può prendere le sembianze che più gli aggrada. Eppure H dalle delusioni si rialza, non perde il suo buon cuore, la maschera che si è creata in un certo modo, materialmente e mentalmente, le dà il coraggio, quasi di non credere di essere lei. Eppure la nostra anima sa chi è, non importa il nome, alla lunga lo trova un pertugio per riemergere.

Quanti di noi si nascondono dietro a una maschera? A volte per timidezza, altre per nascondere il peggio, altre ancora per trovare il coraggio.

“La felicità, forse, non sopporta di essere esaminata da vicino. Evelyn una volta mi aveva parlato del centopiedi a cui fu chiesto come faceva a camminare: non appena iniziò a rifletterci, cadde. Penso che per la felicità sia lo stesso. Si è felici semplicemente quando le cose non vanno male.”

Ci sono parti davvero molto commoventi, mi hanno coinvolta emotivamente ma non si tratta certo di un romanzo struggente, bensì di una vera e propria avventura. Avete presente l’incendio di Londra? E’ raccontato in maniera da sentire il caldo giungere fino alle nostre case, sporchi di fuliggine a implorare, con una maschera in viso per non essere riconosciuti, chi amiamo di lasciare la propria casa, pur con dolore immenso ma per salvarsi la vita.

In fondo è quasi una favola H, tutti i tasselli sono andati come io avrei desiderato.

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