Libero scorre il fiume – Eleanor Shearer

In fuga dalla schiavitù, il viaggio di una madre alla ricerca dei figli e della libertà…

È questa la libertà? si chiede Rachel, mentre corre in una foresta immersa nel buio, sola, atterrita, esausta. Sta scappando dalla piantagione in cui ha trascorso tutta la sua esistenza, da un lavoro sfibrante, da un padrone brutale. Lo stesso padrone che, quella mattina del 1834, ha annunciato la fine della schiavitù, per poi aggiungere che tutti loro avrebbero dovuto prestare servizio come apprendisti per altri sei anni. Una beffa atroce. In quell’istante, qualcosa in Rachel si è spezzato. Perché dentro di lei ci sono cinque anime, cinque volti che nessuna fatica e nessun dolore sono riusciti a cancellare: i cinque figli che, nel corso del tempo, le sono stati strappati via, spinti verso una sorte che lei ignora. Sono vivi, sono morti? Sono schiavi come lei oppure sono liberi? Se li incontrasse, la riconoscerebbero? Eccola, la vera libertà. Trovare i suoi figli.
È un viaggio difficile, quello in cui s’imbarca Rachel. La strada è lunga e piena di pericoli, le informazioni spesso inaffidabili, come le persone che di volta in volta si offrono di aiutarla. Eppure lei andrà avanti finché le storie dei suoi figli, come le acque di un fiume, non si saranno fuse con la sua, a creare un’unica, grande storia, quella di una famiglia. Solo allora, per la prima volta nella sua vita, Rachel potrà sentirsi completa.

Dai campi di Barbados all’affollato mercato di Bridgetown, dalla Guyana Britannica alle foreste di Trinidad, in queste pagine intime e dolorose si snoda un viaggio pieno di speranza, un inno alla forza dei legami familiari e all’amore infinito di una madre.

Sussurravamo i nomi dei nostri cari
come le parole di una canzone.
Quei nomi sulle nostre labbra
avevano il sapore della libertà

  • Editore ‏ : ‎ Nord (2 maggio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 368 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

Libero scorre il fiume non è solo un romanzo che parla di schiavitù è la narrazione sulla forza disperata e sull’amore di una madre e di donne che nonostante le pesanti umiliazioni e sofferenze alzano la testa, donne che soccorrono, consolano, infondono coraggio e amano. Un romanzo in cui sono racchiuse tante piccole e grandi storie.

Isole Barbados è il 1834, il padrone della Providence, la piantagione di canna da zucchero, raduna gli schiavi davanti alla casa padronale per comunicare che il re ha decretato la fine dello schiavismo, l’esultanza degli schiavi dura poco, non è finita, dovranno lavorare ancora sei anni come apprendistato. 

Questa libertà per Rachel, la protagonista, è solo una parola di cui non conosce il significato, cos’è la libertà per una madre che ha perso o a cui hanno strappato i suoi figli? 

Le femmine Mercy, Mary Grace, Cherry Jane e i maschi Micah e Thomas Augustus tutti potati via e venduti, poi c’erano quelli morti di febbre Samuel e Kitty e tutti quelli che le sono morti in grembo per lo sfinimento del lavoro.

Vede gli occhi dei figli che sono ancora vivi, le sagome  negli angoli della capanna, come può continuare a vivere ancora senza di loro, senza sapere più nulla, con la paura di non poterli più rivedere, che non la riconoscano più? 

La libertà sono quei cinque volti, quei cinque nomi che può solo sussurrare. Quella notte Rachel fugge, corre senza mai fermarsi nel buio coi rami che le graffiano la pelle scivolando nel fango e chiedendosi se …è questa la libertà. Foresta deserta. Fuga,  terrore che prende lo stomaco…

Terrore di essere ripresa e che poi sia finita per sempre e forse preferirebbe morire; la sua corsa finisce di fronte al mare e in quel mare sarebbe facile perdersi, sciogliersi dentro.

Qualcuno l’afferra e la porta in una casa dove vive una donna che tutti chiamano Mama B, ha uno sguardo profondo, occhi che scavano e comprendono, Mama B le trasmette la forza di iniziare la ricerca dei suoi figli.

Rachel intraprende il suo viaggio col terrore di essere riconosciuta e riportata indietro. Un nuovo inizio, per provare a vivere una nuova vita, il tempo non più scandito da giornate sempre uguali nei campi, l’orizzonte non più sempre lo stesso. Quando giunge a Bridgetown è frastornata, non è abituata agli spazi, alla gente.

Rachel non è sola altri hanno sofferto e non dimenticano,  le offrono un aiuto, così viene a conoscere i luoghi dove sono stati venduti i suoi figli, alcuni sono lontani oltre quel mare, Trinidad e Guiana britannica, mentre una figlia è proprio lì a Bridgetown deve solo sfidare la paura di essere scoperta e trovarla.

Ogni qualvolta si reca al molo vede le navi arrivare e salpare e non può non pensare a quegli uomini in catene giunti  un tempo stremati dalle coste africane; il mare e le distanze le fanno paura, ma è un richiamo irresistibile, nel suo cuore sa che deve andare.

“Quella non era la fine della strada. Le distanze non contavano. Niente contava. In lei c’era una volontà dura, feroce, spietata, che la schiavitù aveva saputo piegare ma non spezzare. Avrebbe scelto la paura sconosciuta, mettendo un oceano tra sé e il vecchio padrone della Providence.”

Il lungo viaggio prosegue, ed è una crescita, una presa di coscienza di se stessa, della sua forza e delle sue capacità, della sicurezza data dalla libertà, un viaggio di amicizie vere, insegnamenti, ma anche di dure prove e incontri pericolosi.  

Dalle Barbados si sposta alla Guyana britannica e poi a Trinidad, percorre strade polverose come vie lussuose, si aggira tra i mercati e i porti, si addentra nelle foreste ancora incontaminate che i bianchi reclamano, dove gli indios decimati dalle malattie si ritagliano spazi sempre più sperduti, risale fiumi tra le insidie dei coccodrilli e comprenderà le parole di Mama B “tutto è legato”, bisogna comprendere la natura rispettarla poichè è nostra amica, in essa troviamo salvezza.

Un romanzo intenso di grande carattere introspettivo e descrittivo, tutti i personaggi sono molto profondi e realistici. Con Rachel ci si sofferma in molti passaggi di intima riflessione per poi lasciarsi prendere da una lettura suggestiva in cui palpita dolore, frustrazione, delusione ma anche gioia, sollievo, amore e soprattutto speranza.

L’autrice definisce il suo romanzo tanto storico quanto personale, si è ispirata alle storie di molte donne le quali dopo la fine dello schiavismo hanno mollato il lavoro nei campi per andare a cercare i loro figli strappati e venduti. Inoltre ha desiderato mettere in luce donne e uomini schiavi che si sono presi la libertà e non il fatto che sia stato un dono dei bianchi.

Personale poichè per il carattere di Rachel si è rifatta alle donne della sua famiglia. Rachel è una donna cauta, silenziosa, guardinga e malgrado le brutture subite non si è fatta sopraffare, è forte, i suoi occhi non si sono spenti brilla la luce dell’amore e  del perdono. 

Un romanzo molto bello ed emozionante che consiglio. “Tutti noi abbiamo un dono. Cose che solo noi vediamo e gli altri no. L’unica cosa che possiamo fare è usarlo quando ne abbiamo l’occasione. Fece un sorriso che parve traboccare per riversarsi nel mondo.

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