L’intervista: Antonio Forcellino.

Oggi siamo davvero lieti di presentarVi l’intervista a Antonio Forcellino!

Ho avuto il grande piacere di ascoltarlo durante la presentazione a Sesto San Giovanni MI del suo ultimo romanzo: “Il colosso di marmo” il secondo volume della trilogia “Il secolo dei giganti”. Vi assicuro che è stata una meravigliosa esperienza!

Antonio Forcellino ha accettato di rispondere ad alcune domande per noi lettori di Septem Literary!

Partiamo da lontano Antonio, cosa l’ha portata ad essere il grande appassionato, che è oggi, di arte e storia?

Credo che esista un Imprinting infantile nella passione per l’arte. Sono nato in una casa bellissima affacciata sul mare della costa amalfitana. Era la casa di un vescovo divisa poi in appartamenti popolari che non avevano ancora distrutto gli affreschi dei soffitti. Cieli azzurri attraversati da angeli in volo con ghirlande di fiori, pavimenti di piastrelle colorate di Vietri e fuori il mare azzurro della Costiera amalfitana. Mio zio Gerardo dipingeva in un camerino affacciato sulla costa. I miei primi ricordi sono di tele, colori e pennelli. La bellezza impone una dipendenza come certe forme di droga, a me è andata molto bene. Ho avuto tempo di riflettere su questa mia fortuna e credo che bisognerebbe battersi perché tutti ma proprio tutti possano avere accesso alla bellezza sin da piccoli. La rivoluzione estetica potrebbe dare frutti migliori delle rivoluzioni ideologiche.
 Principalmente il Suo settore è l’arte rinascimentale e quindi il periodo storico del Rinascimento. Cosa la affascina e cosa condanna di quel periodo?
Non riesco a definire un discorso generale sul Rinascimento in termini di teoria economica politica o filosofica. Io mi sono innamorato dei suoi personaggi, tutti molto decisi a prendere in mano e governare il proprio destino. C’è un allentamento dei condizionamenti religiosi e ideologici e la vita si sperimenta in ogni settore. Artisti, condottieri e poeti prendono il coraggio di esplorare la vita dopo secoli di condizionamenti culturali e ognuno per la sua strada apre nuove vie di conoscenza abbattendo barriere ed ostacoli. Infine, un elemento che mi sembra determinante per i successi di quell’epoca è il grandissimo valore che si attribuisce al talento e alla competenza. Non esistono ostacoli per gli uomini di talento. Michelangelo tradisce più volte i Medici ma viene sempre richiamato perché del suo talento perfino i Medici non possono fare a meno. Leonardo si offre a tutti pur di continuare le sue ricerche, al sanguinario Cesare Borgia ma anche al Sultano di Istanbul. Perfino i principi più crudeli e disgustosi come Pierluigi Farnese tentano di amministrare la cosa pubblica chiamando persone competenti nei propri uffici. Praticamente un quadro opposto all’Italia di oggi.
Quali sono state le letture che sin da ragazzo l’hanno appassionata? Quali i suoi autori preferiti?
A otto anni ho avuto dalla scuola il mio primo libro ( Il ragazzo della Giungla) l’ho letto in un pomeriggio e sono stato punito dalla maestra ( che mi adorava) perché accusato di mentire. Da allora sono diventato un lettore compulsivo. A diciassette anni avevo già letto tutta la letteratura francese dell’ottocento e quella russa. Zola, Balzac, Tolstoj, Dostoevskij. Poi ho letto gli italiani del novecento , Cesare Pavese perfetto per la malinconia adolescenziale e Cassola meraviglioso per contenere i turbamenti sessuali di quella età. Infine la vera lettura che mi ha segnato è stata quella di Marcel Proust, lo considero ancora oggi il mio nume tutelare. Ho sempre un suo volume sul comodino.
 Ha scritto numerosi saggi, ce n’è uno che le è rimasto maggiormente nel cuore?
Il libro che ho amato di più è stato Michelangelo una vita inquieta. L’ho scritto mentre restauravo la statua del Mosè ed è stata una emozione straordinaria, difficile da descrivere a freddo. Nel libro c’è la mia meraviglia per la scoperta di un personaggio molto più complesso e moderno di quanto pensassi e di quanto mi avevano fatto credere ma anche il piacere per la condivisione di quella scoperta, una forma di potere bellissima e liberatoria. Condividere le proprie ossessioni e scoprire che sono preziose anche per altri è la gioia maggiore che uno scrittore può provare nella vita. Oggi dopo quindici anni da quella esperienza, vederlo ancora sui banchi dei librai mi inorgoglisce moltissimo. Ho iniziato a scriverlo perché non sopportavo più le menzogne che su Michelangelo avevano imposto diffuso gli americani ( Il Tormento e l’Estasi) e mi sono presuntuosamente avventurato in una impresa di liberazione nazionale contro uno strapotere culturale e mediatico. Oggi, quando vedo il libro penso che qualcosa sono riuscito a fare e che c’è una intera generazione che guarda Michelangelo con i miei occhi e non con quelli di uno scrittore Hollywoodiano. Una intera generazione che si è seduta accanto ame sui ponteggi e ha toccato il marmo dello scultore più grande mai apparso sulla terra.
 Il suo lavoro di restauratore deve essere appassionante indubbiamente perché le permette di stare a contatto diretto con opere di grandi del passato. Ce ne vuole parlare?
Il lavoro di restauratore è per certi aspetti un privilegio, la possibilità di vivere con ciò che ami e misurare concretamente, quotidianamente i risultati del lavoro. Questo è un antidoto alle chiacchiere che governano la Storia dell’Arte dove molti autorevoli professori esprimono e impongono giudizi di qualità totalmente infondati ovvero sostenuti solo dalla autorità del ruolo e dei legami spesso mafiosi che uniscono il mercato dell’arte agli accademici e alle istituzioni. Il lavoro del restauratore è l’esatto opposto. Ogni giorno a fine giornata puoi capire come hai impiegato il tuo tempo se hai liberato un piccolo pezzo di pittura o di scultura da ciò che lo oscurava o se lo hai assicurato al muro per i prossimi cento anni. Qualcosa che si sottrae completamente alla vanità e al narcisismo delle chiacchiere.
Il Suo ultimo lavoro è un romanzo che sarà una trilogia. Al momento ho letto “Il secolo dei giganti. Il cavallo di bronzo”. Una lettura davvero stupefacente che mi ha permesso un viaggio tra le corti rinascimentali con un occhio di riguardo al grande Genio di cui stiamo per festeggiare il cinquecentenario dalla morte. Cosa vuole raccontare ai lettori di questo libro, dell’idea di come è nato?
Il libro è nato da una idea di sceneggiatura concepita con Roberto Faenza e ancora in attesa di realizzazione ma è nato anche dalla voglia di andare oltre i limiti della storia dell’Arte. La Storia dell’Arte non basta a spiegare quel che è successo nel nostro Rinascimento. I rapporti tra gli uomini e il potere sono alla base anche della produzione artistica e delle gare di eccellenza che portano a Michelangelo e Leonardo. Volevo vederci chiaro e analizzare un periodo più ampio della vita di un solo artista ma volevo anche raccontarlo, a me stesso e agli altri. La scrittura ha un valore terapeutico, aiuta a capire ciò che si descrive e nel mio caso doveva spiegarmi molte cose che non riuscivo a capire . Volevo sperimentare un romanzo storico che fosse insieme anche un romanzo d’arte. Una combinazione mai tentata prima. Mi è piaciuto così tanto che non riesco a fermarmi più.
 Mi piacerebbe che ci parlasse del Suo “Leonardo”, ovvero di come lo vede Lei, attraverso le sue opere, i suoi progetti, i suoi studi per l’uomo che è stato.
Ho avuto molta difficoltà a stabilire un rapporto con Leonardo perché è un uomo quasi fuori dalla storia. La sua passione per la conoscenza lo chiude in un mondo tutto suo, nel quale c’è poco spazio per il dialogo sociale e forse perfino per sentimenti come l’amicizia. Poi con il tempo ho imparato a capire che la sua è una scelta coraggiosa e moderna. Leonardo insegue le sue passioni mettendole davanti a tutto, ai bisogni e alle vanità della vita pratica. I suoi alimenti fondamentali sono la sete di conoscenza e la bellezza, ma declinati in un modo molto diverso dall’ascetismo in cui in genere sprofonda chi è tanto riflessivo e concentrato sulla mente. Leonardo è allo stesso tempo un uomo sensuale (il suo legame con Salai lo testimonia al massimo grado) è un uomo elegantissimo che cura il suo aspetto e ama divertirsi. E’ insomma un uomo che ha dentro di se quasi tutta la gamma delle passioni umane ma alcune sono più violente delle altre e sono quelle intellettuali.
 La stessa domanda su Michelangelo, protagonista del Suo ultimo lavoro “Il secolo dei giganti. Il colosso di Marmo”. Il suo carattere particolare, l’opera che Lei predilige.
Michelangelo è un uomo molto più semplice dal punto di vista mentale. E’ un uomo che lotta per il riscatto sociale e poi per la libertà repubblicana e infine per la riforma religiosa, dunque un uomo che condivide con gli altri uomini sentimenti e passioni sociali. Però a differenza degli altri uomini Michelangelo è toccato da un talento davvero divino, da una energia sovrumana e di questo sembra essere consapevole dedicandosi interamente alla sua arte. Nel secondo volume della trilogia Michelangelo conquista con il suo talento il mondo rutilante del pieno rinascimento romano dipingendo la Volta Sistina ma nello stesso tempo mantiene le distanze da quell’ambiente cortigiano in cui altri artisti cercano di galleggiare. Michelangelo sceglie di essere inseguito e non di inseguire. Per sua fortuna in quegli anni i potenti sono consapevoli del suo valore e accettano di inseguirlo aiutandolo a realizzare quei capolavori che oggi ancora ci entusiasmano. L’opera che prediligo di Michelangelo è la Pietà Bandini dove l’artista si mette a nudo scolpendosi nei panni di Giuseppe di Arimatea. La composizione del gruppo scultoreo è difficile da descrivere. Il dolore e lo strazio fondono insieme i corpi resi ancora più drammatici da quelle martellate con le quali l’artista tentò di distruggerla.
 Il prossimo lavoro, che chiuderà la trilogia, a chi sarà dedicato?
A Raffaello naturalmente. Ritengo che Raffaello oggi sia il meno compreso dei tre grandi geni rinascimentali. Raffaello appare stucchevole accademico e manierato per colpa di una letteratura anglosassone ottocentesca che non ha capito e non poteva capire la complessità del mondo italiano del Rinascimento e l’intelligenza con la quale Raffaello ha saputo cogliere quella complessità esprimendone i valori più alti. Anche dal punto di vista puramente pittorico Raffaello non è capito, eppure i suoi contemporanei lo consideravano miglior pittore di Leonardo, ma la manipolazione successiva lo ha portato a perdere quel fascino letterario che pure governa il nostro gusto. Spero di aver dato un piccolo contributo alla sua riscoperta.
 Ora una curiosità sulla Sua città, cosa ci consiglierebbe di visitare e quale piatto assaporare?
La mia città è un unico ininterrotto indescrivibile palcoscenico di bellezza. Più che un luogo consiglierei di passeggiare per Roma molto presto la mattina, alle sette, quando il traffico non la devasta e non la oltraggia. Lasciarsi portare dall’istinto verso i dettagli sempre sorprendenti delle sue architetture e poi entrare nelle chiese più che nei musei. A Roma si capisce più dalle chiese che dai musei è una città unica al mondo in questo. Ad ogni modo se dovessi proprio indicare due luoghi imperdibili indicherei la Farnesina Chigi dove è ancora intatto lo spirito del più festoso e pagano Rinascimento e la Chiesa di San Pietro in Vincoli dove la Tomba di Giulio secondo mette i brividi per la forza e la chiarezza con la quale Michelangelo ha fermato il tormento di un’intera generazione di fronte ai problemi della riforma cattolica.
Mangiare naturalmente i carciofi fritti e la pasta Cacio e pepe. Sono ben fatti in quasi ogni ristorante romano e valgono il soggiorno.

 

Antonio noi la ringraziamo per averci dedicato un po’ del Suo tempo e averci regalato parte della sua passione travolgente che traspare anche da questa intervista.

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