L’OSPITE DI Amparo Davila tradotto da Alice Ortega – ultima puntata

Eccoci al terzo e ultimo appuntamento con questo racconto #aspettandohalloween
il primo episodio lo trovate a questo link: primo episodio L’ospite

il secondo episodio lo trovate a questo link: secondo episodio L’ospite

Quando raccontai a mio marito cos’era successo, pretesi che lo portasse via, sostenendo che avrebbe potuto uccidere i nostri bambini come aveva cercato di fare con il piccolo Martín. “Sei ogni giorno più isterica, è davvero doloroso e deprimente vederti così… ti ho spiegato mille volte che è un essere inoffensivo.”
Pensai a quel punto di fuggire da quella casa, da mio marito, da lui… Ma non avevo denaro ed era difficile mettersi in comunicazione con l’esterno. Senza amici né parenti a cui fare appello, mi sentivo sola come un orfano.
I miei bambini erano impauriti, non volevano più giocare in giardino e non si allontanavano mai da me. Quando Guadalupe usciva per andare al mercato, mi chiudevo nella mia camera insieme a loro.
“Questa situazione non può andare avanti così” dissi un giorno a Guadalupe.
“Dovremo fare qualcosa e alla svelta” mi rispose.
“Ma cosa possiamo fare, noi due da sole?”
“Sole, è vero, ma con un tale odio…”
I suoi occhi avevano una luce strana. Provai paura e gioia insieme.
L’occasione si presentò quando meno ce lo aspettavamo.
Mio marito partì per la città per occuparsi di certi affari. Sarebbe stato assente, mi disse, per una ventina di giorni.
Non so se lui avesse capito che mio marito era partito, ma quel giorno si svegliò prima del solito e si appostò davanti alla mia camera. Guadalupe e suo figlio dormirono nella mia stanza e per la prima volta potei chiudere la porta.
Guadalupe ed io trascorremmo la notte intera a fare progetti. I bambini dormivano tranquilli. Di tanto in tanto lo sentivamo arrivare davanti alla porta della stanza e colpirla con furia…
Il giorno dopo i nostri bambini fecero colazione e poi, per stare tranquille e fare in modo che non ci disturbassero mentre mettevamo in atto il nostro piano, li chiudemmo nella mia camera. Guadalupe ed io avevamo molte cose da fare, e una fretta tale nel realizzarle da non poter perdere tempo neanche per pranzare.
Guadalupe tagliò un certo numero di assi di legno, grandi e resistenti, mentre io cercavo dei chiodi e un martello. Quando fu tutto pronto, senza fare rumore ci avvicinammo alla porta della stanza d’angolo. I battenti della porta erano accostati. Trattenendo persino il respiro mettemmo i chiavistelli, poi chiudemmo la porta a chiave e cominciammo ad inchiodarvi sopra le assi fino a bloccarla completamente. Mentre eravamo al lavoro, grosse gocce di sudore scorrevano sulla nostra fronte. Non fece nessun rumore, sembrava che dormisse profondamente. Quando tutto il lavoro fu finito, Guadalupe e io ci abbracciammo piangendo.
Le giornate che seguirono furono spaventose. Visse per molti giorni senza aria, senza luce, senza cibo… all’inizio colpiva la porta lanciandosi su di essa, gridava disperato, graffiava… Né Guadalupe né io riuscivamo a mangiare o dormire, le sue urla erano terribili! A volte pensavamo che mio marito sarebbe tornato prima che fosse morto. Se l’avesse trovato così… Resistette molto a lungo, credo che sia riuscito a vivere per circa due settimane…
Un giorno non si sentì più alcun rumore. Neanche un lamento… Tuttavia, aspettammo altri due giorni, prima di aprire la stanza.
Quando mio marito tornó a casa, lo ricevemmo con la notizia della sua morte improvvisa e sconcertante.

 

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