Maledetta Sarajevo. Viaggio nella guerra dei trent’anni. Il Vietnam d’Europadi Francesco Battistini, Marzio G. Mian 

Fu la prima guerra in Europa dal 1945. Il più lungo assedio dell’età moderna. Genocidi e pogrom come non se ne vedevano dai tempi di Hitler e Stalin. A Srebrenica, l’uomo diede il peggio di sé. I lager, gli stupri etnici, i profughi. L’evoluta Europa si ritrovò faccia a faccia con un odio tribale che pareva uscito dal Medioevo. Accadeva solo trent’anni fa, al di là dell’Adriatico, e già non ce lo ricordiamo più. Eppure la guerra in Bosnia rappresentò un prima e un dopo per tutti noi, la madre di tante crisi successive: lo scontro con l’Islam, l’odio razziale, i nazionalismi, le grandi migrazioni.
Francesco Battistini e Marzio G. Mian, che raccontarono la guerra da dentro, tornano ad ascoltare i protagonisti di quella tragedia. Vittime e carnefici. Testimoni e mediatori internazionali, come Carl Bildt, Lord Owen, Carla Del Ponte. Incontrano il generale francese che comandava i Caschi Blu dell’Onu e scappò da Srebrenica. Intervistano nel supercarcere dell’Isola di Wight il primo responsabile di tutto: Radovan Karadžic´, condannato all’ergastolo per genocidio, che rivela episodi, retroscena, segreti di quegli anni di follia e della sua lunga latitanza. «A un certo punto – dice – ci accorgemmo che nemmeno i gatti dei musulmani andavano d’accordo con i gatti dei serbi».
Un viaggio inchiesta in un dopoguerra non ancora finito. Un’indagine sulle responsabilità d’allora e sui fallimenti del dopo. La pavida Europa, ostaggio dell’arroganza te – desca e incapace di gestire le emergenze in casa sua. Le ambigue manovre del Vaticano. I misteri del primo bombardamento nella storia della Nato. Le spie americane che al Tribunale dell’Aia ostacolavano la nuova Norimberga. I nuovi tamburi di guerra in una Bosnia ancora più radicalizzata. Passati trent’anni, questo libro racconta anche di noi. Di come siamo cambiati: facevamo a gara per accogliere i profughi, affondavamo nel fango per portare gli aiuti, gli intellettuali si sporcavano la camicia sotto le bombe. E l’ultimo giornalismo eroico, senza internet e social, andava sul campo a smuovere le coscienze e a smascherare il potere. Non siamo mai guariti dalla Sindrome di Sarajevo, la maledizione di un luogo che ha incendiato il Novecento con la Prima guerra mondiale e ha tenuto a battesimo il Nuovo Millennio. Senza saperlo, la generazione cresciuta dopo il 1992 si porta ancora addosso la polvere di quelle macerie.

«A un certo punto ci accorgemmo che nemmeno i gatti dei musulmani andavano d’accordo coi gatti dei serbi. Non potevamo permettere che i turchi ci tagliassero la gola» (Radovan Karadžic´, supercarcere dell’Isola di Wight).
«Appena mezzo secolo dopo la Shoah, ecco il ritorno dello sterminio di massa contro civili inermi. Com’è potuto accadere? Perché non si è intervenuti?».

  • Editore ‏ : ‎ Neri Pozza (27 gennaio 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 400 pagine

Recensione a cura di Isabella Novelli

Questo libro narra della guerra avvenuta nella ex -jugoslavia trent’anni fa,nel 92 e ne fa un’analisi attraverso le testimonianze dei protagonisti ,primo fra tutti Karadzic intervistato durante la prigionia, esaminando tutti gli aspetti della guerra e le reazioni che questa ha creato tra protagonisti e superstiti

A Sarajevo cominciò il cecchinaggio, la pioggia delle granate, un assedio barbaro e medievale, il più lungo della modernità – milletrecentonovantacinque giorni – che batté il record mondiale delle novecento giornate di Leningrado. Alla fine si conteranno 11.541 vittime, duemila i bambini assassinati, due su dieci da un cecchino. Cinquantamila i feriti.”

Alla Bosnia, da quel 6 aprile 1992 pieno di sole, sono stati divorati il fegato, il cuore e pure l’animo. E i serial killer sono ancora là fuori, pronti a dissotterrare i coltelli. “

Quello che gli autori del libro compiono è più di un reportage: è un’analisi drammatica e puntuale di tutti gli aspetti di un conflitto che sconvolse l’Europa del periodo ma di cui ancora oggi se ne pagano le conseguenze.

Decine di migliaia di serbi lasciano Sarajevo prima della tempesta, oltre centomila mancheranno all’appello dopo la guerra.”

Intellettuali illustri come il regista Kusturica passano dalla parte del potere:

“C’è Emir Kusturica, il futuro grande regista, famiglia musulmana, sarajevese convertito alla serbitudine sulla via di Belgrado: per lui non è più tempo di gitani sulla Miljacka, ma d’offrire in dote tutto il suo genio a Milošević in riva al Danubio.

Una scelta che sarà presto ricompensata con generosi finanziamenti di regime per produrre Underground, il capolavoro che vincerà la Palma d’Oro a Cannes e varrà a Kusturica l’accusa di «collaborazionismo con i criminali» da parte di Bernard-Henri Lévy e di «tradimento» da parte del suo storico sceneggiatore bosniaco, il poeta musulmano Abdulah Sidran.”

Un libro che narra delle difficoltà dei superstiti una volta tornati alle loro case: “Molti, che riuscirono a fuggire e poi sono tornati, conservano un sottofondo di reciproca distanza da chi scelse di restare o non poté fare altrimenti. Man mano che gli anni passavano e il ricordo sbiadiva, i sopravvissuti hanno faticato ad adattarsi alla vita che riprendeva, covando in silenzio una nostalgia malata per quella prigionia, in cui si condivideva il nulla con disperata fratellanza.”

Francesco Battistini e Marzio G.Mian compiono un’indagine che emoziona e sconvolge le coscienze e redigono un ritratto di una città devastata al suo interno e resa irriconoscibile nella sua devastazione :”La città cambia i connotati, edifici che ne segnavano il profilo sono dei relitti in un paesaggio di rovine, come il palazzo della posta, la stazione centrale, l’istituto d’igiene, la sede della compagnia elettrica, l’istituto di studi forestali, il liceo tecnico. S’aprono improvvisamente varchi osceni, come in una bocca sdentata d’un vecchio.” 

Un libro che è un documento imperdibile su una vicenda che creò una ferita insanabile nel cuore dell’Europa di allora che permane ancora oggi.

Sarajevo città in cui:” Negli ospedali non si può più operare in condizioni normali, gl’interventi chirurgici più complessi si fanno a lume di candela,  e c’è un mercato nero anche per le trasfusioni”

Capitoli che si susseguono raccontando la barbarie di un genocidio, il disfacimento  di una città che è anche quello di un Paese intero narrato in tutte le sue mille sfaccettature.

Un libro necessario per comprendere la guerra e le sue orribili conseguenze, un pezzo drammatico della nostra storia passata, destinato purtroppo a ripetersi in altri luoghi e con gli stessi esiti nefasti ,ad indicare che migliaia di morti non sono serviti ad evitare altri conflitti, nemmeno nel nuovo millennio.

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