Pólemos di Gianfrancesco Turano 

È il 429 avanti Cristo e la guerra fra Atene e Sparta è iniziata da due anni. Mirrina è un’adolescente ateniese in fuga dalla prigionia spartana. È fiera, scaltra, ansiosa di vendicarsi dei nemici che le hanno ucciso il padre. Procle è un giovane guerriero con l’ambizione di combattere fra i ranghi degli spartiati, l’élite militare più temibile di tutto il mondo antico, ma la sua origine non è trasparente come la legge degli Uguali esigerebbe. Milone da Crotone è un commediografo in cerca di fama che proviene dalle colonie greche d’Italia, come il gigantesco carrettiere Xantia, deportato e ridotto in schiavitù dall’oligarca Learco di Euristene. Le loro vite si incontrano nell’Atene di Pericle proprio quando la città meravigliosa è prostrata dalla peste e dall’assedio del re spartano Archidamo. Questa comitiva errante, unita da passioni brucianti, si muove sullo sfondo del conflitto per la supremazia tra le due polis dominanti dell’Ellade, tra aristocrazia e democrazia, tra imperialismo commerciale e militarismo schiavista, in un sistema di alleanze che si fanno e si disfano, travolgendo antiche fedeltà nella vendetta.

  • Editore ‏ : ‎ Giunti Editore (6 aprile 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 420 pagine

Recensione a cura di Paola Nevola

“Polemos è padre di tutte le cose, di tutti i re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.”  per Eraclito la legge del mondo risiede nel concetto degli opposti (guerra e pace, amore e odio, povertà e ricchezza), una dualità armoniosa e Polemos il demone della guerra è la forza che muove il mondo.

Il romanzo di Turano è ambientato  durante le cosiddette guerre del Peloponneso, un periodo che vede la rivalità tra Atene e Sparta e la scomparsa dello statista Pericle. Popoli e città sostenevano alleanze con l’una o con l’altra in conflitti sanguinosi e a volte in scontri  fratricidi. 

Protagonisti di questo racconto alcuni personaggi che intrecciano le loro vite e i loro destini immergendo  il lettore in quell’antico teatro storico.

Mirrina, una giovane ateniese travestita da ragazzo, fugge da una barca spartana carica del desiderio di vendetta per il  padre trucidato dagli spartani, sulla sua strada incontra dei giovani iloti anch’essi rimasti orfani per il genitore assassinato. Sono Briseide,  per lei Mirrina proverà sempre un debole sentimentale e la piccola Criseide col fratellino Diodoro. Una voce accompagna Mirrina nelle sue esperienze. Il demone … continuò a molestarla come aveva ripreso a fare da quando si era allontanata da Atene, disposto a ogni sofisma pur di metterla in difficoltà.

Il loro cammino prosegue, incontrano Procle un giovane spartiate dalla ferrea disciplina spartana che mira ad entrare nei ranghi degli Uguali, l’élite, coglie l’opportunità per fare suo il gruppetto e condurlo a Sparta come sua conquista e riceverne il merito.

Purtroppo le cose non andranno secondo i propositi dello spartiate e si troveranno tutti condotti ad Atene  in schiavitù, dove il carrettiere Xantia, che presta la sua potenza fisica per il lavoro sporco del  vecchio e corrotto  oligarca Learco,  li offrirà  al suo padrone. 

Nella residenza di Learco si incrociano le sorti con altri personaggi tra cui un altro protagonista Milone, di origine italica, un commediografo in là con gli anni e zoppo, di scarso successo in cerca dell’agone, di fama e ricchezza, attratto sessualmente da giovani efebi che ricambiano affascinati dall’arte letteraria.

I destini di questi personaggi confluiscono con altri in una narrazione colma di avvenimenti che rimanda alla tragedia e alla commedia. L’introspettiva evoca il temperamento e i valori delle genti elleniche. Amano e tradiscono, passionali e brutali, ribelli e folli, si fronteggiano nelle fazioni politiche; sono protagonisti di gesta eroiche per gli onori o la gloria eterna, o rancorose con mire di vendetta e rivalsa. 

Emozioni e sentimenti si infiammano su scenari suggestivi.  Atene, quando il gruppo di Mirrina, Procle e le ilote giungono ad Atene trovano una polis la cui bellezza è offuscata, immersa nella catastrofica piaga del morbo della peste. 

Filosofia, arte si contrapponevano al vizio,  ideali di democrazia si scontravano con la schiavitù, l’oligarchia e l’aristocrazia. La tregua Olimpica si anteponeva alla guerra e alla pestilenza.

Procle è colpito da Atene ne vede la bellezza suggestiva e ancestrale, ma biasima e sprezza gli ateniesi, la loro ricchezza e gli agi che ne conseguono, la corruzione, le differenze sociali che generano malumori e ribellioni. Troppo diversi dagli spartani rigorosi nella disciplina e nell’essenzialità.

La città avrebbe dovuto suggerirgli diffidenza, fastidio, ostilità. Invece lo aveva colpito con un’armonia inconcepibile a parole perché la bellezza non sa insegnare, pretende adorazione. A Sparta non esisteva nulla di simile, perché i bastioni di Lacedemone erano i suoi guerrieri, i confini della polis erano le punte delle lance, la guerra era la loro unica Musa e a lei sacrificavano prima della battaglia. L’arte, dicevano gli anziani ai giovani spartiati, è sovvenzionata dal Male per mentirci su ciò che è bello e virtuoso…

Ad Olimpia, Learco l’oligarca ricchissimo brama vincere la gara più rinomata delle quadriglie per il prestigio e i benefici che ne conseguono, il suo auriga è l’asservito Pagonda guerriero tebano; Milone, Xantia e Mirrina si ritrovano ai giochi ciascuno con le proprie mire.  

Olimpia offre la possibilità agli ambiziosi di arricchirsi, come Milone che declamando le vittorie del grande lottatore Dorieo ottiene una piccola fortuna. 

Le descrizioni sono così vivide e autentiche che pare di vivere l’atmosfera olimpica, con la folla accampata nei dintorni o ad assistere ai giochi sulle gradinate, i venditori di cibi, i banchetti, le celebrazioni e i riti sacrificali, le rivalità, il sostegno e l’esaltazione per gli atleti che appaiono come divinità.

È l’invidia del greco verso il greco, suscitata dal suo desiderio di fama. Qui conta solo schiacciare l’avversario perché il secondo è l’ultimo dei deboli e quelli dopo di lui valgono quanto sterco di bue, meno della sabbia che hanno bagnato di sangue. Chi aspira alla vittoria spende in carri, in allenatori, in cavalli ma anche nei versi dell’epinicio che trasmetteranno la sua impresa attraverso le generazioni. 

In Polemos assistiamo ad assedi e scontri navali spettacolari e drammatici, vendette, cospirazioni, lotte per la sopravvivenza. L’amore dalle diverse sfumature e vissuto con una visione libera. Il fato e le circostanze cambiavano la condizione umana da schiavo a uomo libero, da ricco a povero e viceversa. 

Polemos, il demone, pervadeva gli animi, influenzava le azioni determinando i destini, un demone che probabilmente turba gli animi tutt’oggi.  

L’opera di Gianfrancesco Turano oltre ad essere  un romanzo avventuroso ed epico  offre uno studio colto e approfondito della Grecia antica, tanto che a mio avviso si avvicina al saggio storico. Un romanzo adatto ai cultori degli studi classici, ma anche agli appassionati.

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