Quel che abisso tace di Maura Maffei

È la fine di giugno del 1940. Nel campo di internamento di Whart Mills sono detenuti centinaia di italiani civili. Sono uomini che da anni vivono in Gran Bretagna e che la dichiarazione di guerra dell’Italia fascista ha reso nemici. Qui s’intrecciano le vicende di Guido, arrestato nell’imminenza della nascita del figlio, di Innocente, cui hanno sottratto il violino da concertista, di padre Gaetano, che trascorre le notti recitando il rosario, di Enrico, famoso tenore dell’epoca, di Cesare, il cinico direttore del Piccadilly Hotel di Londra, e di tanti altri. E poi c’è Oscar, che le guardie trattano con durezza perché è mezzo irlandese. In una domenica afosa, vengono tutti caricati su un transatlantico in procinto di salpare da Liverpool per chissà dove. Si tratta dell’Arandora Star, che all’alba del 2 luglio 1940 incontrerà il proprio destino.

Copertina flessibile: 356 pagine
Editore: Parallelo45 Edizioni (30 settembre 2019)
Collana: Secondo millennio
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8885503322
ISBN-13: 978-8885503328

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Recensione a cura di Sara Valentino

Siete pronti per un salto nell’abisso? “Quel che abisso tace” è un romanzo che scava nell’anima e riporta in luce un episodio terribile, veramente accaduto, ma praticamente dimenticato.

Maura Maffei, come leggerete nelle note finali, per un caso fortuito, o come piace pensare a me, per una sorta di illuminazione proveniente dall’alto, racconta le vicende accadute a un suo avo.

No, non è un racconto di famiglia, purtroppo non lo è; è il racconto di un dramma immane accaduto nel 1940 in Inghilterra. E’ l’inizio del conflitto mondiale, Mussolini ha dichiarato guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Gli italiani vengono definiti filofascisti, alcuni lo sono, altri no, non è importante perché vengono strappati alle famiglie, alle madri, alle mogli e condotti in un campo di internamento, Whart Mills, un ex cotonificio. Ciò che sempre ci lascia basiti, inermi e increduli, è il modo in cui i nostri fratelli da un giorno all’altro diventano nostri nemici, i militari privano i detenuti di qualsiasi effetto personale, di un ultimo appiglio alla vita passata, come una semplice catenina che sarebbe un ricordo negli istanti di paura, desolazione e terrore. Capita così al protagonista di questa vicenda. Oscar ancora in pigiama viene trascinato fuori casa, sotto gli occhi della madre, viene condotto via insieme agli altri detenuti con il solo abbigliamento da notte che indossa, nemmeno il tempo di prendere qualcosa di più pesante, di più civile. Oscar è figlio di padre italiano e madre irlandese, naturalmente non ha nulla a che fare con i fascisti, ma non importa viene coinvolto in questa triste vicenda come tanti altri innocenti.

“Tutto era stato profanato, nello scorrere di poche ore. La dolce quiete della famiglia e dei ricordi, il profumo di spigo della camera da letto, l’azzardo dei sogni che a vent’anni non vogliono cedere… Persino la luna lo schiaffeggiava di luce, nel buio che nessuna lampada scolorava. Attraverso la grata e il vetro opaco di polvere, si posava insolente sul viso tumefatto, violandone lo stupro dei lineamenti”

Alcuni personaggi, come Oscar, sono inventati ai soli fini narrativi, molti altri come Cesare Vairo, che Oscar incontrerà nel campo di internamento e come altri, sono reali, sono personaggi che hanno vissuto la tragedia.

“E così Oscar imparò a sue spese che la perquisizione di un nemico, che infierisce sul corpo nudo, non è un atto di prudenza, ma la volgare rapina del violento ai danni di chi non conta più”

Stipati come bestie, “…in quel luogo di dannazione, mentre esplodeva la tempesta, tra le reliquie della vita che non aveva più valore”, privi di ogni richiamo alla vita normale che avevano fuori, in una lacerante attesa di una lettera dalla famiglia, con il dolore nel cuore di aver lasciato indigenti i propri affetti, si aggrappano l’un l’altro alla ricerca di piccole fiamme di amicizia a riempire e scaldare i cuori. C’è una netta somiglianza al dolore di Cristo, la sofferenza di un prigioniero nudo e affamato, forestiero e solo..

C’è, lo dicevamo prima, un barlume di speranza, la forza di non arrendersi, la fiducia in un disegno più grande, la ricerca di un perché. Quello stesso perché che ci chiediamo noi tutti quando ci troviamo, come in questo periodo che stiamo affrontando, il motivo di tanto dolore, o come ce lo domandiamo alla luce soffusa della notte quando chiediamo a Dio il perché delle nostre sofferenze.

Maura Maffei, ha creduto fortemente nel voler narrare questa storia, nel restituire una voce, la dignità ai tanti (più di 800 vittime) che verranno privati della libertà prima, e condannati poi a una morte che è stata uno scenario terrificante, difficile da raccontare, rivivere e riportare. L’autrice, che conosco da precedenti letture, ha approfondito, studiato la vicenda e ce ne riporta, fin nei minimi particolari, con una prosa che è una poesia, tutto il senso emotivo di tragedia, di dolore, di lacerazione e di impotenza di fronte a un destino spaventoso. Non manca però di infondere sempre quella stilla di speranza che fa la differenza nell’affrontare anche il volere peggiore del fato, c’è quindi padre Gaetano che sino alla fine non smetterà di credere in Dio, di pregare, di infondere fede e coraggio, di benedire anche quando le anime spariscono inglobate da una furia nera.

“Storie spezzate come rametti per accendere il fuoco, senza più trattenere linfa per custodire una goccia di speranza”

Molti degli internati a Whart Mills, divenuti privi di nome e quindi anche di dignità, chiamati con la sola voce di un numero, salgono a bordo di un transatlantico, ex nave da crociera, con direzione Canada, l’Arandora Star. L’angoscia nel passare quell’appello, nel temere di sentire il proprio numero chiamato… l’angoscia di un destino, se possibile, ancora peggiore di quello che attualmente stanno passando. Sul molo nessuno a salutare la partenza, una partenza senza saluti, senza adii.

Oscar incontra Pascal a bordo del transatlantico, è un irlandese arruolato a bordo, è un uomo che può definirsi umano, rappresenta l’amore in un momento tragico come quello in cui un siluro colpisce l’Arandora Star. Le emozioni, le sensazioni che ho provato leggendo non le so raccontare, sono molto intense; sono stata a bordo della nave, ho visto tutto, tutto ciò che precipitava, teste scomparire tra i flutti, la disperazione ovunque e poi il silenzio, un silenzio di morte agghiacciante, il silenzio irreale che non si può scordare. Un sacrificio di un amico, il dolore per il senso di colpa e il buio nella memoria, troppo … troppo per ricordare.

La seconda parte del libro, è una storia cucita sapientemente da Maura Maffei, nella Storia. E’ la redenzione, se vogliamo, la resurrezione, il volto della speranza e del cuore, contrapposti al buio nero e appiccicoso, come pece sulla pelle, del dolore vissuto dalle vittime.

La narrazione, lo ripeto è poesia pittorica, coinvolgente, ci vuole arte poetica per scrivere così, per scavare nella mente e nei sentimenti dei lettori; ora no, non possiamo dimenticare l’accaduto, ma possiamo rammentare confidando sempre nella fiammella dell’amore.

Vorrei in ultima analisi, ma non perchè sia l’ultimo elemento valutabile, sottolineare che le edizioni Parallelo 45 mi piacciono molto, sono estremamente curate.

“E’ un brutto momento per tutti noi, ma passerà. Nulla dura per sempre, nella brevità della nostra esistenza terrena”

 

 

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2 Risposte a “Quel che abisso tace di Maura Maffei”

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