Streghe. Le eroine dello scandalo – Ilaria Simeone

1616, ducato di Milano e Mantova: Caterina De Medici viene accusata di aver maleficiato il nobile senatore Luigi Melzi. Comincia così, in una sorta di processo privato tutto interno al palazzo milanese, una vicenda che finisce con l’impiccagione e il rogo della strega rea confessa. 1587, Triora, Podesteria della Repubblica di Genova: si apre uno dei più appassionanti processi italiani alle streghe. Trentacinque imputate, tre magistrature e un’inedita ferocia persecutoria. Il procedimento dura tre anni e distrugge un’intera comunità. 1716 Brentonico, Quattro Vicariati: Maria Bertoletti, detta la Toldina, viene accusata di stregoneria, processata nel foro penale laico e condannata al rogo. Oggi, trecento anni dopo, il Comune trentino ha chiesto la riapertura del procedimento. Tre storie ignobili di femminicidi ante litteram che coagulano, nella banalità del male, sesso e morte, giustizia e ingiustizie, poteri e contropoteri, Chiesa e Stati. Tre storie diverse ma unite da un’unica, atavica paura: la donna come «scandalo». Ilaria Simeone indossa i panni di una cronista giudiziaria dell’epoca, consulta gli atti, li racconta udienza dopo udienza, in un crescendo avvincente come un thriller, per mostrare come la macchina della giustizia che condannava al rogo le «eroine dello scandalo» si trasformi, infine, in un gigantesco scorpione che, come nelle leggende di demoni e streghe, contorcendosi infligge la morte a sé stesso.

Copertina flessibile: 188 pagine
Editore: Neri Pozza (12 settembre 2019)
Collana: Piccola biblioteca Neri Pozza

Recensione a cura di Sara Valentino

Scandalo, dal greco ostacolo, inciampo che causa turbamento alla sensibilità morale. Eroine dello scandalo… donne come noi.

Il processo a Caterina  Medici è uno dei più noti in Italia, dei quali ha parlato anche Alessandro Manzoni ne “I promessi Sposi”. Caterina nasce a Broni in provincia di Pavia. Viene chiesta in moglie da Bernardino Zagalia, detto Pinotto che la portò a vivere a Pavia. L’intento era quello di “usarla” e cederla ad altri per ricavarci soldi, così la giovane donna fu costretta dal marito a prostituirsi. Rimasta vedova e dopo varie vicissitudini giunge a servizio, nel 1616, del senatore milanese Luigi Melzi d’Eril. Quando questi inizia a soffrire di dolori addominali incomincia anche il calvario per Caterina. Accusata di stregoneria per tre cuori di refe e un mal di stomaco.

“Da tempo in qua è talmente cresciuto in questo Stato e particolarmente in questa città e ducato il numero di streghe e malefiche che da tutte le parti si sentono gravi delitti e lamenti di figlioli, donne e uomini maleficiati in diverse maniere e fatti morire con arti e insidie diaboliche” scriveva così il 9 giugno 1611 il governatore di Milano Juan Velasco all’ambasciatore della Spagna presso il papa. Voleva così ottenere di poter gestire i processi senza l’ingerenza dell’Inquisizione locale.

Caterina viene interrogata e confessa subito. “Confessa, pentiti, rinuncia al diavolo e rimedia al male che hai fatto”. Le mani livide, le dita e i gomiti deformi, un braccio penzola dalla spalla il risultato delle torture. La corda ad esempio che prevedeva i polsi venissero legati dietro la schiena e applicati pesi alle caviglie, il condannato veniva sollevato da terra con una carrucola: i legamenti di braccia e spalle si strappavano e le ossa si slogavano. Altro sistema terribile: il tassello. Si trattava di un pezzetto di legno infuocato che veniva infilato sotto le unghie dei piedi.

“E’ destino di una strega essere violentata. Poco importa se dal diavolo o dagli uomini”

Cosa le resta? A lei come a tutte le accusate di stregonerie resta confessare l’assurdo, ciò che gli uomini al processo, gli inquisitori nelle carceri e nelle stanze di tortura vogliono sentirsi dire. Si identifica come una strega, lei che è rimasta sola contro la malvagità del mondo, lei in balia dei suoi carnefici in cerca di un capro espiatorio.

“Le donne si sono recate, in gran fretta, alla prima messa del mattino per confessarsi: vogliono arrivare nette allo spettacolo, per non rischiare di essere contagiate dal male alla vista della strega”

Ignoranza, superstizione e mancanza di solidarietà, quella stessa solidarietà femminile che ancora oggi farebbe bruciare le altre donne come streghe.

Caterina è condannata, impiccata e il suo corpo bruciato sul rogo il 4 marzo 1617 a Milano.

Ilaria Simeone in questo breve, ma intenso trattato ci racconta altre storie: ciò che accadde a Triora, un paesino della Liguria dove ancora oggi si sente tra le vie una sensazione sotto la pelle, i brividi di quei giorni nel lontano 1587. Capri espiatori, le donne, le giovani, le anziane accusate, torturate e processate. “Si sentiva oscena: lì, nuda, con le cosce spalancate a quel frate che cercava di scipparle i sentimenti dalla faccia. Sentiva i suoi sguardi fin dentro il sesso. Battistina Stella non c’era più: era diventata un abominio”

L’autrice attraverso un’attenta indagine, redige una cronistoria degli eventi seguendo gli atti dei processi, i verbali, i racconti e ridona voce a chi a lungo è rimasto sepolto nell’oblio, volutamente dimenticato, cancellato. Di Toldina rimane solo un gancio, la sua è una storia inedita mai raccontata. Ringrazio l’autrice per questo, perché a nome di tutte le donne uccise, seviziate, torturate ha parlato per ridare un briciolo di umanità. “Anche questo fu la caccia alle streghe: strage di dimenticate, portata a termine da uomini terribilmente normali”

“La storia di Maria Bertoletti da Pilcante è troppo piccola, troppo ignobile per suscitare duraturo interesse. Il male quando è banale, sparisce, repentino e inosservato, nelle pieghe della storia”

 

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