Da Samhain ad Halloween!

a cura di Edvige Marotta con le integrazioni e la supervisione di Giancarla Erba

Quando si avvicina il periodo di Halloween la prima cosa che si sente e si legge è che sia una festa legata al culto del diavolo e molti gruppi religiosi fanno propagande contro il festeggiamento, ma di satanico, questa festa, non ha proprio nulla e deriva dall’antica ricorrenza europea, chiamata Samhain (o Samonios), di commemorazione dei defunti. L’accusa più facile, ovviamente, è stata quella che, Halloween, abbia origini oltreoceano, un modo per insabbiarla e renderla inoffensiva, definendola una “americanata”, cioè una pagliacciata! Vediamo come si è arrivati a questa festa partendo dalle origini.
Origini
Forse non tutti sanno che la festa di Halloween non nasce in America ma ha antichissime origini europee, a partire dalla Gallia Continentale che comprendeva gran parte dell’Europa e in Italia tutto il nord fino alle Marche.
La sua conferma la si ha con il celebre calendario di Coligny (sud della Francia antica terra dei Celti Ambarri), un calendario celtico scoperto nel 1897 nel quale si evidenzia una importante iscrizione circa Samonios.
L’iscrizione così cita: “Trinoxsamo[sindiv – trinoxtionSamonisindiu” ovvero “la festa delle tre notti di Samonios comincia oggi”] e si riferisce specificatamente al periodo della caduta delle noci e dei gusci in autunno.
Pertanto la festa in origine era conosciuta col nome di Trinoxtion Samonii, ovvero le tre notti di Samonios: la sacralità della simbologia del tre, già presente nel Triskell, acquista grande rilevanza per identificare un periodo cruciale durante il quale la parte oscura dell’anno prevale su quella chiara.
In Irlanda, dove la tradizione celtica si è mantenuta più a lungo grazie al fatto che i romani non riuscirono ad invaderla, questa festività prende il nome di Samhain.
Dall’Irlanda, la tradizione è stata poi esportata negli Stati Uniti dagli emigranti, che, spinti dalla terribile carestia del XVIII secolo, si diressero numerosi nella nuova terra e portarono questa loro tradizione con tutte le relative evoluzioni avvenute nei secoli.
I Celti e i festeggiamenti di Samhain
La definizione di Celti evoca ai nostri giorni due insiemi etnici e culturali separati nel tempo. Da una parte i popoli antichi che occuparono in diversi secoli vasti territori dell’Europa, dall’Oceano ai Carpazi, alle grandi pianure del Nord al litorale mediterraneo – e arrivarono grazie alla loro espansione partita dall’Asia Minore. Dall’altra, popolazioni contemporanee di lingua celtica che abitano sulla parte atlantica dell’Europa: la Bretagna armoricana, il Galles, una parte della Scozia e dell’Irlanda.
I Celti erano un popolo estremamente articolato, diviso in numerose tribù (causa della loro sconfitta), altamente addestrato a livello bellico, esperti e famosi nel mondo antico per le loro capacità artigiane (carradori, fabbri, ferrai e bottai erano molto ricercati), evoluti sia per quanto riguarda l’allevamento animale che per la coltivazione:
“[la Gallia] è fertile di grano e foraggio.” Pomponio Mela, De Chorographia, III, 2, 1
“La Gallia produce una grande quantità di frumento, di miglio, di ghiande, e nutre tutti i tipi di mandria.” Strabone, Geografia universale, IV, 1,2

Per i Celti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, la festa di Samhain, per i Celti insulari (o Samonios, per i Celti continentali) che rappresentava, quindi, il loro capodanno. L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro concezione del tempo, infatti, essi dividevano l’anno in due metà, come se fossero due grandi stagioni: il buio e la luce. Samhain (31 ottobre, appunto) era la festa che dava il via alla metà oscura, decretava, dunque, l’inizio dell’inverno e la fine dell’anno pastorale, ma era legato anche al culto dei morti e dell’aldilà; la sua controparte, Beltane o Beltaine, decretava, invece, l’inizio della metà dominata dalla luce e si festeggiava il 1° Maggio. Le quattro feste fondamentali celebrate dai Celti erano: TrinuxtionSamoni, Imbolc, Beltane, Lughnasad ed erano poste a distanza di circa quattro mesi l’una dall’altra pressapoco a metà strada tra i solstizi e gli equinozi. In nessun caso queste feste ebbero carattere equinoziale o solstiziale quindi la loro cadenza non fu assolutamente vincolata da particolari posizioni esclusive del Sole sull’Eclittica. Nondimeno il Sole rivestì il ruolo importante nel calcolo delle date delle feste le quali erano calcolate dai Druidi sulla base delle levate eliache di Antares, Aldebaran, Sirio e Capella.
Mentre oggi abbiamo legato queste festività al calendario solare e quindi ad una data fissa, per i Celti questi giorni sacri cadevano sempre in momenti diversi, data proprio la differenza di calcolo del tempo con il calendario solare prima e gregoriano poi.
Per i Celti, quindi, l’anno iniziava con la sua parte oscura e terminava con quella luminosa; allo stesso modo, il giorno iniziava con le ore notturne o meglio al crepuscolo. Proprio per questo carattere di “inizio”, questa festa aveva una particolare valenza magica e sacra, in quanto cadeva in un periodo di confine tra l’anno luminoso e quello dell’oscurità e per questo motivo era considerato un “momento di passaggio o intermedio” in cui è possibile mettersi in contatto con tutte quelle forze che non appartengono al mondo della realtà tangibile. Gli antichi Druidi utilizzavano proprio queste ore per i loro rituali. Per la tradizione contadina degli antichi popoli celtici, la festa di Samhain era considerata soprattutto come la festa della fine dell’estate (dal gaelico antico, “Sam Fuin”), dell’ultimo raccolto, della macellazione e conservazione dei cibi e l’ultimo incontro della comunità prima del freddo invernale. Il termine Samhain vuole infatti significare anche “riunione”. Tutta la tribù o clan si riuniva intorno ad un grosso banchetto che poteva durare in alcuni casi anche 15 giorni, ma si è certi che la storia classica ci abbia sempre parlato di 3 giorni definiti “Trinox Samoni”. Tutto ciò che non veniva raccolto e consumato veniva poi offerto agli spiriti dei morti e alle divinità per propiziarsi il loro potere.

Durante queste feste si consumavano enormi quantità di alcool ma l’idromele era la bevanda dell’immortalità quindi utilizzata in momenti sacri come questi anche se ovviamente anche il vino e la birra erano consumati in misura maggiore e anzi il consumo soprattutto di birra c’è da presumere che fosse addirittura obbligatorio.
Presso le popolazioni Insubri (“il più grande popolo a nord del Po” come cita Strabone), era consuetudine spegnere il fuoco nel focolare domestico 3 giorni prima della festività per poi riaccenderlo in onore di Belenos e Succellos (divinità solari) e spaventare gli spiriti avversi.

Durante la notte di Samhain, secondo la tradizione irlandese, venivano spenti tutti i focolari della comunità e, attraversata l’ora magica del passaggio delle stagioni, i Druidi accendevano sulle colline, seguendo particolari cerimonie, un’enorme Fuoco Nuovo, offrendo sacrifici di sementi e animali. Danzando e cantando intorno al focolare fino al mattino, si sanciva il passaggio tra la stagione solare e la stagione delle tenebre. Dopo il rito dei sacrifici nella prima notte di Samhain, i Celti festeggiavano per altri 3 giorni mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Vestiti con queste maschere grottesche ritornavano al villaggio illuminando il loro cammino con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui intorno erano poste le braci del Fuoco Sacro che venivano portate ad ogni famiglia per riaccendere il focolare domestico.
Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell’anno (quindi la morte) stava sopraggiungendo mentre l’atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita, dando così a questo rito la rappresentazione ciclica del tempo.
Il fuoco di Samhain era anche considerato una faro luminoso per le anime degli antenati e, attraverso l’idea della magia degli intermedi, i Druidi attribuivano ai momenti e ai luoghi intermedi una forte valenza magica; per questo Samhain rappresentava un momento cardine perché si formasse un sottile confine con il mondo dell’aldilà e, considerando anche il periodo stagionale, le celebrazioni avvenivano in onore degli Antenati, di coloro che attraverso la morte avevo lasciato il mondo reale per migrare nella terra dell’Eterna Estate, perché c’è vita nella morte e morte nella vita.
Jack O’Lanter
Alcuni echi delle vampe sacre di Samhain permangono nelle candele accese all’interno di frutta tipicamente autunnale, cioè le zucche spolpate e intagliate a forma di cranio umano. Si riteneva, infatti, che la scatola cranica fosse il contenitore dell’energia vitale e dell’anima, inoltre i popoli celti usavano accatastare ossa e teschi in quanto ritenevano che il defunto appartenesse ad entrambi i regni, quello dei vivi e quello dei morti. Con il tempo, la tradizione è stata fatta confluire in quella che comunemente si chiama la storia di Jack O’ Lantern. In origine in Irlanda e in Europa queste lanterne vegetali venivano ricavate da grosse rape. Quando le popolazioni irlandesi (e non solo) furono costrette ad emigrare in America a causa delle carestie che colpirono l’Europa, soprattutto nel XVIII secolo, portarono con loro le loro usanze, le loro tradizioni e i loro antichi Dèi e siccome le rape scarseggiavano nel Nuovo Mondo, trovarono nelle variegate e versatili zucche un’eccellente sostituto per creare le Jack O’Lantern e continuare a celebrare l’antichissima festa di Samhain e la notte in cui i veli tra i due mondi si fanno più sottili. Ma chi era Jack O’Lantern? L’origine della zucca illuminata dall’interno, chiamata simpaticamente Jack ‘O Lantern (Jack della Lanterna), è contenuta in una divertente storia irlandese che narra di un uomo, un certo Jack, la cui fama di bevitore superava di gran lunga la sua statura. Dopo una pesante sbornia presa in un pub alla Vigilia di Ognissanti, il povero Jack incontrò il Diavolo in persona pronto a condurlo all’Inferno a causa della sua cattiva esistenza. Jack però non aveva nessuna intenzione di morire e così propose al Diavolo di permettergli di bere un ultimo bicchiere prima di portarlo all’Inferno. Il Diavolo acconsentì, ma Jack disse di non avere soldi in tasca e propose al suo interlocutore di trasformarsi in una moneta da sei pences affinché potesse pagarsi l’ultimo bicchiere, dopodiché il Diavolo si sarebbe ritrasformato e avrebbe potuto condurlo nel suo regno sotterraneo.
Il Diavolo si tramutò in moneta che il furbo Jack prese subito e mise in un portamonete in cui teneva un crocifisso. Il Diavolo strepitò dalla rabbia per essere stato imprigionato e chiese a Jack di liberarlo. L’uomo acconsentì a patto che il Diavolo gli lasciasse ancora un anno di vita. E così fu. Jack si rese conto di avere una buona occasione per migliorare la sua vita e salvarsi dall’Inferno e così per un ceto periodo smise di bere, si comportò bene sia con sua moglie che con i suoi figli, ma a poco a poco tornò sulla vecchia strada della bottiglia. L’anno concesso passò e il Diavolo puntualmente comparve al fianco di Jack mentre tornava a casa dopo una serata al pub. Jack indicò al Diavolo un albero di mele e chiese di poterne avere una prima di andare all’Inferno e ancora una volta il Diavolo acconsentì alla richiesta.
Jack fece montare il Diavolo sulle proprie spalle e quando questo fu sull’albero e ebbe gettato una mela all’uomo, quest’ultimo fu lesto a tracciare con un coltellino una croce sul tronco dell’albero. Il Diavolo era furibondo per essere stato di nuovo ingannato e pur di essere liberato accettò di tornare a prendere l’anima di Jack solo dopo dieci anni. Tuttavia il corpo messo a dura prova dell’uomo non resse all’alcol e Jack passò a miglior vita prima del tempo previsto dal contratto. Jack si presentò alle Porte del Paradiso, ma per la sua cattiva condotta non venne accettato. Decise quindi di presentarsi all’Inferno, ma anche lì non venne fatto entrare per le umiliazioni inflitte a suo tempo al Diavolo. Tuttavia quest’ultimo, prima di lasciarlo vagare nel Limbo tenebroso, gli lanciò un tizzone ardente che Jack prese e lo pose in una rapa scavata in modo da ricavarne una lanterna, per illuminarsi la via e cominciò a vagare nella notte del Limbo alla ricerca di una dimora, senza tuttavia riuscire a trovarla, tanto che ancora oggi, nella notte di Halloween, lo spirito di Jack viene visto errare per le tenebre in cerca di pace, preceduto dalla fievole luce di una candela e dalla leggenda del suo nome di Jack ‘O Lantern. Esistono anche altre versioni di questa storia, ma tutte comunque trasmettono il messaggio che il Fannullone è condannato a vagare nelle Tenebre senza poter entrare né in Paradiso né all’Inferno.

L’origine di “Trick or treat?”
Questa usanza ha origini antiche, diversificate e, comunque, non certe. Secondo alcuni, infatti, risalirebbe ad una tradizione irlandese secondo la quale molte persone andavano in giro chiedendo offerte, soldi e cibo per la preparazione della festa di “San Columb Kill”. Secondo altri, invece, l’origine sarebbe cristiana, in quanto si riferirebbe ad una pratica in voga nel IX secolo d.C. detta “souling”, cioè “elemosinare l’anima”. Tale termine deriva dal fatto che il I Novembre, il giorno di Ognissanti, i primi Cristiani vagavano per i villaggi elemosinando il “soul cake” (Dolce dell’anima), un dolce quadrato fatto con la pasta del pane e decorato con uva sultanina e ribes. Per ogni dolce ricevuto promettevano una preghiera per i parenti morti dei donatori. Questo perchè si credeva che i morti rimanessero per un determinato periodo nel limbo, prima di accedere al Paradiso, e che le preghiere di estranei, oltre a quelle dei parenti, potessero accorciare la permanenza in questo luogo. Nel Medioevo era ancora in voga la pratica del souling, però erano i bambini a praticarla maggiormente e ad andare di porta in porta a chiedere del soul cake, proprio come i bimbi americani fanno oggi. Anche in questo caso i bambini dovevano recitare una preghiera per i defunti per ogni dolce ricevuto. Nel frattempo anche le credenze religiose erano un po’ cambiate, così le preghiere dei bambini non servivano più per accorciare il soggiorno nel limbo, ma nel Purgatorio, un regno intermedio tra Paradiso e Inferno dove i morti scontavano per un determinato periodo le loro pene e poi salivano al Cielo. Così come oggi i bambini americani cantano delle filastrocche per chiedere i dolcetti, anche nel medioevo i bambini cantavano “la canzone del soul cake”:

A Soul Cake!
A Soul Cake!
Have mercy
On all Christian souls
For a Soul Cake!

Un Dolce dell’Anima!
Un Dolce dell’Anima!
Abbi pietà per tutte le anime Cristiane
Per un Dolce dell’Anima!

Una terza ipotesi fa risalire ai Celti anche questo tipo di pratica: infatti durante il passaggio della lunga notte, si ritrovavano tutti i membri delle tribù, gli esseri visibili e quelli invisibili rinnovavano il patto tra loro, la guerra era sospesa come le leggi che ordinavano la comunità, i granai erano pieni e la compagnia silenziosa banchettava, assieme ai fratelli, con la carne. Le storie che si tramandavano erano varie e differenti tra loro, ma prevaleva sempre l’idea che l’anima dei defunti era sì sofferente ma non peccatrice e che aveva bisogno di un contatto con la vita e che, per soddisfarlo, si dovesse utilizzare il cibo in modo che la fame di luce venisse saziata con un dolce. Le offerte, per propiziarsi il favore degli estinti, erano solitamente costituite da dolciumi e frutta di stagione (noci e mele, in prevalenza, considerati frutti autunnali ricchi di valori simbolici e misterici) e dopo la scoperta delle Americhe, anche di tabacco. Successivamente, in Irlanda e in molti altri luoghi, si diffuse la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e da bere fuori dalla porta in modo che gli spiriti, passando, potessero rifocillarsi e decidessero di non tirare scherzi agli abitanti della casa.
Infine, altri sostengono, rifacendosi nuovamente alla tradizione celtica, che l’offrire dolci (originariamente posti sull’uscio delle case) fosse un modo per ingraziarsi le Fate che, altrimenti (cioè senza il “dolcetto“), avrebbero organizzato dei brutti “scherzetti“. Nella tradizione celtica non esistono né diavoli, né demoni, tuttavia le Fate erano spesso considerate ostili e pericolose dagli uomini, risentite del dover codividere con loro le proprie terre. Le leggende narrano che nella notte di Samhain le Fate erano solite fare alcuni “scherzetti” agli umani, portandoli a perdersi nelle “colline delle Fate”, dove rimanevano intrappolati per sempre. I Celti quindi, per guadagnarsi il favore delle Fate erano soliti offrire loro del cibo o latte che veniva lasciato sui gradini delle loro case.
L’idea del travestimento ha, anch’essa, origini antichissime e in Occidente era una delle prerogative dei misteri dionisiaci. Indossare una maschera voleva dire proporsi come altri differenti da sé, attesta l’incarnazione di un essere fuori dal tempo ordinario, un avo, una divinità o una larva. Indossare una maschera voleva dire annullare il proprio ego e assuumere le fattezze interiori del personaggio da interpretare, presso tutti i popoli sta a significare la presenza di uno spirito misterioso.

Con l’avvento del Cristianesimo
Durante il I secolo i Romani invasero la Bretagna venendo a contatto con tutte le celebrazioni celtiche da cui rimasero affascinati e le assimilarono alle loro. Intorno al 1° Novembre loro onoravano Pomona, la dea dei frutti e dei giardini e durante questa festività venivano offerti frutti (soprattutto mele) alla divinità per propiziare la fertilità futura. Con il passare dei secoli il culto di Samhain e di Pomona si unificarono, e l’usanza dei sacrifici fu abbandonata, lasciando al suo posto l’offerta di effigi da bruciare e l’usanza di mascherarsi da fantasmi e streghe, divenne parte del cerimoniale. Invece, nelle altre aree d’Europa, in cui la popolazione era prevalentemente pagana, si credeva all’esistenza delle streghe e della stregoneria ed uno degli aspetti più importanti era la celebrazione dei “Sabbath delle streghe”. I Sabbath più importanti erano due il 30 Aprile e il 31 Ottobre. Il 30 Aprile era celebrato nell’area dell’attuale Germania (in particolare sulle Montagne Harz) e prendeva il nome di Walpurgisnacht (la notte di Valpurga).

Secondo queste tradizioni teutoniche del IV-V secolo, strane figure, identificate successivamente come streghe, in questa notte uscivano dai loro rifugi per danzare e cantare. Queste tradizioni trovarono riscontro, in particolare, nella zona del monte Brocken (Harz), situato in Germania settentrionale, dove questi canti e balli erano dedicati alla Luna. Tuttavia, questi rituali furono diversamente interpretati, a seconda del paese europeo ove si diffusero, come cerimonie esoteriche legate al demonio, simili a dei sabba.

Vista, però, la difficoltà di sradicare questi antichi culti pagani che rimasero ben vivi anche durante il medioevo, nonostante la conversione al cristianesimo e per contrastare questa situazione, la Chiesa cercò di affrontare il problema in maniera decisiva. A tal proposito Papa Gregorio III (90º papa della Chiesa cattolica, periodo pontificato 731-741, °690-†741), stabilì che la Festa di Ognissanti fosse celebrata non più il 13 Maggio (la Festa di Ognissanti fu celebrata per la prima volta a Roma il 13 Maggio del 609 d.C, in occasione della consacrazione del Pantheon alla Vergine Maria) e scelse il 1º novembre (come avveniva già da tempo in Francia) come data per la consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori”. Nell’835 il re franco ed imperatore carolingio Ludovico I, detto Ludovico o Luigi il Pio (778 -840) decretò il 1º novembre Festa di Tutti i Santi come festa di precetto su richiesta del nobile romano papa Gregorio IV (101º papa della Chiesa cattolica, periodo pontificato 828-844, °- † 844). La notte del 31 ottobre divenne così una notte di preghiera e veglia in onore dei Santi, quindi solo di coloro che sono morti e saliti agli onori degli altari, relegando la celebrazione dei morti al giorno del 2 novembre. Perciò la vigilia di Ognissanti, la festa dei Santi e la commemorazione dei defunti divennero un momento molto importante del ciclo annuale della cristianità, soppiantando il reale significato dell’antica festa spirituale di origine celtica, creando solo un unico sincretismo e mantenendo il legame con il mondo dell’Aldilà attraverso la commemorazione dei defunti. Nei paesi di lingua inglese il 31 ottobre ha così preso il nome di “All Hallow’s Eve” cioè “Vigilia di Ognissanti”, poi popolarmente contratta in “Halloween”. Ma già dall’etimologia è possibile riscontrare un falso ideologico: infatti, in lingua celta, l’espressione contratta è “Hallow e’en”, ovvero “All allows even”, cioè “la sera in cui tutto è concesso”, e indica non i guazzabugli pretesi e denunciati dalla chiesa, i rituali satanici o le focose riunioni durante le quali scorrevano fiumi di cervogia e idromele per oliare ugule e sesso, bensì che tutto è permesso e che addirittura le ombre possono fare ritorno nel mondo dei vivi. Nel tentativo di esorcizzare la ricorrenza, di sradicarla e prenderne possesso, è stato inventato persino un nuovo etimo facendo derivare “Halloween” da “Hallow’s Eve”, la vigilia della beatificazione, per collegarla a Ognissanti. È facile immaginare che di santi, come li intende la chiesa cattolica in epoca precristiana ancora non ce ne fossero. Inoltre, prendendo spunto e metodo dalle tappe di conquista nel meridione del Vecchio Continente, dato che non si riusciva a contenere i culti e gli usi di Samhain, la data è stata ad arte connessa e accavallata al 1° Novembre con il giorno successivo che è la Commemorazione dei defunti. Soltanto con Papa Sisto IV (1475) la festa di Ognissanti è diventata obbligatoria in tutta la Chiesa d’Occidente.
In questi ultimi anni vediamo un ritorno della festa di halloween, che perdendo però la sua storia originale è ridotta sempre più ad una semplice festa commerciale, soprattutto per bambini e adolescenti.

FONTI
https://www.irlandando.it/halloween/storia/
https://tavernaelfica.forumattivo.com/t1447-trick-or-treat-origini-e-storia
Libro: “Le vere origini di Halloween” a cura di Sara Bernini, Luce, Chiara Rancati, Monica Casalini
“IL SIGNIFICATO SEGRETO DELLA FESTA DI HALLOWEEN” – Dalle celebrazioni celtiche di Samhain a quelle cristiane dei Santi e dei Defunti di Riccardo Taraglio. Articolo con Impaginazione a cura di www.celticworld.it

Il calendario di Coligny e la misura del tempo presso i Celti, Adriano Gaspani, Atti del XIX Congresso nazionale di storia della fisica e dell’astronomia
Libro: Les Celtes Histoire et dictionnaire, VenceslasKruta, Paris 2000
I celti alle radici dell’Europa e dell’Italia – Antikitera.net
Libro: LesGaulois, J.L. Brunaux, Paris 2005
Articolo: La cucina dei Celti, Giancarla Erba

 

 

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