Febbre all’alba – Peter Gardos

Nel luglio del 1945 un sopravvissuto della Seconda guerra mondiale raggiunge un campo profughi in Svezia. Ridotto pelle e ossa, ormai allo stremo dopo gli anni del conflitto, e nonostante i medici gli dicano che ha pochi mesi di vita Niklós, questo il suo nome, non si arrende. Sceglie di vivere. Compila una lista di 117 giovani donne, ungheresi come lui, che hanno trovato asilo in un altro campo profughi svedese e invia a ognuno di loro lettere elegantemente scritte a mano. Di una cosa è certo: una di loro diventerà sua moglie. Ispirato dalle incredibili, divertenti lettere del padre dell’autore, “Febbre all’alba” è una storia sulla speranza e sulla sorprendente forza che ogni uomo, anche nei momenti più bui, sa trarre dal desiderio di vivere e amare.

  • Editore ‏ : ‎ Bompiani (26 novembre 2015)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 223 pagine

Recensione a cura di Cinzia Cogni

Un autore sconosciuto, una copertina e un titolo che non mi evocano nulla,  eppure, da dentro quel cestone delle offerte, accanto a classici e best seller, questo libro mi chiama, chiede di essere letto e siccome è una sensazione che conosco e non mi ha mai tradito, decido di comprarlo.
L’idea era di iniziarlo a Gennaio per commerare il giorno della memoria, ma a causa di altre letture e impegni vari, non ci sono riusciuta e  l’ho finito ora, nel periodo di Pasqua.
Meglio così, certe storie devono viaggiare sempre, la frase “non dimenticare” vale tutto l’anno, non ha scadenza …e poi Pasqua è il simbolo della rinascita e i protagonisti di questo bellissimo romanzo storico, dopo una lunga “via crucis” finalmente tornano alla vita: una  metafora perfetta.

“Mio padre non raccontò che nel campo di concentramento di Bergen-Belsen per tre mesi aveva bruciato cadaveri…
E Lili non parlò mai, né allora né dopo, del viaggio di dodici giorni verso la Germania…
Di queste cose non parlarono mai. Due ore più tardi però mio padre accarezzò i capelli di Lili e quando si alzò goffamente dalla poltrona diede un bacetto sulla punta del naso della ragazza.”

Ma partiamo dall’inizio, perché c’è davvero tanto da raccontare… innanzitutto Peter Gárdos è un regista ungherese già noto come autore di diversi romanzi, questo però è speciale, intanto è il suo primo libro e poi
racconta la vera storia dei suoi genitori, di come si sono conosciuti, degli orrori che hanno vissuto, ma soprattutto del “dopo”, di quella voglia di riscatto e rinascita che li ha uniti fin dal principio.
Dopo la morte del padre, Peter Gárdos ebbe il permesso della madre di leggere le lettere che i suoi genitori si scambiarono, una volta usciti dal campo di concentramento dove furono internati perché ebrei, durante la seconda  guerra mondiale. Ricoverati entrambi in  Svezia ma in due campi profughi diversi, fu grazie all’iniziativa di Miklós Gardós di iniziare una corrispondenza con  ragazze di nazionalità ungherese come lui, che conosce la giovane Lili Reich che già dalle prime lettere lo colpisce in modo particolare.
Miklós però, nasconde un segreto che solo il medico del campo che lo ha in cura, conosce, e non ha  intenzione di svelarlo a nessuno, soprattutto a Lili, la paura di perderla è troppa e lui vuole vivere quei poco tempo che gli resta, accanto a lei, crede fermamente di avere diritto alla felicità e all’amore, senza doversi preoccupare del suo destino.

“Mi ha frainteso. Io sto cercando moglie. Vorrei sposarmi.”…
Il primario corrugò la fronte. “Si vede, caro Miklós,  che la volta scorsa non sono stato abbastanza chiaro.”
“Invece sì,  dottore.”
“Non avrò saputo esprimermi bene in ungherese. Lei ha circa sei mesi di vita. Questo è il tempo che le rimane…”
“L’ho capito perfettamente, signor primario.”
… Il primario si chiese se spettasse a lui contraddire un condannato a morte e farlo ragionare sulle sue possibilità.  Mio padre considerò invece se valesse la pena di indurre quell’uomo di scienza e di vasta esperienza a considerare una visione positiva del mondo. Alla fine decisero di lasciarsi reciprocamente in pace.

Con uno stile molto originale, dove l’autore è anche la voce narrante,  la storia è raccontata attraverso le lettere del padre e della madre, in un modo talmente semplice, poetico, ironico e leggero, che sorprende, visto i temi drammatici trattati, e al tempo stesso trascina completamente il lettore nel romanzo.
L’ombra dell’olocausto non  abbandona mai i protagonisti, ma ciò che hanno vissuto viene descritto come fossero ricordi lontani che ogni tanto riaffiorano e che loro provano ad allontanare, perché dopo aver visto la morte in faccia, ora l’unico desiderio è dimenticare e tornare a vivere.

“Trentotto e due, sempre lo stesso ostinato risultato, né più  né meno. La febbre arrivava come un topo d’appartamento,  lo derubava della fiducia e spariva subito nell’alba crepuscolare. Per le otto, quando mio padre si alzava, la temperatura tornava normale.”

Miklós e Lili iniziano una fitta corrispondenza, tra di loro si crea subito un feeling particolare, anche se all’inizio per Lili è solo un modo per distrarsi dalle lunghe giornate a letto, a causa di una colica renale presso l’ospedale militare di Eksjö; pian pianino però, questo strano giovane suscita in lei interesse e la voglia di vederlo prende il sopravvento.

“…ho trovato la sua lettera così diretta tanto simpatica che volentieri continuerei la corrispondenza… Di me le dico soltanto che le pieghe ben stirate dei pantaloni o i capelli ben pettinati non mi colpiscono affatto, perché per me conta solo il valore di una persona. “


Dopo varie vicissitudini riescono ad incontrarsi, anche se a causa della distanza  e delle difficoltà per avere il permesso per uscire, gli incontri sono brevi ma davvero intensi.
Chissà perché le storie d’amore, quelle vere,  devono sempre scontrarsi con la cattiveria, l’ignoranza e l’invidia e infatti anche i genitori di Peter Gárdos si troveranno a combattere  contro i pregiudizi di alcuni e con chi ha deciso che la loro unione è sbagliata.

“Un medico limitava la sua libertà di movimento. Aveva una buona ragione,  concreta, in qualche modo anche vera. E quel Paese lo aveva accolto. Lo stava curando. Lindholm poteva affermare che la limitazione era necessaria per motivi di salute… che cos’era veramente? Un malato? Un rifugiato? Un dissidente? Un visitatore temporaneo?…”

“Mia cara, unica Lili! Sono terribilmente arrabbiato  e disperato.  Ma non mi arrendo, mi inventerò qualcosa!”

In questa storia anche la religione e in particolare l’ebraismo, ha un ruolo fondamentale, i due innamorati infatti pur essendo ebrei di nascita, non sono mai stati veramente praticanti e la persecuzione nei loro confronti li ha allontanati ancora di più dalla fede, per questo motivo sono d’accordo entrambi di convertirsi al cristianesimo e sposarsi in chiesa. Intuibile che la loro decisione porterà a numerosi problemi.

“Mi stia sentire, dottore. Rispetto la sua straordinaria professionalità.  La sua grande esperienza.  I clamorosi risultati della medicina… però la prego con il cuore in mano di lasciarci in pace! Di permetterci di sognare! La prego in ginocchio di permetterci di ignorare la scienza! Le rivolgo la mia preghiera di lasciarci guarire da soli!”

Sono rimasta molto colpita da questa storia, della forza di volontà dei protagonisti, dalla loro rinascita e dal modo semplice e sincero in cui l’autore ha deciso di presentarla.
Sono pochi i romanzi che raccontano dei sopravvissuti alla Shoah che lasciano in superficie  la loro terribile esperienza, mentre spiegano come sono riusciti a ricostruirsi una vita, ad avere fiducia nel futuro, a lasciarsi alle spalle traumi e sofferenze impensabili.
Anche i luoghi sono inediti, le informazioni
sui campi profughi in Svezia dopo la guerra, sono davvero scarse, e il fatto che molte famiglie svedesi ospitarono a casa loro, giovani ragazze sopravvissute ai lager per aiutarle a tornare alla normalità,  è poco noto. 
I genitori di questo scrittore erano sicuramente persone speciali per il coraggio che hanno avuto nell’affrontare delle situazioni che parevano irrisolvibili, ma la scelta di raccontare la loro storia per lasciare un messaggio di positività e speranza è merito del figlio; Peter Gárdos infatti, lascia una testimonianza  preziosa,
riuscendo a rendere immortale una storia d’amore, che come una favola, regala una bellissima e importante morale.

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