Il prodigio – Emma Donoghue

Irlanda, seconda metà dell’Ottocento. L’infermiera Lib Wright, una veterana della guerra di Crimea formatasi all’illustre scuola di Florence Nightingale, è appena giunta nelle Irish Midlands dall’Inghilterra. Il caso sottopostole dal dottor McBrearty, medico della Contea, è quanto mai insolito: Anna O’Donnell, una bambina in perfetta salute, afferma di non toccare cibo dal giorno del suo undicesimo compleanno, quattro mesi prima. Un vero e proprio «prodigio vivente», che non manca di attirare stuoli di fedeli da tutto il mondo, impazienti di vedere con i propri occhi la bambina che sostiene di nutrirsi soltanto di manna dal cielo. Non tutti, però, si sono lasciati impressionare dalle parole della piccola. Molti pensano che gli O’Donnell siano degli impostori che danno da mangiare alla figlia di nascosto, facendosi beffe del mondo e dello stesso dottor McBrearty. Per questo, due scrupolose sorveglianti sono state ingaggiate per rimanere a turno al fianco di Anna, giorno e notte, per due settimane. Lib è convinta di aver affrontato quel lungo viaggio oltremare non per fornire la sua esperienza, ma per servire da balia e carceriera a una piccola imbrogliona, e tutto a causa dell’orgoglio ferito di un medico di provincia. Rifiutare, tuttavia, significherebbe rinunciare al lauto corrispettivo offerto. Anche se il vero compenso sarà, per lei, smascherare quel miserevole inganno. La casupola in cui vive la bambina non ha piú di quattro stanze e l’infermiera confida sul fatto che le basterà una notte per sorprendere Anna a cibarsi di nascosto, da sola o aiutata dai familiari. Eppure nei primi giorni di vigilanza, la piccola non fornisce alcuna prova sul raggiro perpetrato. E proprio quando le convinzioni di Lib cominciano a vacillare, l’infermiera si troverà di fronte a dilemmi ancora piú grandi. Con una prosa splendida, capace di mantenere sempre alta la suspense, Emma Donoghue ci consegna un magistrale romanzo che parla di ignoranza, accanimento religioso e superstizioni nell’Irlanda dell’Ottocento.

  • Editore ‏ : ‎ BEAT (11 novembre 2022)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 304 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

“La credulità del genere umano non ha limiti, specie quando si sposa con la mentalità di provincia. Mundus vult decipi, ergo decipiatur, il mondo vuol essere ingannato, e allora lo si inganni, affermava Petronio già ai tempi di Nostro Signore. Evidentemente le cose non sono cambiate da allora”.

Cosa succede quando la fede si combina con l’ignoranza? Il Prodigio, uno stupefacente romanzo storico, ci fornisce la risposta: assolutamente niente di buono.

Siamo nella cattolicissima Irlanda della metà dell’Ottocento, in uno sperduto e povero paese rurale delle Irish Midlands, un luogo che ancora risente della Grande Carestia (An Gorta Mór) che tra il 1845 e il 1848 ha preso in ostaggio l’isola facendo strage di contadini e costringendone i restanti a emigrare altrove. In questo infelice luogo giunge Lib Wright, una giovane infermiera inglese che si è formata presso la moderna scuola di Florence Nightingale, colei che passerà alla storia come “la signora con la lanterna”, la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna (la prima ad applicare il metodo scientifico attraverso l’utilizzo della statistica). 

Lib è stata ingaggiata per occuparsi di una piccola paziente, Anna O’ Donnell, una undicenne che da quattro mesi si rifiuta di ingerire cibo, e che nonostante questo sembra incredibilmente in buona salute. Deve sorvegliarla per due settimane, così come ha stabilito un comitato di personalità del villaggio di Athlone, guidato dall’anziano medico condotto McBrearty, formatosi per l’occasione, e stabilire che effettivamente la ragazzina non ingerisca del cibo di nascosto. Ormai la bambina è diventata famosa nella zona poiché sostiene di cibarsi solo della “manna del Cielo” e accetta di bere, svogliatamente peraltro, solo qualche cucchiaio d’acqua al giorno.

“Ma, dottore, dovrebbe essere morta da un pezzo!”.

E invece no. La bambina è ancora viva, e fuori dalla sua casetta modesta, nel cuore della campagna puzzolente di torba, sfila in processione gente che la ritiene un prodigio, una santa. Ma come è possibile?

“Molti pensano che gli O’ Donnell siano degli impostori, che diano da mangiare alla figlia di nascosto, facendosi beffe del mondo […]. Il nome del nostro villaggio è diventato sinonimo di arretratezza e dabbenaggine. Parecchi fra i nostri notabili sono dell’opinione che sia a repentaglio l’onore stesso della contea, se non dell’intera Irlanda”.

Lib dovrà darsi il cambio con una suora cattolica, anch’essa con esperienza di assistenza agli infermi, ed è sconvolta dalla creduloneria del comitato stesso poichè è ovvio che si tratta di una messinscena, ma loro, persino un medico, un uomo di scienza, sembrano convinti di trovarsi davanti a una sorta di miracolo, non davanti a un imbroglio, e vogliono avere la conferma ufficiale del fenomeno soprannaturale! Insomma, una follia che l’infermiera è intenzionata a far terminare quanto prima. E quando viene condotta al cospetto della ragazzina, nonostante l’apparenza di buona salute, nota alcuni particolari inquietanti: una peluria molto sottile e incolore sul viso, lobi delle orecchie, labbra e letto delle unghie bluastre, piedi, caviglie e gambe molto gonfie.

“…la bambina presentava anomalie preoccupanti, ma niente che comprovasse la clamorosa affermazione degli O’ Donnell riguardo al digiuno”.

Lib crede che realmente riuscirà a smascherare quella gente, ma iniziano a passare i giorni e nonostante abbia sorvegliato attentamente sia la stanza in cerca di anfratti dove nascondere del cibo, sia i componenti della famiglia, non riesce proprio a coglierli con le mani nel sacco. Anna non ingerisce alcun cibo, tira avanti con qualche cucchiaio di acqua e innumerevoli preghiere recitate con un fervore innaturale al cospetto dei suoi santini, e man mano che procede la sorveglianza inizia a stare male: deperisce a vista d’occhio, perde i capelli a ciocche ed è sempre più stanca. Eppure nessuno sembra notare nulla che non vada, né la famiglia né il dottore che è convinto persino che la bambina stia subendo una qualche mutazione! 

“Ma non potrebbe esserci qualche mistero fisiologico, dietro quelle antiche storie? Il gelo persistente di cui avete parlato, per esempio … Ho una teoria a riguardo: e se il suo metabolismo stesse mutando facendosi meno combustivo, come quello di un rettile?”.

Follia allo stato puro. Questa bambina prima dell’arrivo di Lib con molta probabilità ingeriva del cibo, ma dal suo arrivo ha smesso, e i segni della denutrizione sono evidenti, e nessuno fa nulla per distoglierla da quella follia, perché Anna non è un’imbrogliona, lei ci crede davvero, e la sua buona fede in ciò che sta facendo la sta uccidendo lentamente sotto gli occhi della famiglia e di tutti i fanatici religiosi che vogliono vedere in quel che le sta capitando un segno del divino.

“Lib fu presa dallo sconforto. Allora non era un nemico quella bambina dal viso dolce, né una scaltra detenuta. Solo una bambina in balia di un sogno ad occhi aperti, una bambina che camminava senza saperlo verso l’orlo di un precipizio. Era solo una paziente che aveva bisogno di essere aiutata. E alla svelta”.

L’infermiera riesce caparbiamente a entrare in confidenza con la bambina, vuole vederci chiaro, comprende che c’è sempre una ragione per ogni cosa, e lentamente riesce a portare a galla un oscuro segreto di famiglia, qualcosa che appartiene al passato, e che ha coinvolto in prima persona Anna, la quale rosa dal senso di colpa sta cercando di espiare con il digiuno, convinta che solo in questo modo si possa risolvere il tutto. E a questo punto visto che nessuno interviene per evitare l’inevitabile deve farlo lei, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, perché la bambina ha ricevuto persino l’estrema unzione, e la signora con la falce sta bussando alla porta di quella misera abitazione per portarsela via. 

Il Prodigio è un romanzo storico coinvolgente sia per la trama originale e inquietante, ma anche per l’ambientazione e soprattutto per le domande che suscita a proposito della fede religiosa. La storia infatti, così come scrive la stessa autrice alla fine del libro, si ispira al fenomeno delle cosiddette “digiunanti”, cioè quelle figure che si sottoponevano volutamente a digiuni rigorosissimi in nome non dell’imminente prova costume ma della religione. Tra queste figure, ad esempio, è stata annoverata anche Santa Caterina da Siena (la moderna scienza medica le ha diagnostico infatti l’anoressia). Ma abbiamo anche dei digiunatori miracolosi durante tutto il 1600, quando suore e religiose praticavano l’auto-digiuno come modo per imitare la sofferenza che Gesù Cristo sopportò prima della sua crocifissione. 

Ma non finisce qui. Il fenomeno continua persino nell’800, quando esplode il cosiddetto fenomeno delle “ragazze a digiuno”, che affascinò tanto il pubblico durante il periodo vittoriano. Grazie alla loro strana, e inquietante oserei dire, capacità di vivere senza cibo per periodi di tempo prolungati, queste ragazze venivano spesso chiamate “meraviglie di Dio”, e oltre ad essere considerate incredibilmente pie e devote, erano anche viste come dei miracoli viventi e, come nel caso della protagonista di questa storia, la gente veniva da ogni luogo per visitarle, portando loro dei doni nella speranza di ottenere una qualche salvezza. 

Un esempio molto noto di digiunante vittoriana è Sarah Jacob, una ragazza gallese, alla quale con molta probabilità deve essersi ispirata l’autrice. In breve, Sarah Jacob divenne famosa a livello nazionale quando un vicario locale, Evan Jones, pubblicò una lettera sul Welshman nel febbraio 1869 su questa ragazza che non si alimentava dall’ottobre 1867. Così come avviene nel nostro libro anche in questo caso alla fattoria dei Jacobs iniziò una sorta di pellegrinaggio, ma il vicario era scettico, così chiamò quattro medici per indagare sul fenomeno, e nel marzo 1869, previo permesso della famiglia, furono assunti quattro “guardiani” così che sorvegliassero giorno e notte la ragazza. Ciò che con il passare dei giorni videro fu solamente il lento deterioramento delle condizioni di Sarah che moriva di fame.

Questo fenomeno, per quanto si sia limitato fortunatamente a pochi casi, ha scosso l’opinione del tempo, creando una netta spaccatura tra credenti e scettici. Ed è proprio lo scetticismo il fulcro di tutto il suo romanzo, ma anche la difficoltà di Lib, una donna inglese, non cattolica, una donna abituata a guardare le cose con gli occhi della ragione scientifica, di doversi immergere in un mondo contadino di un paese così profondamente cattolico come l’Irlanda, una terra legata alle sue tradizioni religiose che rasentano quasi il paganesimo. Ed è in ambienti come questi che nascono e crescono i comportamenti più aberranti, le deviazioni più odiose, i segreti più inconfessabili, quelli che tutti tendono a ignorare, quelli che è meglio far finta che non esistano, quelli che si possono espiare solo offrendo la propria vita. Così come tenta di fare Anna. 

Da questo romanzo è stato tratto un film per la regia di Sebastián Lelio, interpretato da Florence Pugh, Niamh Algar, Ciarán Hinds, Tom Burke e Toby Jones, disponibile sul catalogo Netflix, un film che mi ha colpito molto spingendomi ad acquistare anche il libro.

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