La conquista di Parigi – Bernard Cornwell

Figlio di una prostituta e di un cliente occasionale del bordello. Poi soldato irrispettoso, capace di guadagnarsi ogni giorno qualche fustigata le cui cicatrici ancora solcano la sua schiena. Infine, una possibilità: il duca di Wellington che vede qualcosa di più in quel ragazzo irriverente e impossibile da piegare. La sua scaltrezza, l’audacia e l’intelligenza fuori dal comune permettono a Richard Sharpe di rinascere e scalare i ranghi militari fino al ruolo di colonnello il cui nome è già leggenda. In questa nuova avventura, il duca invia Sharpe sul suolo francese per individuare e sopprimere un gruppo di assassini noto come La Fraternité, che minaccia di ribaltare con il sangue lo status quo. Tra le file dei nemici, però, c’è anche l’esatta controparte di Sharpe: il colonnello Lanier, una macchina per uccidere nota con il soprannome di Le Monstre, un uomo spietato, le cui passioni sono le donne, il vino e infliggere la morte. Feroci inseguimenti nei sotterranei parigini, spettacolari combattimenti e intrighi con imprevedibili rivolgimenti di scena: accompagnare Richard Sharpe in quest’impresa richiede spirito d’avventura, perché non potrete più tornare sui vostri passi.

  • Editore ‏ : ‎ Longanesi (10 ottobre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 336 pagine

Recensione a cura di Claudia Pellegrini

La Conquista di Parigi è la nuova avventura del tenente colonnello Richard Sharpe, protagonista della saga dedicata alle guerre napoleoniche. Questa saga segue la carriera di Arthur Wellesley, primo duca di Wellington, inizialmente durante le campagne militari britanniche in India, poi durante le guerre napoleoniche, il tutto narrato attraverso gli occhi di Richard Sharpe, che inizialmente è solo un soldato semplice dell’esercito britannico. Il ciclo si compone di più di venti titoli, ma solo pochi sono usciti in Italia. Ma torniamo a noi. 

Sono passati più di duecento anni da una delle più grandi battaglie dell’età moderna. Il 18 giugno del 1815 sulla collina di Waterloo, a poca distanza dalla capitale belga, venne definitivamente sconfitto Napoleone Bonaparte. Ed è proprio dalla fine di questa battaglia, definita il punto di confine fra l’età moderna e quella contemporanea, che inizia la nostra storia.

“Sharpe grugnì. I suoi ricordi della battaglia erano confusi, per lo più immagini di un fumo denso attraverso il quale si intravedevano le minacciose uniformi blu dei francesi all’attacco. Ricordava però con chiarezza la fine della battaglia …”.

Sulla battaglia più famosa e discussa di tutti i tempi non c’è bisogno di dire altro, tranne che i denti dei caduti hanno continuato a circolare nella bocca della popolazione europea per decenni. A battaglia terminata il nostro protagonista, Richard Sharpe, riceve l’ordine dal duca di Wellington in persona di prendere un manipolo di uomini e recarsi nella cittadina di Ham, dove vi è una fortezza che Napoleone utilizza come prigione, e liberare un certo inglese la cui identità inizialmente non gli viene fornita. Sharpe è attonito: in seguito alla sconfitta dei francesi tutti gli eserciti alleati stanno convergendo a Parigi, per quale motivo loro devono deviare dal percorso prestabilito, addentrarsi da soli in un paese ostile, e rischiare dunque la vita per un prigioniero?

Tuttavia il dovere nei confronti del suo paese e dei suoi superiori viene prima di ogni logica, dunque il nostro Sharpe si mette in marcia ed è costretto a doversela vedere con i francesi che sembrano proprio non volersi arrendere, neanche dopo Waterloo.

“I francesi erano stati sconfitti la domenica precedente, quando aveva visto con i propri occhi l’intero esercito di Napoleone fuggire disordinatamente, inseguito dai tiri della fanteria e dalla cavalleria. Eppure i francesi erano ancora pronti a riprendere le armi. L’imperatore si stava forse aggrappando alla speranza di una vittoria finale? Di un’ultima battaglia in cui avrebbe sconfitto inglesi, prussiani, austriaci e russi? Gli eserciti alleati stavano convergendo su Parigi: come poteva Bonaparte sperare di sconfiggerli? E tuttavia i francesi sembravano indomabili …”.

Sharpe giunge dunque ad Ham, ai piedi della fortezza, nella quale non sembra affatto facile entrare. Ma niente sembra impossibile per il nostro inglese che con uno stratagemma riesce a penetrare all’interno delle mura con i suoi uomini, rendere inoffensivi coloro che la presidiano e liberare tutti i prigionieri, compreso l’inglese che stavano cercando. Costui, tale Alan Fox, è un civile, un commerciante d’arte che aveva ricevuto l’incarico dai governi alleati di restituire tutte le opere trafugate negli anni da Bonaparte ai legittimi proprietari. Ma Sharpe non è stupido, comprende che Fox nasconde qualcosa, forse è al corrente di informazioni preziose, forse è una spia. Gli ordini sono di obbedirgli. A lui, a Fox, a un civile.

“[…] C’è del lavoro sporco da fare a Parigi, Sharpe, e voi in quel campo siete un maestro. Il signor Fox si fida di voi, perciò aiutatelo!”.

A questo punto è ovvio che il nostro protagonista abbia il diritto di sapere cosa si nasconde dietro questo bizzarro ordine, ed è proprio Fox a spiegargli la situazione. È vero che è un mercante d’arte che era stato realmente inviato a Parigi per rintracciare le opere d’arte trafugate, ma casualmente aveva scoperto anche qualcosa di inquietante. In Francia esisteva un gruppo di uomini chiamato Fraternitè, un manipolo di fedelissimi dell’imperatore con un proposito ben preciso:

“I regnanti di tutta Europa saranno a Parigi […] la Fraternitè non potrà lasciarsi sfuggire l’occasione. Lo zar di Russia, i governanti di Austria e Prussia, forse persino quell’idiota del principe di Galles. Il duca, naturalmente, e il generale Blücher. La Fraternitè vuole ucciderli tutti e il vostro compito, Sharpe, è mantenerli in vita”.

Svelato l’arcano ci si rende conto che per prevenire qualsiasi attacco bisogna prima scovare i membri di questa organizzazione e renderli innocui. Dunque bisogna raggiungere Parigi prima dell’arrivo di tutti gli eserciti così da “ripulire” l’ambiente. Giunti a Parigi ottengono due nomi che, a quanto pare, appartengono ai maggiori esponenti della Fraternitè, ovvero il generale Delaunay e il colonnello Lanier, quest’ultimo meglio conosciuto come Le Monstre, un personaggio inquietante e noto in tutta la Francia per la sua crudezza in battaglia ma non solo.

Il generale Delaunay, che ha una tenuta in cui produce vino proprio a Parigi, risulta morto proprio a Waterloo. Eppure, tenendo d’occhio la sua proprietà Sharpe nota che in quel posto vi si sono radunati diversi uomini in uniforme, e uno di questi è proprio Le Monstre. C’è da preoccuparsi?

“La Fraternitè è morta, Sharpe. È morta a Waterloo. La mia impressione è che Lanier, con un pugno di uomini, stia nella casa di Delaunay solo per proteggere la vedova mentre imbroglia le sue gabelle”.

Ma è proprio così? Sharpe non ne è affatto convinto, sa bene che certi fanatismi sono duri a morire, soprattutto quando uno dei principali esponenti è ancora in vita.

La Conquista di Parigi è un romanzo storico d’avventura molto avvincente. La lettura è veloce, soprattutto grazie alla presenza di dialoghi secchi, un botta e risposta incalzante che non lascia spazio ad altro. Certamente non mancano le descrizioni suggestive della fine della battaglia di Waterloo prima e della città di Parigi successivamente.

Quello che risulta molto interessante in tutta la narrazione è soprattutto il punto di vista del personaggio di Sharpe. Essendo inglese abbiamo un pensiero e un modo di agire particolare. Mi spiego meglio. Solitamente siamo abituati a leggere romanzi storici ambientati nel periodo napoleonico con protagonisti francesi, dunque gli inglesi con i loro alleati ci appaiono come il nemico. In questo romanzo invece è il contrario. I francesi sono quelli che hanno turbato la tranquillità dell’Europa dando vita prima a una rivoluzione che ha abbattuto il generico “ordine delle cose”, e dopo a un ulteriore sconvolgimento in seguito all’ascesa di un uomo venuto dal nulla, che si è messo una corona in testa e ha iniziato a scorrazzare per l’Europa con i suoi eserciti, animato da una sete di conquista che rasentava il fanatismo. In questa storia gli inglesi sono costretti a contare i loro morti, sentono la nostalgia del loro paese, si ritrovano a dover rischiare la loro vita per colpa di qualcuno che invece di stare al suo posto ha osato sfidare l’Europa intera. Giusto o sbagliato, non è in questa sede che se ne può discutere, in questo romanzo si evince l’assurdità dell’impresa napoleonica in generale, vista ovviamente dal punto di vista opposto.

Tuttavia il periodo storico in cui i personaggi si muovono è innegabilmente affascinante. Accennavo al fatto che è una sorta di punto di confine fra l’età moderna e quella contemporanea. La battaglia di Waterloo, lo sappiamo tutti, l’abbiamo letta in tutte le salse, è stata una delle più sanguinose delle guerre napoleoniche, nonché l’ultima combattuta da Napoleone. In totale sul campo di battaglia caddero morti o feriti più di 47 000 uomini, e questa disfatta segnò la sua definitiva sconfitta e il conseguente esilio a Sant’Elena, mettendo fine a un’epoca.

L’eroe della narrazione, il tenente colonnello Richard Sharpe, figlio di una prostituta e di un cliente occasionale del bordello, divenuto soldato semplice prima e poi graduato e uomo di fiducia del noto duca di Wellington, risulta, secondo il mio parere, eccessivamente stereotipato. Sicuramente è un personaggio interessante, non risulta affatto noioso, ma questo suo essere sempre così troppo coraggioso, così sempre infallibile, così eroe a tutti i costi, lo rende poco verosimile. Non che questo guasti la narrazione, tuttavia sfogliando le pagine e seguendo le gesta di Sharpe e compagni, non si può non fare a meno di notare quanto sia lontano dalla realtà questo personaggio. Certo, stiamo leggendo un libro di fiction, non un saggio storico, dunque bisogna pur tollerare un po’ di fantasia, tuttavia quando i personaggi si avvicinano di più alla reale natura umana ciò che leggiamo ci risulta sempre un po’ più vicino a noi.

Al di là della natura eroica di Sharpe, La Conquista di Parigi è un romanzo storico interessante, avvincente, che non annoia il lettore ma lo spinge a voltare pagina per scoprire cosa accadrà, e che ben si sposa, a mio parere, con quelle letture di salgariana memoria che hanno popolato l’adolescenza dei lettori più datati. 

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